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Serie "Historic (not) prog bands live in Italy" - Capitolo 63 - Tony McPhee's Groundhogs live in Milano, 5 giugno 1994

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TRACKLIST:

01. Shake For Me   3:17
02. Eccentric Man   4:30
03. Garden   5:07
04. 3744 James Road   7:07
05. I Want You To Love Me   5:02
06. Split Part One >
07. Split Part Two   13:11
08. Still A Fool   7:22
09. Mistreated   6:28
10. Groundhog Blues   4:44
11. Down In The Bottom   4:00


LINE UP

Tony McPhee - guitar & vocals
Eric Chipulina -guitar
Alan Fish - bass
Peter Correa - drums


Questo disco ufficiale dei Groundhogs di Tony McPhee, titolo "Gone With The Wind", è stato pubblicato dall'etichetta Vinilmania nel 1994 in tiratura limitata 500 copie numerate a mano. 
Il concerto della celebre band inglese di rock blues, probabilmente per la prima volta in Italia (non ho riscontri certi al riguardo) venne registrato alla "Vinilmania Record Fair" di Milano il 5 giugno 1994. 
Il benefattore è l'amici Osel, che mi ha spedito i file non più di 48 ore fa, Filiera corta, dal produttore al consumatore in un batter d'occhio. Grazie Osel per questa rarità che segna il 63° capitolo della saga degli "Historic rock concert in Italy". 


Quella dei Groundhogs è una storia lunga che affonda le radici agli inizi degli anni '60,  Amanti del blues tradizionale presero il nome dal classico di John Lee Hooker, "Groundhog's Blues". Furono proprio McPhee & Co. ad accompagnare John Lee Hooker nel corso del suo tour inglese del 1964 al posto nientemeno che di John Mayall. La strada era aperta: iniziarono le collaborazioni con bluesmen del calibro di Little Walter, Jimmy Reed e Champion Jack Dupree. Nel 1965 registrarono un album insieme all'amico John Lee Hooker, pubblicato nel 1968. Nello stesso anno la band ritornò sulle scene dopo una separazione durata circa tre anni. Il primo disco ufficiale a loro nome sarà quel mitico "Scratchin' the Surface" con Pete Cruickshank al basso, Ken Pustelnik alla batteria e Steve Rye all'armonica. La formula del quartetto continuerà negli anni a seguire.


 L'album seguente (1969) fu il capolavoro "Blues Obituary", pietra miliare nella storia del rock blues, che segnò la presa di distanza dal blues tradizionale, Quando uscì "Split" (1971) i Groundhogs vennero catapultati ai vertici delle classifiche inglesi. Lo stesso anno andarono in tour con i Rolling Stones e Mick Jagger, fan del gruppo, regalò a Tony la registrazione di un concerto dei Groundhogs. Utilizzata inizialmente come materiale promozionale per le radio statunitensi, sarà in seguito pubblicata col nome di "Live at Leeds". Gli album seguenti, in particolare "Hogwash" (1972) e "Solid" (1973) videro il suono del gruppo spostarsi con successo decrescente verso territori più progressive. Nel 1974 la band originale si sciolse e McPhee iniziò a creare nuove incarnazioni del glorioso marchio Groundhogs. 


Negli anni '80, a seguito dell'interesse suscitato dalla pubblicazione di un album live con registrazioni storiche ("Hoggin' the Stage"), McPhee riformò i Groundhogs con nuovi musicisti per realizzare una serie di nuovi album sia in studio che dal vivo. La carriera del gruppo proseguì per tutto il corso degli anni 90, con concerti anche in piccoli locali e album prodotti da etichette indipendenti. In questo periodo fecero una puntata anche in Italia (1994) dove registrarono il live qui proposto.
Siamo all'epilogo di questa succinta biografia dei Groundhogs. Dopo una breve parentesi dedicata al blues acustico, Tony McPhee nel 2007 riprese l'attività rispolverando il vecchio marchio.  Dopo uno stop dovuto a ben due infarti, McPhee torno sulle scene nel 2010 affiancato da Joanna Deacon alla voce, con una nuova incarnazione del gruppo. Come giusto riconoscimento per una così brillante carriera, nel 2012 venne pubblicata la biografia ufficiale di Tony Mc Phee e dei suoi Groundhogs.
Non ci resta ora che gustare questo possente concerto e ringraziare ancora una volta Osel per il prezioso contributo fornito alla Stratosfera.



Post by George - Music by Osel


Bernardo Lanzetti - 1980 - Bernardo Lanzetti (vinyl)

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TRACKLIST:

01. Amore di saccarina
02. In taxi non vale
03. Un barista (nella sua serata libera)
04. Bad Rock & Roll
05. I sopravvissuti
06. Generazione nucleare
07. Uno o nessuno
08. Un mostro nella mia vita-ta-ta
09. Skaranga|
10. Musica maledetta


Questo disco di Bernardo Lanzetti non era ancora presente sulla Stratosfera, cosa strana, vista la copiosa discografia già disponibile su queste pagine. Meglio tardi che mai. L'omonimo album dell'ex cantante degli Acqua Fragile e della PFM venne pubblicato dall'etichetta Ciao nel 1980 e, in ordine cronologico, è il suo secondo disco solista, dopo "K.O." del 1979, che ebbe anche una versione in inglese intitolata "High Roller" (entrambi già postati sulla Stratosfera). Il 33 giri "Bernardo Lanzetti", qui proposto, non è mai stato ristampato né in vinile né me che mai in CD. Anche questa prova discografica di Lanzetti, alla stregua di quella precedente, ebbe una versione internazionale, "No Limits". pubblicata l'anno successivo. Se qualcuno possiede una copia di questo disco si faccia avanti, in modo tale da condividerla sul blog.


Il disco, prodotto e arrangiato da Niko Papathanassiou (purtroppo scomparso nel 2014), fratello del più celebre Vangelis. si compone di 10 brani di buon rock classico, assolutamente lontano dal prog della PFM era Lanzetti. Nessuna scarica di adrenalina, anche se la ruvida e potente voce di Bernardo provoca sempre momenti di emozione. Ascoltatelo e mi direte.
PS "Generazione nucleare" finisce proprio così. 
E con questo post mi commiato da voi per un paio di settimane, passando il testimone agli altri stratosferici blogger. Ciao 



Post by George

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 64 - Yes - Palaeur, Roma, 23 aprile 1974

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TRACKLIST CD1: 

01 Firebird Suite
02 Siberian Khatru
03 And You And I
04 Close To The Edge



TRACKLIST CD 2:

01 Intro to Revealing Science Of God
02 Revealing Science Of God
03 The Ancient
04 Intro to Ritual
05 Ritual


LINE-UP:

Jon Anderson -  vocals, tambourine
Steve Howe - guitars 
Chris Squire - bass
Rick Wakeman - keyboards 
Alan White - drums


BREVE PREMESSA by GEORGE
Dopo una pausa durata un paio di settimane la Stratosfera riapre i battenti con un post d'eccezione. Ringraziamo l'amico e collaboratore della Stratosfera, Pelino, per avere curato la pubblicazione di questo grande concerto dedicato agli Yes. Suoi sono i testi così come i file e le immagini del concerto romano. I suoni sono stati ritoccati e migliorati rispetto alle altre (pochissime a dire il vero) registrazioni di questo concerto in circolazione. Voglio consolare Pelino per l'incompletezza della registrazione del concerto da lui sottolineata: nessun bootleg esistente contiene i due bis "Roundabout" e "Starship Trooper". Peccato però. Per il primo tour della band inglese, risalente al 1971, vi rimando a queste vecchie pagine della Stratosfera (qui). E ora passiamo la palla al nostro amico Pelino che, lo voglio ricordare con un pizzico di invidia, ci scrive dalla assolata Barcellona, dove vive e lavora da anni. Grazie ancora per questa meraviglia.


RECENSIONE by PELINO
Dopo la serie completa dei concerti italiani risalenti al tour del 1971, già apparsa sul blog tempo fa, viene qui proposto il concerto al Palazzetto dello Sport (alias Palaeur) di Roma del 23 aprile, unica data italiana e ultima della tournée della primavera del 1974 che promuoveva l'uscita sul mercato del mastodontico doppio album "Tales From A Topographic Ocean". Si trattava di un doppio LP con una suite collocata su ogni facciata, titanica impresa mai più ripetuta nell'ambito del progressive rock. La particolarità di queste suite, allo stesso tempo già sviluppata nel precedente capolavoro "Close To The Edge", è la forma originale di comporre un brano di durata superiore ai 15 minuti. Mentre la maggior parte dei gruppi prog si cimentava nell'impresa di comporre una suite cucendo canzoni e brani strumentali di pochi minuti fino a coprire l'intera lunghezza della facciata dell'album (si pensi a "Tarkus" degli E.L.P o a "Supper's Ready"  dei Genesis), gli Yes scelsero un approccio totalmente diverso, creando una canzone sola, ma iper dilatata, dove ogni strofa e ritornello veniva espansa fino allo spasimo. Questo garantiva loro una maggiore coerenza ed omogeneità nel generare un pezzo puramente sinfonico, perfettamente integrato. Resta in questo caso la domanda se la quadruplicata ripetizione dello sforzo compositivo non abbia influito sulla creatività e originalità degli artisti e della capacità dell'ascoltatore di resistere alle quattro facciate dell'album. Per questo motivo le opinioni e i gusti si diversificarono, persino tra gli incrollabili estimatori di questo grande gruppo prog. Le divergenze erano evidenti: alcuni gridarono al miracolo, altri storsero il naso di fronte a questo "tsunami" di sinfonismo, per di più condito da filosofie orientaleggianti e oscure inserite nei testi delle canzoni.


Gli Yes, impavidi paladini, si gettarono in un tour mondiale  dove presentarono nella prima parte del concerto l'intero album precedente, il loro zenith "Close To The Edge" (dove ancora erano relativamente contenuti, proponendo solo una suite e due mini-suite). Nella seconda parte la band suonò tre (inizialmente tutte e quattro) suite tratte dal nuovo doppio album, giusto per mettere alla prova lo spirito progressive dei fans e mostrare il loro grande  professionismo, riproducendo dal vivo questi giganti sonori. Dirò di più: la dimensione live permise agli Yes di improvvisare ed espandere a piacere gli orizzonti sonori, al di là delle tassative limitazioni imposte dal vinile. Ovviamente non potevano mancare due bis quali Roundabout e Starship Trooper (mancanti sul bootleg), sicuri cavalli di battaglia, giusto una ventina di muniti in più per culminare l'ubriacatura del concerto. E fu un successo non da poco, come documentato dalla registrazione del Palaeur.


Purtroppo la modesta qualità sonora e la incompletezza della registrazione non aiutano a farsi una idea esatta della serata. Vi sono però dettagli importanti quali l'esplosione di applausi all'inizio e fine di ogni canzone, in contrasto con il silenzio religioso del pubblico mentre gli Yes suonano, un rapimento mistico (e sensuale?) che cattura ogni singolo spettatore di un palazzetto stipato all'inverosimile (erano anni in cui le misure di sicurezza non prevedevano un limite ragionevole di assistenti). Era la coscienza interiore di partecipare ad un concerto letteralmente storico? O forse l'educazione al rispetto verso artisti inarrivabili?
Gli Yes ripagarono questa venerazione con un concerto coi fiocchi, meritando un encomio speciale per la loro capacità di eseguire alla perfezione brani di grandi difficoltà tecniche e lunghezza, fornendo nel contempo ampio sfoggio della loro capacità d'invenzione e improvvisazione. Per queste ragioni non si ascoltano rivisitazioni calligrafiche dei solchi vinilici.


Quest'ultimo aspetto, che rende godibile l'ascolto di ogni loro singolo concerto dell'epoca, può essere stato determinato sia dalla impossibilità di riprodurre sul palco la complessità di tutti gli impasti sonori che permette una registrazione multitraccia in studio, sia dalla competitività furibonda tra il tastierista Rick Wakeman ed il chitarrista Steve Howe. Tale competizione influirà sulla scelta di Wakeman di abbandonare il gruppo (fino al 1977). Pertanto questo concerto rappresenta l'ultimo atto di questa fase evolutiva degli Yes ed acquista un valore storico ancor più grande. Non manca d'altro canto un segnale delle contestazioni dell'epoca, con il coro di "Fuori, compagni, mettetevi a sedere" (o qualcosa dl genere), che interrompe la introduzione di Anderson a The Ancient e provoca fischi e urla di ritorno.


Un appunto necessario sulla registrazione, già apparsa sul web, ma qui ritoccata ad hoc: è incompleta visto che mancano all'appello i due bis ed alcuni intervalli ed introduzioni tra le canzoni presenti. I 90 minuti registrati corrispondo quindi alla lunghezza del nastro disponibile. Inoltre il registratore era monofonico (annullata la dimensione spaziale e ambientale della musica) e con un  limitato spettro che minimizza le alte frequenze. Per fortuna non sono presenti distorsioni da elevato volume sonoro, che in alcuni casi rendono inascoltabile registrazioni amatoriali come questa. Una attenta analisi (e lavoro scrupoloso) mi ha permesso di migliorare la resa sonora, aggiustando alla perfezione il tono e la lunghezza dei brani e rimuovendo, ove possibile, tutti i rumori molesti causati dal movimento del microfono, così come le improvvise variazioni di volume e di fase. Questo è quanto al momento disponibile, sufficiente per un ascolto godibile. Se qualche frequentatore della Stratosfera fosse in possesso di versioni alternative o migliori, materiale grafico e recensioni (introvabili sul web), sarà il benvenuto. Con questo ho concluso. 
Vi auguro buon ascolto.



Post by George - Words & Music by Pelino


Le Compilation della Stratosfera Vol. 26 - Artisti vari - 2008 - Italian Prog (Bonus CD)

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TRACKLIST:

01. Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno -Io e lui Part 1
02. Raccomandata Con Ricevuta Di Ritorno - Io e lui Part 2
03. Paese dei Balocchi -Note di vetro
04. Paese dei BalocchiL'amore innato
05. Edgar Allan Poe -Jaws Main Title
06. Edgar Allan Poe -Jaws End Title
07. Edgar Allan Poe -La canzone dell'angelo
08. Barbati e Maiozzi (ex Officina Meccanica) -Stai
09. Barbati e Maiozzi (ex Officina Meccanica) -Vieni via da qui
10. Gli Esseri - Il corpo di una madre
11. Gli Esseri - Un mare di tranquillità
12. Dalton -Riflessioni (vocal version)
13. Latitudine 45 - Neve
14. Latitudine 45 - Informatica
15. I Numi -Intro
16. I Numi - Infiniti mondi nel fuoco della vita
17. Breznev Fan Club -Quale? Messaggio tale
18. Breznev Fan Club -L'appetito dell'urlo
19. L'Estate di San Martino - Sere d'agosto


Mentre vi state ancora gustando il fresco post di Pelino con il concerto degli Yes al Palaeur di Roma nel 1974, per recuperare la lunga pausa e per darvi la possibilità di utilizzare parte del tempo libero nel week end, ecco che fa la sua apparizione sulle pagine della Stratosfera questa magnifica compilation pubblicata nel 2008 dalla AMS/BTF e contenente per la maggior parte brani inediti. Fanno eccezione le tracce proposte da E.A.Poe (Jaws Main title & Jaws End title), Gli Esseri e Latitudine 45, già pubblicati su singoli (che restano in ogni caso delle rarità). Il CD è stato inserito nelle prime 500 copie del volume "Italian Prog: la guida completa alla musica progressiva italiana degli anni '70", opera fondamentale realizzata dal nostro amico Augusto Croce. Grande CD per un grande volume. Chi ancora non ce l'ha se lo procuri quanto prima.


Ed è così che abbiamo l'opportunità di ascoltare una lunga serie di brani inediti di artisti del calibro della RRR, Paese dei Balocchi, Barbati e Maiozzi (due ex componenti dell'Officina Meccanica), Dalton, Numi e altri ancora.
Ancora grazie ad Augusto per quanto ha fatto e sta continuando  a fare per tenere sempre alto il vessillo del progressive italiano. A voi auguro il consueto buon ascolto.


LINK

Post by George

Serie "Italian Prog Now" n. 7 - Barafoetida - 2020 - 777 Obscura Somnia

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FIRST TIME ON THE WEB


TRACKLIST :

1 - 777
2 - God Of Nothing
2 - Blind
4 - Ride The Sky
5 - Exodus
6 - Obscura Somnia
7 - Ruins And Despair
8 - The Left Hand Path
9 - Alice (The Sisters Of Mercy Cover)
10 - The End


Ogni promessa è debito, e infatti incontriamo un'altra volta i Barafoetida e il loro sound oscuro e potente. Eccoci qui a presentare, nel giorno esatto dell'uscita ufficiale (29 febbraio 2020: non mi sembra una data a caso), il loro nuovissimo parto musicale: 777 Obscura Somnia, album che si inserisce perfettamente nel percorso musicale di questa particolare band. Un plauso anche alla curatissima veste grafica, a cura di Enzo Z e degli stessi Barafoetida. Prima di lasciarvi ad una presentazione dell'opera a cura di Denny Z. tastierista della band,vi ricordo che una dettagliata ptesentazione dei Barafoetida, oltre che altri 2 loro album e tutti i link a loro relativi si trovano qui.

Denny Z : "nel  febbraio 2020 uscirà l'ultimo dal titolo ''777 Obscura Somnia''. Il disco comprende musica composta da noi tranne una cover dei Sisters of Mercy (https://barafoetida.bandcamp.com/track/alice-the-sisters-of-mercy-cover-2). Il genere matrice è dark, con basi elettroniche, psichedelia e qualche elemento "metal" con testi inerenti il tantrismo, il futuro distopico. Tutti i brani sono stati eseguiti da noi tranne la chitarra  basso del brano ''God of Nothing'' dove abbiamo avuto l'onore di avere Diego Banchero de "Il Segno del Comando" e altre collaborazioni. L'album 777  è stato stampato in 500 copie,glass master, digipack. Abbiamo un canale YouTube e del nuovo album abbiamo registrato vari video che usciranno nel 2020. Per ora abbiamo fatto un concerto e ci stiamo preparando per altri."


BARAFOETIDA :

Luke Warner: lead Vocals, theremin, synthesizers, computer programming.
Triplax Vermifrux: lyrics, computer programming, sound devices.
Denny Z: Kkeyboards, synthesizers, computer programming.

Credits:

Marco Paltanin: acoustic guitar solo on track 1
Diego Banchero: bass on track 2
Fabio Pieretto: original guitar riffs on track 2
Luca Nagliati: bass on track 3
Antonio Crepaldi: guitars on track 5


"This Album is dedicated in loving memory to Buno Bezz Pittore"



Post by Captain & Denny (Barafoetida)

Accademia - 1981 - Accademia (vinyl)

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TRACKLIST:

01 Il cavaliere del vento
02 E la mente va
03 Va come va
04 Dietro l’angolo
05 Conservatorio
06 Un passo e poi
07 La città
08 Biancaneve


FORMAZIONE

Leonardo Schiavone - voce solista, chitarra 12 corde EKO Korral Special, clarinetto, 
sax soprano, flauto
Rino Trasi - chitarra classica EKO Alborada, 12 corde EKO Chetro, 6 elettrica EKO M 24 s, 
salterio, cori, voce solista in “Conservatorio”
Claudio Frigerio - violoncello, 6 corde acustica EKO Korral Special, 6 elettrica EKO 24 M Special, 12 EKO acustica Chetro, cori
Beppe Cattaneo - piano Stenway coda lunga, piano Fender, organo Hammond, clavicembalo, cori, voce solista in “Conservatorio”
Fabio Amodio - batteria, timpani sinfonici, effetti percussione
Leonardo Ristè - basso elettrico EKO MB 21
Rocco Schiavone - direzione d'orchestra


BREVE PREMESSA by GEORGE
Questa brevissima premessa serve solo a ringraziare l'amico e collaboratore della Stratosgera, Pietro, che spesso ci delizia con l'invio di materiale di grande pregio. E' il caso di questo omonimo primo album degli Accademia, risalente al 1981 e rippato direttamente dal vinile (il fruscio è un marchio di garanzia) visto che non è mai stato ristampato. Lasciamo ora la parola a Pietro e all'ottima recensione.

RECENSIONE by PIETRO
In ambito di contaminazione tra classica e pop rock, il progressive rock – anglosassone in primis, ma anche quello italiano - si è caratterizzato come terreno fertile per eccellenza. Echi di quelle esperienze caratterizzeranno, ad esempio, anche il cosiddetto periodo classico di un gruppo storico come Le Orme, con due album a cavallo del decennio (Florian e Piccola Rapsodia dell’Ape).
Il progetto Accademia, inconsapevolmente, sembra muovere i primi passi proprio dove il gruppo veneziano ha concluso la prima parte di carriera, come riportato nelle note di copertina dell’album omonimo, edito dalla Ariston nel 1981:


Ingredienti: chitarra acustica, violoncello, flauto, clarinetto, piano gran coda, sax soprano, timpani, arpa, corno francese, oboe, salterio, molti violini, batteria, basso elettrico, voce solista e cori
Esecuzione: scegliere al Conservatorio un gruppo di giovani diplomati, meglio se insegnanti. Portarli in sala di registrazione e affidare loro gli ingredienti classici. Riscaldare l’atmosfera con il basso elettrico e la batteria. Poi aggiungere i timpani e una abbondante dose di violini. Lasciare amalgamare la freschezza di idee, la preparazione tecnica e la cultura. Condire con accompagnamenti sostanziosi e con la voce solista e i cori. Si otterranno otto specialità tutte di gusto nuovo che meritano il titolo accademico. Da servire su un piatto rotondo di trenta centimetri per il piacere di chi vuole assaporare con palato fine anche cose leggere.
La simpatica allegoria culinaria, a firma Carlo Brazzi, funge da anteprima all'ascolto delle otto composizioni originali, composte da Leonardo e Rocco Schiavone,  con il contributo testuale  del bassista Leonardo Ristè e di due celeberrimi autori del panorama musicale italiano, ovvero Giorgio Calabrese e Vito Pallavicini.


L’apertura de “l cavaliere del vento” (e dell’album) è magistrale, con il delicato intro di chitarra classica a preludio dell’entrata della sezione ritmica e dell’orchestra, poco prima dell’ingresso delle voci all'unisono; uscirà anche come singolo, retro de “E la mente va”.
A seguire, il repertorio in scaletta subisce una (assai) decisa virata verso lidi leggeri, anche se la perizia strumentale, la ricerca timbrica, gli arrangiamenti - ad opera del gruppo - e la sapiente calibratura delle parti vocali rendono il primo disco degli Accademia - pur nella leggerezza complessiva - un disco ancora oggi gradevole all'ascolto.
La band proseguirà la propria attività fino al 1985, con la pubblicazione di altri 3 LP (Accademia 4 in Classics - Accademia Style e Tenerezza) in cui alterneranno composizioni originali ad una commistione più marcata tra pop e la musica classica - sulla scorta del coevo progetto barocco del Rondò Veneziano - rileggendo alcune pagine celeberrime della produzione lirica italiana ottocentesca.
E' tutto. Buon ascolto



Post by George - Words & music by Pietro

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 65 - If - Nautilus, Cardano al Campo (Varese), 23 March 1972

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TRACKLIST:

01. Child Of Storm
02. Sunday Sad
03. The Light Still Shines
04. What Did I Say About The Box, Jack?
05. Seldom Seen Sam
06. Forgotten Roads
07. What Can A Friend Say
08. Fibonacci's Number


LINE UP

Dick Morrissey - sax, flute
Terry Smith - guitar
Dave Greenslade - organ
Dave Quincy - sax
Cliff Davies - drums
J.W. Hodkinson - vocals
Dave Wintour - bass

Chi si ricorda degli If? Pochi o tanti, questo non lo so. Sta di fatto che questo raro concerto italiano del 1972 (che vede la luce sulla Stratosfera grazie all'amico Osel), probabilmente una delle pochissime esibizioni  sui nostri palcoscenici, ci fornisce l'occasione per riscoprirli. Sul web se ne parla poco così come sui sacri testi del progressive internazionale. Ne parlano, invece, Roberto Cacciotto e Giancarlo Radice in "Note di pop inglese", un volumetto pubblicato dalla Gammalibri nel 1979 che ogni tanto mi prendo la briga di consultare. 
Ecco quanto si legge: "Gli If vengono dal jazz, o perlomeno da quell'incrocio di jazz e blues che si sentiva nelle cantine inglesi, soprattutto a Londra, nella metà degli anni '60. Dick Morrissey (sax), che aveva suonato anche con Ginger Baker, li ha fondati alla fine del decennio (anni '60 ovviamente) cercando di percorrere le stesse strade degli americani Chicago e Blood, Sweat & Tears. Lo stile degli If infatti ha molti punti di contatto con i due grossi gruppi statunitensi, dei quali tuttavia non ha mai raggiunto l'efficacia né la personalità. Fino al quarto album comunque la formazione ha saputo offrire un jazz-rock di discreta fattura, ma da "No Just Another Bunch of Pretty Faces" (1974) è scivolata verso la monotonia e la ripetitività. L'anno seguente Morrissey sciolse il gruppo, preferendo restare con il solo chitarrista Terry Smith con il quale si esibì per poco più di una stagione".


Informazioni aggiuntive le troviamo sulla solita Wikipedia, almeno per quanto riguarda la genesi della formazione. 
"Per fondare il gruppo, Morrissey, sax tenore, sax soprano e flauto, e il chitarrista Terry Smith reclutarono un altro sassofonista, Dave Quincy – tutti e tre avevano fatto parte di un'orchestra jazz di dieci elementi chiamata J.J. Jackson's Greatest Little Soul Band In The Land. Completata la sezione jazz, ingaggiarono John Mealing alle tastiere, Jim Richardson al basso e Dennis Elliott alle percussioni, appena diciannovenne, ma con importanti esperienze alle spalle. La formazione fu completata con l’arruolamento del vocalist John Hodkinson. Dopo la pubblicazione del primo album, gli If alternarono concerti in solitaria, esibizioni in patria a supporto di altri gruppi come gli Yes e i Traffic, trasferte negli USA dove debuttarono al Whisky a Go Go di Hollywood e successivamente suonarono a Chicago e New York come banda di spalla ad artisti di rango quali Muddy Waters, Laura Nyro, Grand Funk Railroad, Miles Davis, Ten Years After, Willie Dixon, Rod Stewart e i Black Sabbath. Dal 1970 al 1972 gli If pubblicarono cinque album di assai buona levatura ma che non ebbero il riscontro aspettato. La stanchezza dovuta alle frequenti tournée, i modesti introiti economici a fronte delle spese e il mancato riconoscimento musicale provocarono demotivazione che sfociò lentamente nello scioglimento della formazione originaria, con vorticosi cambi di line up e infine nella prosecuzione individuale delle carriere, con una sporadica riunione nel marzo del 1997".

Dick Morrissey
Veniamo al concerto italiano, regalatoci dall'amico Osel. Nell'allora celebre "Nautilus"di Cardano al Campo, in provincia di varese, location che ospitò numerosi gruppi rock e prog agli inizi degli anni '70. gli If presentarono una scaletta di brani tratta dai primi 3 album, If , If 2 e If 3, con una sola traccia tratta dall'allora nuova uscita "Waterfall" del 1972, ovvero The Light Still Shines. La registrazione è di buona qualità, tenuto conto del tempo trascorso. Il concerto è impreziosito dalla presenza di Dave Greenslade (ex Colosseum, poi leader dell'omonima band) alle tastiere. Greenslade sostituì solo per brevissimo tempo, in occasione di qualche concerto, il titolare John Mealing. Grandissimi gli assoli di Terry Smith e del sopra citato Dave Greenslade. Onnipresenti il sax e il flauto dell'ottimo Dick Morrissey che condiscono di sonorità prog i suoni della band. Osel ci ha anche inviato le copertine, un piccolo valore aggiunto al post. Questo bootleg è sicuramente molto raro e mancava alla mia personale collezione di dischi degli If, che ho sempre amato fin dai lontani anni '70. Spero di condividere questo mio apprezzamento con tutti voi.
Buon ascolto

Terry Smith

Post by George - Music by Osel


Mario Lavezzi - 1976 - Iaia (vinyl)

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TRACKLIST:

01. Lato A
a. Le tue ali
b. Indocina
c. Un discorso
d. C'è chi si fida
e. Nirvana

02. Lato B
a. Iaia
b. Serenade
c. Nell'aria
d. Butta via
e. Eltarte



Bonus Tracks

03. Ieri (Yesterday) - I Trappers (45 giri, lato A, 1965)
04. Lui non ha (Louie, Louie) - I Trappers (45 giri, lato B, 1965)


MUSICISTI

Mario Lavezzi - voce, chitarra, tastiere, mandolino
Bob Callero - chitarra, basso
Gianni Dall'Aglio - batteria
Maurizio Preti - percussioni
Vince Tempera - tastiere, orchestrazione


"Iaia"è il primo disco solista di Mario Lavezzi, uomo e musicista con una storia lunga e invidiabile alle spalle. L'album venne pubblicato nel 1976 dalla CGD. In seguito verrà ristampato in CD per il mercato italiano nel 1989 sempre dalla CGD e per il mercato giapponese nel 2005 dall'etichetta Arcangelo.
Per ripercorrere la carriera artistica di Lavezzi occorrerebbero molte pagine, per cui mi limiterò a presentarvi un sunto. Nato a Milano nel 1948, fin da giovanissimo manifestò una intensa passione per la chitarra. Nel 1963, a soli 15 anni, creò con alcuni amici del quartiere un gruppo musicale chiamato "I Trappers" di cui facevano parte, oltre allo stesso Lavezzi (voce e chitarra), Tonino Cripezzi (pianoforte e voce) che nel 1965 entrò a far parte dei Camaleonti, Bruno Longhi (basso e voce, oggi noto cronista sportivo), Mimmo Seccia (chitarra e voce) che nel 1966 fece parte insieme a Gianfranco Longo (batteria) dei Ragazzi della via Gluck. Nella formazione dei Trappers, nel corso del 1965, per una breve parentesi arrivò anche Teo Teocoli in veste di cantante solista. Insomma, una fucina di artisti niente male. Il gruppo riuscì anche ad incidere un singolo dal titolo "Ieri", versione italiana di "Yesterday" dei Beatles. Il lato B conteneva invece "Lui non ha", altra versione in italiano di un successo di Richard Berry e dei Kingsmen, ovvero "Louie, Louie". I due brani sono presenti tra le bonus track.

Una rara foto dei Trappers
Nell'estate del 1966 I Trappers si sciolsero e Mario Lavezzi venne cooptato nei Camaleonti sostituendo Riky Maiocchi, cantante e front man del gruppo. Dopo l'uscita dai Camaleonti avvenuta nel 1967, l'anno successivo incontrò la celebre coppia Mogol-Battisti, avviando la sua nuova attività di compositore (la musica de "Il primo giorno di primavera" dei Dik Dik fu opera di Lavezzi). Il desiderio di creare un gruppo tutto suo si concretizzò nel 1972 con l'avventura "Flora Fauna e Cemento". Fu una meteora che si concluse da lì a due anni dopo. Casualmente anche la Formula 3 si sciolse nello stesso anno. Le strade di Alberto Radius e di Mario Lavezzi si incontrarono. Insieme a Gabriele Lorenzi, Vince Tempera, Bob Callero  e Gianni Dall'Aglio diedero vita alla grande avventura progressive de "Il Volo". Due album, nel 1974  e 1975, poi lo scioglimento e l'inizio della avventura solista. "Iaia" potrebbe essere interpretato come un' estensione  della discografia de Il Volo, in chiave più commerciale, anche grazie alla presenza in studio di musicisti provenienti proprio da questa esperienza (Tempera, Callesi, Dall'Aglio).

Vince Tempera, Loredana Berté e Mario Lavezzi
Durante questo periodo Lavezzi si dedicò alla composizione di numerosi brani e dopo il trionfo ottenuto con "Vita", interpretata da Lucio Dalla e Gianni Morandi, e "Varietà" cantata da quest'ultimo (entrambe sue creature), sentì l'esigenza di registrare un disco in cui raccogliere gli interventi di tutti quegli artisti con cui aveva collaborato. Nacque così il progetto "Voci", il primo di una serie di tre album realizzati con il medesimo concetto.
E qui ci fermiamo. Il seguito sarà all'insegna di grandi successi che esulano però dal nostro interesse. Mi sento di salvare ancora "Filobus", risalente al 1978. Magari lo possiamo programmare per il futuro. Per il momento vi auguro buon ascolto.


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Post by George


AA.VV.- 1979- I GIORNI CANTATI (vynil)

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TRACKLIST:

1 Giancarlo Schiaffini- Tema di Marco
2  Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, P.e.A.Ciarchi, Anna Nogara- O Gorizia
3 – Roberto Benigni e Mariangela Melato- Du bist die ruhe
4 - Paolo Pietrangeli- Vale la pena
5 Francesco Guccini- Eskimo
6 Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, P.e.A.Ciarchi, Anna Nogara- Contessa
7 Pasquale Malinconico- Nanninella bucatora
8 Giovanna Marini – Ora è venuta l’ora
9- Ivan Della Mea, P.e.A.Ciarchi- Sent on po', Gioan te se recordet 
10- Paolo Pietrangeli- Manicomio criminale

Questo disco viene da un altrove che non è solo delimitato dall’anno di stampa. La storia cui attinge, e che in parte racconta, è ben più lontana: viene dai profondi anni ’60, da quando figure cardine come quelle di Gianni Bosio, Roberto Leydi, Franco Coggiola, Michele L.Straniero, Cesare Bermani ed altri cominciano a recuperare, catalogare e studiare il canto popolare, a farlo uscire dal folklorismo paesano e a concepirlo come cultura “altra”, alternativa e quella “alta”, ma anche in dialettico (e spesso non facile) rapporto con quella cultura di sinistra in cui quegli insigni studiosi si riconoscevano. Nacquero così le Edizioni Avanti (poi Edizioni del Gallo), il Nuovo Canzoniere Italiano, l’etichetta de I Dischi del Sole, spettacoli epocali come “Bella ciao”, o “Ci ragiono e canto”, e tante altre iniziative che contribuirono a seminare il Sessantotto e a caratterizzare gli anni successivi.



E’ proprio in quel grande calderone che muove i suoi primi passi Paolo Pietrangeli, esponente di punta della canzone di protesta del turbolento decennio ’68-‘78, il quale attraversa quegli anni con canzoni in cui politico e personale si amalgamano in una scrittura di indubbia efficacia, per poi inerpicarsi su moduli musicali via via sempre più coraggiosi.
Pietrangeli, segni particolari occhialone, barbone e vocione, ben presto porta avanti in parallelo la sua passione per il cinema ereditata dal padre Antonio, noto regista (un titolo per tutti: “Io la conoscevo bene”). Dopo il necessario apprendistato, arriva alle sue prime produzioni: un documentario politico come “Bianco e nero” (’74), e poi due film veri e propri: “Porci con le ali”, tratto dall’omonimo libro-scandalo di Lidia Ravera e Marco Lombardi Radice, e nel 1979 questo “I giorni cantati” (lavoro invero non eccelso, e siamo buoni) con il quale partecipa alla Biennale di Venezia e in cui chiama a raccolta come interpreti nel ruolo di se stessi molti dei colleghi musicisti (Giovanna Marini, Francesco Guccini, Ivan Della Mea, Alberto e Paolo Ciarchi, Anna Nogara) con cui aveva attraversato, tra lotte, canti e impegno, quegli “anni affollati” (per dirla con Gaber). Sul versante prettamente attoriale, oltre a Pietrangeli troviamo figure di un certo spicco come Mariangela Melato e, in un piccolo ruolo, Roberto Benigni. 



Ma veniamo al disco: la colonna sonora è parte integrale del film generazionale che racconta le vicende di Marco (alter ego palese dello stesso Pietrangeli, che lo impersona), cantautore famoso ai tempi del ’68 che, dopo un tentato suicidio, cerca di riprendersi riavvicinandosi confusamente agli altri colleghi cantautori e al mondo politico dell’epoca, anche se poi si avvita in una tresca con la moglie di un compagno etnomusicologo impersonato da Luciano Della Mea. Il tutto è raccontato con stile simil-morettiano, senza peraltro avvicinarsi minimamente al modello.

Solo parte della colonna sonora troverà posto nel disco omonimo che accompagnò l’uscita del film e che non è mai stato riedito in CD, né in altra forma (il film è stato però pubblicato in DVD). Per questo, forse, il nostro ripescaggio incuriosirà chi bazzica quella zona di mezzo tra musica “politica” (perdonateci il termine assai vago) e canzone d’autore. I motivi di interesse stanno nel fatto che diversi brani sono presenti in versioni inedite, e non saranno ripresi, se non in poche occasioni, nella discografia dei rispettivi autori. 



Andiamo con ordine: 
le celebri “O Gorizia” (la pietra dello scandalo al Festival dei Due Mondi di Spoleto del ’64) e “Contessa” (l'inno dello stesso Pietrangeli che accompagnò le lotte degli studenti sessantottini, anche se in realtà era stata scritta due anni prima durante un’occupazione) sono qua interpretate in una versione inedita dalla voce solista di Anna Nogara accompagnata da Pietrangeli, Della Mea e i due fratelli Ciarchi.

La schubertiana “Due bist die rue” (con “e” finale di troppo) che vede all’opera un improbabile Benigni con la Melato (che canta apposta male per esigenze di copione) è presa direttamente dal film ed è del tutto inedita.

“Vale la pena” (nuovo nome assunto da “Era sui quarant’anni”) è in veste diversa da quella in studio incisa da Pietrangeli in “Mio caro padrone domani ti sparo” del ’70.

 “Sent un po’ Giuan te se recordet”, una delle molte canzoni che Ivan Della Mea dedicò a Gianni Bosio (prima in vita, poi in morte), suo maestro e padre putativo, è in versione diversa da quella apparsa sul suo primo LP “Io so che un giorno” (1966).



Anche la gucciniana “Eskimo” compare in un’altra incisione (a quanto sappiamo mai più ripresa) rispetto a quella che possiamo ascoltare su “Amerigo”, uscito  appena l’anno prima, con un arrangiamento più presente grazie al progressivo incedere del basso suonato slap e della batteria. Si tratta probabilmente di un alternative track. Da notare che Guccini nel film appare in alcuni camei, nel primo dei quali canta “Incontro” per strada, sostanzialmente ignorato dai protagonisti, a segnare lo stacco tra la vecchia generazione di cantori e i nuovi cantautori idoli dei giovani. 


Anche il successivo incontro alla stazione si risolve in pochi saluti formali e molto non detto. Infine Marco/Pietrangeli abbandona i vecchi compagni, impegnati  a riproporre il vecchio repertorio in un polveroso teatro, per andare al Palasport dove Guccini canta per una marea di ragazzi, e implorarlo di fargli fare una canzone (straordinario il sorriso beffardo che gli fa il Guccio mentre canta per dirgli che non se ne parla neanche).

  
Significativa in tal senso è la scena comica in cui Marco/Pietrangeli sbraita contro i giovani che gli abitano vicino, e che, per inciso, hanno appeso alle pareti il poster di Dalla, con i quali poi cercherà un confuso rapporto, che si incaglia nell’incomunicabilità intergenerazionale.

“Ora è venuta l’ora” di Giovanna Marini (che in realtà è collegata anche a “Ragazzo gentile”, non citata nei credits) è invece presentata nella meravigliosa versione già apparsa in “I treni per Reggio Calabria” del 1976.


“Tema di Marco”, lo strumentale che apre il brano, è composto da Paolo Pietrangeli ed è eseguito da Giancarlo Schiaffini, jazzista di area sperimentale (basti pensare alla sua militanza nel pioneristico Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza), e anche questo è un inedito assoluto che compare solo qua.

 “Manicomio criminale”, il bel pezzo dello stesso Pietrangeli che invece chiude l’album, uscirà solo nel 1989, come bonus track della versione in CD di “Cascami”.

Resta però un mistero: chi sarà mai quel Pasquale Malinconico che esegue, per solo voce, un suggestivo brano disteso, dal forte sapore popolare, in realtà accreditato allo stesso Malinconico? In rete non ci sono informazioni, se non l’attestazione della partecipazione a questo film. Chi avesse notizie su questo cantante (di posta?), si faccia avanti.


Ora, dicevamo, il film (in cui  compaiono in realtà anche frammenti di altre canzoni, non riportate nell’album) non è certo un capolavoro: “terribile, ma prezioso” lo definisce giustamente Alessio Lega nel suo notevolissimo “La nave dei folli” (Agenzia X, 2019), monografia dedicata a Ivan Della Mea che finisce inevitabilmente per tratteggiare tutto quel mondo musicale e al contempo sociale, politico, ma anche umano, con le sue glorie e le sue meschinità, una generazione che dopo tante speranze, tanto lavoro, tante lotte, si ritrova a fine anni ’70 tagliata fuori dall’immane riflusso, incapace di comunicare alcunché di significativo, come dimostra la scena finale con Marco/Pietrangeli che di nuovo sale sul tettino della sua auto (come all’inizio, quando aveva tentato il suicidio), bloccando il traffico dell’autostrada cantando numeri, e nulla più.


Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 66 - Beggar's Opera - Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 4 maggio e 19 ottobre 1972

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TRACKLIST CD 1:

Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 4 maggio 1972 - Part 1
1. Festival (from “Waters Of Change” – 1971)
2. Time Machine (from "Waters Of Change" - 1971)
3. Hobo (from “Pathfinder” – 1972)
4. MacArthur Park (from "Pathfinder" - 1972)
5. Poet And Peasant (from “Act One” – 1970)
6. Yes I Need Someone (allora inedito)


TRACKLIST CD 2:

Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 4 maggio 1972 - Part 2
1. Raymond's Road (from “Act One” – 1970) 
2. Oh Well (Fleetwood Mac cover)

Nautilus Club, Cardano al Campo (VA), 19 ottobre 1972
3. Oh Well medley 
4. London Town (inedito) - suonato solo in questa occasione
5. Gimme Some Lovin’ (Spencer Davis Group cover) - suonato solo in questa occasione
6. Long Tall Sally medley (Little Richard cover) - suonato solo in questa occasione
7. The Witch (from “Pathfinder” – 1972)


LINE UP

Martin Griffiths - vocals (nel concerto del 4 maggio)
Linnie Patterson -vocals (nel concerto del 19 ottobre)
Ricky Gardener - guitar 
Alan Park - keyboards 
Gordon Sellar - bass 
Raymond Wilson – drums


PREMESSA - IL COVID-19 CI PERSEGUITA

Sono giorni difficili, come ben sappiamo, in cui siamo invitati a restare a casa quanto più possibile. Questo "ritiro forzato" ci ha però dato l'opportunità di riscoprire molte attività forse un po' trascurate in tempi normali, dalla lettura di buoni libri, ai giochi di società, dall'uso più oculato dei social alla navigazione sul web, Ed è proprio in quest'ultimo caso che entra in gioco, nel suo piccolo, il nostro blog. "Verso la Stratosfera", magnifica creatura del Capitano Roby, che nel corso degli anni ha raccolto una piccola schiera di collaboratori quanto mai tenaci, si propone come validissima alternativa (lo dico con una punta di orgoglio) alle letture o ad altre attività domestiche. Gli appassionati di buona musica sono invitati a riscoprire qualche vecchia pagina (sperando che i link siano ancora attivi) così come sarà interessante seguire le nostre nuove proposte. Io non sono tra quelli chiamati a restare a casa (lavoro in sanità e quindi sono in prima linea), ma cercherà comunque, come ho sempre fatto in questi anni, di arricchire queste pagine con nuove proposte.  Ne approfitto per salutare e ringraziare tutti i collaboratori del blog e i numerosi amici che ci seguono fedelmente da anni. Se avete qualche contributo, sarà come sempre il benvenuto.

ANDRA' TUTTO BENE
Il vostro amico George


Domenica uggiosa, cielo grigio. Si resta in casa. In Valle d'Aosta nei prossimi giorni è previsto il picco di Covid-19. Uscire è un grosso rischio. Ne approfitto per dare fondo agli archivi dei concerti live. Ritrovo con gioia un concerto italiano dei Beggar's Opera, un gruppo storico del progressive britannico, a torto catalogato tra quelli "minori". I Beggar's Opera furono una sorta di meteora, ma lasciarono alcune tracce indimenticabili. Amato da tutti gli appassionati di progressive, il gruppo merita alcune citazioni (anche se, come in questo caso, non troppo esaltanti). Traggo le informazioni dal volume di Cesare Rizzi "Progressive & Underground in Gran Bretagna e Europa 1967-1976" (edizione Giunti,  2003).


"Ispirati nella scelta del nome dall'opera del poeta inglese John Gay (1728) gli scozzesi Beggar's Opera vivono un breve momento di gioia progressiva (in Europa più che in patria) con uno stile pop sinfonico di poca fantasia (ndr non sono d'accordo) e molto mestiere. Il primo album, "Act One" (Vertigo, 1970), contiene un po' di tutto: molto organo, riff già sentiti, presi a prestito qua e là (ai Nice, per esempio), scale e progressioni a gogò, ritmi a tratti forsennati e i consueti tentativi di combinare con disinvoltura pop sinfonico e atmosfere barocche, tra pretenziosità e parodia. Nel 1971 il gruppo cambia bassista (Gordon Sellar) e con la pubblicazione di "Waters Of Change" concede più spazio alla tastierista Virginia Scott. Suoni e ispirazione vengono migliorati. Il disco, decisamente più omogeneo rispetto a quello precedente, si snoda attraverso i brani più noti del loro repertorio (Time Machine, Festival, Silver Peacock). Accantonate le ingenuità e le pretenziosità di "Act One" nonché gli eccessi di rivisitazioni di arie famose (Raymond's Road in particolare), il gruppo recupera qualcosa della tradizione musicale inglese e riesce a dare forma più adeguata all'eccellente tecnica strumentale. Rimane la poca espressività delle parti vocali, che quasi sempre mal si adattano al contesto strumentale, ma certi fraseggi (Festival, ad esempio) ricordano le melodie festaiole mediterranee della PFM (E' festa) e forse anche per questo l'album venne ben accolto in Italia.


Nel 1972, senza più Virginia Scott, il gruppo perde presto coesione e ispirazione compositiva ed è così costretto a recuperare le arie leggere del passato, rispolverando gli eccessi di pop barocco e disimpegnandosi abilmente tra ritmi danzerecci, romanticismo e calda melodia. Si distingue la versione prog jazz di MacArthur Park, un classici di Jimmy Webb".


Conclusa questa brillante trilogia, gli album che seguono saranno deludenti e superflui e quindi non degni di menzione. Ricordo solo che dopo "Get Your Dog Off Me" del 1973, i Beggar's Opera si trasferirono in Germania per registrare ulteriori due album per poi sciogliersi definitivamente sul finire del 1976. Ritroveremo l'anno successivo il grande chitarrista Ricky Gardener a dare manforte a David Bowie e a Iggy Pop (è sua la chitarra in "Lust For Life, "TV Eye" e "Low").


E fu così che i Beggar's Opera giunsero anche in Italia nel lontano 1972 per tenere tre concerti:  il primo (2 maggio) al Piper Club di Roma (purtroppo non è documentato), gli altri due al Nautilus di Cardano al Campo, in provincia di Varese. Uno è datato 4 maggio, l'altro 19 ottobre, Incredibile come il Nautilus avesse allora  il potere di ospitare nei primi anni '70 (prima delle grandi contestazioni)  numerose e importanti band inglesi. Interessante è anche il fatto che i Beggar's Opera abbiano suonato per due volte nello stessa location a distanza di cinque mesi.
Prima delle date italiane i Beggar's aveva suonato in Germania per poi continuare il tour in Gran Bretagna. Poche le informazioni su questi concerti italiani. La qualità del suono è discreta. Le due performance sono raccolte in 2 CD. Data la brevità, ritengo ragionevolmente che la registrazione del 19 ottobre sia incompleta.


A fianco dei brani inclusi nella tracklist ho indicato il disco di provenienza. Devo dire che la quintessenza del concerto del 4 maggio è racchiusa in due brani: la lunga cavalcata della durata di oltre 20 minuti dal titolo "Yes I Need Someone", brano allora inedito, poi incluso in "Lifeline" del 1980 e "Raymond's Road" dal primo lavoro "Act One" (13 minuti di celebri arie classiche) di forte ispirazione Nice. Ascoltatelo e mi direte. Molto bella la cover di Oh Well dei Fleetwood Mac posta a chiusura del primo concerto e in apertura del secondo. Altre chicche racchiuse in questi due concerti italiani sono "London Town", Gimme Some Lovin' e Long Tall Sally che, da quanto mi risulta, vennero suonate solo in questa circostanza.
Che altro dire, se non augurarvi il consueto buon ascolto.


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Post By George


Serie "Doppelganger" n. 20 - Claudio Rocchi, Paolo Tofani & Friends - 1980 - Ras Mandal Reggae (italian version) & Dasanudasa (english version) (vinyl)

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Mi fa piacere ritornare periodicamente su un grande musicista e compositore come Claudio Rocchi. L'occasione è anche quella di riesumare la gloriosa serie "Doppelganger" caratterizzata dalla proposta dello stesso album in versioni differenti, solitamente una per il mercato italiano, l'altra per quello estero. Il disco in questione, che sicuramente molti di voi avranno nella loro collezione di vinili, si intitola "Ras Mandal Reggae", ed è solitamente attribuito a Claudio Rocchi (vedi la sua discografia) anche se in realtà si tratta del frutto della collaborazione tra numerosi musicisti, in primis l'ex chitarrista egli Area, Paolo Tofani. Non è nemmeno chiaro se "Ras Mandal Reggae" sia il nome dell'estemporaneo gruppo o il titolo dell'album. Ma questi sono dettagli. 
Nel 1980 la premiata coppia Rocchi-Tofani aveva già realizzato un ottimo album intitolato "Un gusto superiore" (vedi post sulla Stratosfera qui). Il loro sodalizio, agli inizi degli anni '80, nacque anche per motivi "spirituali": entrambi abbracciarono la filosofia orientale e la confessione religiosa indiana, Rocchi, in particolare, si recò spesso nel West Bengala. In Italia creò per il movimento degli Hare Krishna il network radiofonico RKC (Radio Kishna Centrale). Sempre nel 1980 Rocchi e Tofani, accompagnati da un gruppo di amici musicisti, tra cui Beppe Sciuto, Mauro Spina, Alberto Crescitelli e Kevin Douglas, si ritirarono negli Stone Castle Studios di Carimate, per registrare questi due album. Ma andiamo per ordine.

Ras Mandal Reggae (versione per il mercato italiano)


TRACKLIST:

Lato A
01. Caro signore
02. Karma
03. Il tempo che viviamo

Lato B
01. La società vile
02. L'inganno
03. Nrisimha Pranama (vocals – Srila Bhagavan Gosvami)


FORMAZIONE

Claudio Rocchi - voce
Paolo Tofani - chitarra
Alberto Crescitelli - tastiere
Antonio Gualtieri - Harmonium, Synth
Kevin Douglas - basso 
Beppe Sciuto - batteria
Roberto Amyot - flauto
Mauro Spina - timbales
Eloisa Francia, Paola Orlandi - cori


Prodotto dagli stessi Claudio Rocchi e Paolo Tofani, il disco, mai ristampato in CD, venne pubblicato dall'etichetta Iskon (acronimo per International Society for Krishna Consciousness), la stessa dell'album "Un gusto superiore". L'imprinting di Claudio Rocchi è dominante in questa strana miscela di suoni reggae e melodie indiane. L'ultimo brano, Nrisimha Pranama, è cantato da Srila Bhagavan Gosvami. Le sei tracce sono assolutamente gradevoli e ci restituiscono un Claudio Rocchi decisamente ispirato. Una recensione del disco (che mi trova solo parzialmente d'accordo) la troverete cliccando qui

Ras Mandal Reggae - Dasanudasa
 (versione per il mercato europeo)


TRACKLIST:

01. Doctor Of The Soul
02. Come And Join The Congregation
03. The Vile Society
04. Whenever And Wherever
05. Who Do You Turn To
06. No Place Like Home


Non riporto la formazione essendo la stessa che ha registrato la versione italiana. Nella versione per il mercato francese, belga e per il resto d'Europa, il disco venne intitolato "Dasanudasa". Anche in questo caso fu stampato solo in vinile e nella versione musicassetta e mai ristampato in CD.
A differenza delle classiche versioni inglesi "Dasanudasa" presenta delle differenze notevole, Le versioni sono differenti, manca il brano di chiusura, ne viene inserito uno nuovo, la tracklist è differente. Insomma un Ras Mandal Reggae nuovo di zecca. Ascoltate e giudicate
Buon ascolto



Post by George

Suonofficina - 1984 - Iandimironnai (vinyl)

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TRACKLIST:

Lato A
01. Iandimironnai   18:14

Lato B
01. S'abba De Su Nie   4:08
02. Li To' Labbri   2:40
03. Dugu Dugu   5:34
04. Gobbula   3:27
05. Estrella Del Sur   5:24


FORMAZIONE

Mauro Palmas - chitarra, mandolino, voce, launeddas
Roberto Palmas - chitarra
Alberto Susnik - chitarra, voce
Elena Ledda - voce
Giovanni Piga - basso
Eugenio Luglie - flauto
Alberto Cabiddu - percussioni, voce

Mauro Palmas
PREMESSA
In  questi giorni drammatici si riscoprono valori di cui ci eravamo in parte dimenticati. Anche la musica fa la sua parte. Il ritrovarsi sui balconi a cantare le canzoni più amate, le radio che all'unisono trasmettono i classici della musica leggera italiana sono solo un esempio di come la nostra cultura, la voglia di sentirsi uniti trovi una perfetta sintesi nella musica e nella canzone. In questi giorno sono stato posto in quarantena cautelativa per essere stato a contatto, in ambito lavorativo, con soggetti positivi al coronavirus. E quindi, in questo riposo forzato, sto riscoprendo piccoli piaceri e attività da anni dimenticati e trascurati: oltre alla lettura (appuntamento quotidiano), sto riscoprendo vinili, CD e vecchie registrazioni su cassetta ancora da digitalizzare. Tanto materiale, "tanta roba", come si dice, che prima o poi riuscirò a condividere con voi, Almeno lo spero.
Scusatemi per questa premessa, forse non dovuta, ma comunque sentita.
Proprio per le ragioni di cui sopra, cosa c'è di meglio se non unirci intorno ad un buon vecchio disco di musica italiana, registrato ben 36 anni fa, ma ancora fresco e attuale come non mai?
La vicenda dei Suonofficina, i protagonisti di questo post, riprende dal punto in cui l'avevamo lasciata, in quei giorni del 2013 quando presentammo "Pingiada", l'opera prima pubblicata nel 1979 (qui).

Roberto Palmas
Rispetto al primo album la formazione guidata da Mauro e Roberto Palmas è arricchita dalla presenza della cantante Elena Ledda, una istituzione nell'ambito della musica folk (anche se il termine è riduttivi). Vorrei spendere qualche riga su di lei. Elena Ledda, nata alla periferia di Cagliari nel 1959, ha alle spalle un percorso di studi in oboe e canto presso il locale conservatorio. La scelta artistica ha però privilegiato la musica folk, arricchita di ricerca e sperimentazione. Nel 1979 inizia una stretta collaborazione artistica con Mauro Palmas, che sarà una presenza fondamentale per la sua carriera: con lui lavorerà nei Suonofficina, band nella quale sperimenterà un'evoluzione della musica sarda che in futuro la porterà dentro l'ambito della cosiddetta world music. 
"In un certo senso le elaborazioni musicali del canto sardo, fatte da Elena Ledda e Mauro Palmas, pare che derivino, oltre che dalla tradizione, dall'esperienza delle Folk Songs (1964) che Luciano Berio scrisse per Cathy Berberian, nel quale elaborò canti popolari provenienti da differenti paesi. Fra questi vi era un canto sardo "Motettu de tristura", eseguito dalla mezzosoprano con grande maestria, in cui si apprezzavano un particolare utilizzo della voce e degli arrangiamenti che molto probabilmente influenzarono le esperienze del cross over nella musica folk dei decenni successivi". (fonte Wikipedia)
Elena Ledda, oltre alla collaborazione con i Suonofficina e alla sua produzione solista, 
continua la sua ansia di ricerca colta collaborando con artisti del calibro di Andreas Vollenweider. In questo stesso periodo i Suonofficina evolvono nei Sonos, un progetto di gruppo aperto con la finalità di sperimentazione della musica etnica sulla base del patrimonio tradizionale della Sardegna.


Negli anni novanta la carriera di Elena prosegue con la pubblicazione di "Incanti" (1993) mentre continua un'attività dal vivo che la porterà ad esibirsi in tutto il mondo. All'inizio del nuovo millennio la cantante raggiunge un notevole apprezzamento da parte della critica. Il suo ultimo album risale a tre anni fa. Faremo sicuramente una incursione nella discografia solista di Elena Ledda. Ne vale veramente la pena. Vi rimando alla pagina in cui presentammo, tempo fa, Elena Ledda al fianco di Andrea Parodi (qui)
Il suo apporto nell'album "Iandimirannai"è fondamentale. Brilla la omonima suite che occupa l'intero lato A, densa di sperimentazioni, di sapori e profumi mediterranei, di repentini cambiamenti di ritmi e di sonorità, Vera e propria pietra miliare per lo sviluppo futuro della musica etnica. La seconda facciata si compone di 5 brani, molto suggestivi, con suoni acustici e percussioni che si amalgamano con la splendida voce di Elena. 
Un capolavoro. Da ascoltare con grande attenzione per coglierne tutte le sfumature.
L'album, proveniente dai miei scaffali, e quindi rippato appositamente per essere condiviso sulla Stratosfera, non è mai stato ristampato. Nel 1987 ne venne pubblicata una versione per il mercato tedesco (fonte Discogs) per l'etichetta Biber Records col titolo "Musik Aus Sardinien". Sempre a beneficio di noi perfezionisti, l'intero disco venne pubblicato nel 1984 nel boxset di 3 LP intitolato "Sardegna ieri e domani", in condivisione con Luigi Lai ed Elena Ledda. 
Di seguito le copertine.
Buon ascolto





Post by George

Serie Bootleg n. 307- Piero Brega e Francesco Giannattasio- Live a Modena, 26/3/1978

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Piero Brega e Francesco Giannattasio, in una registrazione RAI

TRACKLIST:

01. Tutti Ci Hanno Quarche Cosa 
02. Tanto tempo solo 
03. Saltarello emiliano 
04. Su ballu
05. Da piccolo fanciullo 
06. Sali sole 
07. Valzer di un momento 
08. Tuscolana (Intro) 
09. Tuscolana
10. Strumentale
11. Valzer per Siglinda
12. Strumentale 
13. Arpa Celtica
14. Strumentale


FORMAZIONE:
Piero Brega, voce, chitarra
Francesco Giannattasio, fisarmonica, percussioni, fiati, organetto, ghironda, arpa celtica (set presunto)

Dal nostro amico Renzo Notari (che fu preziosissima fonte per lo storico post sul Concerto per Alceste), ci giunge questa registrazione relativa al concerto che Piero Brega e Francesco Giannattasio tennero a Modena il 26 marzo del 1978. Si tratta dunque di un’esibizione di solo qualche settimana seguente al live che i due, in compagnia di Andrea Piazza, tennero al Folkstudio di Roma (documentato qui).
Ma leggiamo quello che ci riporta l’amico Renzo Notari che a quel concerto fu presente con il suo registratore portabile:

“Il concerto si tenne al vecchio Palasport di Modena (poco più che una grande palestra), vicino alla stazione delle corriere, in pieno centro. Brega e Giannattasio avevano lasciato da poco il Canzoniere del Lazio, nella fase intermedia che avrebbe portato alla formazione dei Malvasia e in seguito dei Carnascialia (col solo Brega, dei due), Il repertorio risente ancora moltissimo del periodo Canzoniere (nel frattempo disciolto), con nostro sommo gaudio: il CdL in quegli anni era in cima alla nostra top list di artisti italiani. Tra l’altro, li avevamo conosciuti personalmente al concerto per Alceste, tipi “giusti” anche dal punto umano e politico (e si capisce anche ascoltando i parlati fra un brano e l’altro di questo concerto). Li avevamo poi incontrati per caso in Sardegna nell’estate del 1975, noi nella nostra prima vacanza sull’isola (di molte a seguire), loro, a caccia di suoni umori per rinsanguare la loro musica, uscita ormai dal ristretto ambito laziale degli inizi, che non si perdevano una sola festa popolare (ci incontrammo almeno tre volte).
L’audio del concerto è poco più che mediocre, un po’ per la triste acustica del posto, tipica dei palasport, un po’ per al scarsa disciplina del pubblico, incoraggiato anche dai due (più che un concerto, fu una festa), e un po’ anche per gli scarsi mezzi tecnici di cui disponevo allora per registrare audience. Il nastro poi non ha aiutato (vedi il volume oscillante dei primi quattro-cinque pezzi). Un bel concerto, fra i migliori di quell’anno.”

Piero Brega

Ora, ascoltando il nastro, ci sorge il dubbio che in realtà ci fosse l’apporto di qualche altro strumentista. Ancora Renzo: 

“Che io ricordi, sul palco c’erano solo loro due, con molti strumenti, ma non saprei dirti di più (comunque nelle poche note del quaderno delle c-90 sono citati solo loro), ma non ci potrei giurare.”

E’ possibile però una soluzione intermedia, cioè che in qualche brano, per esempio nello strumentale della traccia 7,  si sia aggiunto un altro strumentista (e a questo punto facile pensare allo stesso Andrea Piazza).

A ogni modo riteniamo di essere in presenza di un documento sonoro molto utile sia a ritrovare il sapore di un’epoca in cui la ricerca popolare era vissuta in modo vivo e progressivo (come testimoniano i diversi parlati tra un pezzo e l’altro), sia per ricostruire, come ci ricorda Renzo, quella delicata fase di passaggio successivo al dissolvimento del Canzoniere del Lazio e alla creazione da lì a poco delle esperienze episodiche, ma imprescindibili, dei Malvasia (vedi QUI) e dei Carnascialia.

Francesco Giannattasio
La scaletta del concerto riproduce in parte quella già presentata al Folkstudio, con qualche variante. Da notare come Brega e Giannattasio si appoggino poco al repertorio consolidato del CdL, preferendo coraggiosamente proporre brani allora inediti ("Tuscolana"lo resterà per ben 26 anni).
Se qualcuno riesce a dare un titolo ai cinque strumentali (ammesso che ne abbiano uno), ben venga.

Per quanto riguarda la qualità sonora, non vi fate spaventare dai primi tre brani che, come ci ammoniva Renzo, denunciano alcune oscillazioni di volume: per il resto l’ascolto, per quanto sia una registrazione presa dal pubblico, è in gran parte piacevole. 

Buon ascolto a tutti, e ancora grazie all’amico Renzo per aver condiviso con noi il nastro e i suoi ricordi.





Aliante - 1997 - Project

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TRACKLIST:

01. The Run Of The Gnus
02. TGV (Train Gran Vitesse)
03. The Project
04. The Journey
05. Mistral
06. The Dunes Of Taghasout
07. Jacorius
08. Ico's Ghost
09. Baires
10. Nushjn And The Young Englishman


Brevissima premessa by George
Voglio innanzitutto ringraziare l'amico Frank-One, nostro prezioso  "pusher" di materiale raro, come nel caso di questo CD degli Aliante, datato 1997, di cui non vi è praticamente traccia sul web. Ben venga accogliere questo lavoro nell'alveo della Stratosfera. Frank-One ha fatto anche un grosso lavoro di trascrizione dei testi contenuti del booklet. C'è tanto da leggere, lo so, ma io li ho riportati integralmente lasciando a voi la scelta di una lettura completa o parziale. Nessun obbligo. Grazie ancora, Fran-One, per la completezza della proposta.

Recensione by Frank-One
Chi ascolta nuove proposte presentate da giovani ed in questo caso validissime band, sicuramente avrà apprezzato l’esordio "Forme libere" (2017) e soprattutto "Sul confine" (2019) del gruppo toscano Aliante. Ma a me il nome Aliante non suonava assolutamente sconosciuto e allora scava che ti riscava, fino a quando un giorno il carissimo amico Mauro “Faraone” Moroni, fondatore e patron della Mellow Records, ne fece menzione in una nostra conversazione su Facebook, e così non senza una certa difficoltà finalmente riuscii a procurarmi questo lavoro degli omonimi Aliante, questi di Genova, e del loro lavoro "Project" pubblicato nel 1997. 

La prima cosa che mi colpì, creandomi aspettative non certo poi andate deluse, fu il nome di uno dei due “piloti” del progetto, come leggerete in seguito, un certo Signor Paolo Griguolo, fondatore di una delle pietre miliari della musica che…a noi più ci piace. Sto parlando di PICCHIO DAL POZZO, con Griguolo sempre presente anche nei successivi recenti lavori della band genovese. L’altro “copilota” era Orazio Ursino, entrambi accompagnati da vari “passeggeri (ndr - i nomi dei musicisti sono indicati nella back cover). Ma invece di tediarvi con chiavi di lettura o apprezzamenti personali, lascerei spazio alle note esaustive benché forse troppo prolisse, pubblicate nel booklet in italiano e in inglese all'interno del CD, da parte di Sergio D'Alesio. 


"Benvenuti tra i suoni del mondo nuovo, una dimensione che elude confini, passaporti e il colore della pelle affidando il libero lievitare delle emozioni alle correnti d’aria che stazionano solo in alta quota. Attorno a questo semplice concetto errato il progetto degli alianti: team genovese nato sin dalla primavera del 1993 per volontà dei due master Mind Paolo greco e Orazio orsino creativi militanti delle più sperimentali vibrazioni sonore europee. Benvenuti tra i suoni del Mondo Nuovo, una dimensione che elude confini, passaporti e il colore della pelle affidando il libero lievitare delle emozioni alle correnti d’aria che stazionano solo in alta quota. Attorno a questo semplice concetto ruota il progetto degli Aliante: team genovese nato sin dalla primavera del 1993 per volontà dei due mastermind Paolo Griguolo e Orazio Ursino creativi militanti delle più sperimentali vibrazioni sonore europee. 
Questa la carta d’identità artistica dei due attivissimi musicisti: Griguolo, virtuoso di Synthguitar, è stato il fondatore del gruppo Picchio Dal Pozzo con due CD realizzati in seno alla coreana Si-Wan Records (credo che incredibilmente si riferisca alle due ristampe della casa discografica coreana, facendo quasi passare in secondo piano i due capolavori originali. Ndr)  e annovera collaborazioni di studio e on stage con Art Bears, Fred Frith, Robert Wyatt, Matia Bazar, Ron, New Trolls e il mitico Demetrio Stratos alternata ad esperienze di animazione musicale  nell'ospedale psichiatrico di Genova. 

Paolo Griguolo young
Non è da meno Ursino, da sempre autentico creatore di scale cromatiche eseguite col 5-4 string bass e il 4 strings fretless bass, turnista deluxe di centinaia di session, collaborazioni col maestro Reverberi e protagonista di un CD registrato a Londra con i Presage. Queste ricche esperienze interagiscono nella splendida miscela sonora dell’Aliante: una macchina musicale ecologica che sorvola panorami diversi incrociando rotte già percorse con la sperimentazione di tracciati inesplorati. L’idea di base appare chiara sin dalle prime battute: far ruotare intorno al nucleo centrale musicisti di alto livello e d’estrazione differente assemblando elementi che spaziano dal rock al jazz, alla Word Music e alla new age con l’intento di fondere l’amalgama in un linguaggio stilistico polivalente che si libra verso nuove direzioni. 
Nel ’96, dopo una lunga serie di concerti che coinvolgono sul palcoscenico musicisti come Claudio Lugo (titolare della cattedra di sassofono presso il Conservatorio A. Vivaldi di Alessandria), Salvatore Cammilleri (batterista di Finardi, Ramazzotti e Vecchioni) e Claudio Capurro (docente di sassofono alla Roland School di Genova), l'ensemble Aliante, diretto dai “piloti” Griguolo e Ursino, imbarca nel suo percorso itinerante nuovi titolati “passeggeri” ospitando in sala di registrazione le tastiere di Mimmo “Ezechiele” Damiani, la batteria acustica e sintetizzata di Ico Spigno e Marco Biggi e i fiati di Luca Ravagni affiancati al sax di Claudio Caputo,  già parte integrante del gruppo. Oggi, in un ambiente rinnovato negli stimoli, espressioni e colori, nascono le meravigliose vibrazioni di un debutto che lascia subito il segno…


PROJECT
Facendo tesoro delle “archetipevisioni” degli Area e Perigeo, l’Aliante avvia la turboelica digitale di bordo sorvolando cineticamente le isole abitate dai Weather Report, Mark-Almond e Tribal Tech assemblando nelle stive di bordo tutta l’energia dispersa nelle missioni precedenti da volenterosi equipaggi d’epoca. Ma c’è una propulsione nuova che sospinge gli strumenti dell’ensemble verso dimensioni inesplorate, dove il tecnicismo virtuoso si unisce a trame favolistiche che corrono liberamente avanti e indietro nel tempo arricchendosi di culture, tradizioni, e sperimentalismi plasmati via via con lucida grafia compositiva dai due “piloti”. I nove brani del progetto analizzano, verificano e raccontano suoni, storie ed impressioni di un viaggio circolare che ridefinisce i confini del pianeta azzurro. Sin dallo start si accende la spia rossa del pannello di controllo: c’è un allarme nell’aria all’ombra degli eucalipti. E’ meglio allontanarsi dal terreno sottostante, dove un branco di gnu si lancia in una folle corsa. Poi la velocità diventa percezione e coscienza della propria agilità e solo l’acqua sembra placare The run of the gnus. Il turboaliante porta in salvo la geniale miscela jazz rock del team che in Tgv (train Gran Vitesse) sorvola in pochi secondi la Provenza, la Cote d’or e la Senna da Marsiglia a Parigi, sfrecciando fra villaggi e campagna a cavallo di un bolide di metallo senza piantar radici. Per i “passeggeri” è arduo provare una sensazione di appartenenza e un legame preciso col mondo che fluttua dagli oblò. Il tema di Project – The Journey esprime proprio il senso di incertezza di fronte all’ignoto, dove persino il bagaglio personale appare trascurabilmente superfluo: anche se il vento teso e asciutto del Mistral così intriso di aromi di lavanda e fiori di senape lotta attraverso la macchia mediterranea per raggiungere il delta del Rodano, lasciandosi cullare da identiche poesie d’amore in lingua d’oca che portano un omaggio alle sirene del Golfo del Leone. Surrealismo e cultura qui si uniscono alla sinergia dell’Aliante che, all’improvviso, fra le Dunes of Taghasout scorge una sfera bianca che sale dal mare illuminando una sinuosa pista fra le dune del deserto. Nella sosta c’è appena il tempo per ascoltare il lamento di un muezzin che recita un surà accompagnando le ombre di una lunga carovana berbera che attraversa l’immensa distesa di sabbia… 

C'era una volta...Picchio Dal Pozzo
In questo contesto nasce una riflessione-dedica, con sigla compattata Jacorius al grande Jaco Pastorius che, seguendo pazzia, genio e sregolatezza, aveva incautamente tentato il volo senza il supporto dell’Aliante lasciando ai “piloti” una grande, disarmante eredità. Giunti in prossimità della costa, il team si raduna in un Cottage, dove l’odore del mare fa sentire tutto il suo fascino stimolando Ico’s Ghost che suona esattamente come il percussionista disperso avrebbe desiderato. Quel riff continua ad ossessionar e “piloti” e “passeggeri” per l’intera transvolata oceanica che si acquieta solo nei cieli latini di Buenos Aires, dove si respira aria di tango e dei tradizionali macramè. Il fascino è irresistibile e nell’hangar di Baires i musicisti si fanno raccontare da un vecchio edicolante quando, dopo una lunga giornata da emigranti, si nascondeva sul retro di una locanda per rubare le note malinconiche di un tango argentino temperando la nostalgia della sua terra natia. È un altro punto a favore che finisce per essere gelosamente immagazzinata negli archivi di bordo… Il volo riprende perdendosi in una dimensione spazio-tempo che cela l’incontro fra Nushin and the young Englishman. È il momento onirico dell’Happening. Davanti ai loro occhi un giovane inglese attraversa il mercato di una città persiana fermandosi davanti alla bancarella di incensi di Nushjn e per un attimo interminabile i loro sguardi si incontrano. Sembrerebbe un aneddoto casuale, ma pochi sanno che, per tutto il resto della sua vita, il ragazzo britannico prima di addormentarsi avrebbe rivisto quei due profondi occhi neri immersi in un caldo profumo di rosa incenso… L’aliante fa girare la sua elica magica e scompare all'orizzonte lasciandoci in balia di “suoni” notturni e solare altrettanti indimenticabili… Sergio D’Alesio.
E dopo cotanta prolissità mi sento solo di augurarvi buon ascolto



Post by George (just a little help) - Words & Music by Frank-One

Vari - 2002 - Live at the Torrita Blues Festival

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Introduction by Captain - Ciao a tutti. Posto questo contributo, di sano e robusto blues (tra l'altro si tratta di una vera rarità ed è goloso anche per i progger, vista la presenza di Vic Vergeat dei Toad), che ci viene generosamente elargita dal nostro amico Domenico Vinci, il quale aveva già collaborato con noi qui ed anche qui. Ringrazio infinitamente Domenico e tutti gli amici che stanno continuando, in un momento a dir poco drammatico e foriero di un futuro ignoto, a condividere momenti di normalità come i post sulla stratosfera: in questi anni ci siamo incontrati qui spesso, in fin dei conti, e per ora almeno quello non è cambiato. E forse è questo che fa paura... Stavolta davvero "Dopo... niente è più lo stesso!". Stringiamoci tra noi, seppur virtualmente, e speriamo che il mondo sappia fare lo stesso. Non è più tempo per l'odio e per la sopraffazione, altrimenti sarà la barbarie. Io vi voglio bene e abbraccio tutti voi da questa terra sanguinante che è la Lombardia.

A te la parola Domenico, e grazie...


TRACKLIST DISC 1 :

Mama's Pit
1-1 A Good Fool Is Hard To Find
1-2 Living In The Ghetto
1-3 You’re Takin Up Another Man’s Place
1-4 The Way You Treated Me
1-5 Keep Your Head Up
1-6 The Sky Is Crying
1-7 Take Me To The River
Mike Onesko's Blindside Blues Band
1-8 Crying Shame
1-9 To The Station
1-10 The Light
1-11 Running
1-12 Natural Thang


TRACKLIST DISC 2 :

Vic Vergeat Band
2-1 My Babe’s Good To Me
2-2 Big Money 2
2-3 Like A Rolling Stone
2-4 It Took Just One Minute
2-5 The Same Thing
2-6 Red House
Comet Records All-Stars Jam Session
2-7 Rock Me Baby
2-8 Crossroads
2-9 Spoonful
2-10 Rambling On My Mind
2-11 Mike Shuffle


L’Associazione Culturale Torrita Blues si occupa con passione e competenza dell’organizzazione dell’omonimo Festival nel Comune di Torrita di Siena, caratteristico borgo in Valdichiana, a partire dal lontano 1989, quindi da oltre 30 anni senza interruzioni. Appuntamento imperdibile per numerosi fans che ogni anno assistono all’esibizione di artisti impegnati a perpetuare in musica la diffusione del verbo blues.


L’edizione 2002 fu organizzata col patrocinio, tra gli altri, della nostrana etichetta Comet Records; alla serata finale, era un caldo sabato 29 giugno, parteciparono infatti tre band in scuderia: gli italiani MAMA’S PIT, gli statunitensi BLINDSIDE BLUES BAND guidati da MIKE ONESKO e la band del chitarrista di origine italiana VIC VERGEAT, famoso per aver portato al successo nei primi anni Settanta gli svizzeri TOAD. Come si vede una distribuzione delle origini geografiche piuttosto varia, a testimonianza dell’universalità della musica del diavolo! Per completezza segnalo che alla prima serata del venerdì precedente suonarono LOU & THE BLUE’S,  PHIL GUY with DARIO LOMBARDO e il granitico POPA CHUBBY.


Durante quella emozionante seconda serata, svoltasi in Piazza Matteotti nella bella cornice del centro storico racchiuso entro una cinta muraria risalente al XII secolo (la piazza rappresenta il punto di incrocio delle strade che conducono alle quattro porte di accesso al paese, e curiosamente riporta alla memoria l’incrocio citato da Robert Johnson in “Crossroad Blues” dove avvenne il leggendario incontro col diavolo), ebbi la fortuna di scattare alcune fotografie che inviai a Giorgio Mangora e soci della Comet Records e che trovate ora tutte pubblicate sulla Stratosfera; risultato: le mie foto piacquero molto ed alcune di esse furono inserite nel booklet del doppio CD (poi distribuito in omaggio, io ne ricevetti un paio di copie) per complessivi 23 brani che ho provveduto a rippare per farne dono ai frequentatori del blog, in questo difficile momento di emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus che ci ha ormai costretto ad osservare il più rigido distanziamento sociale.


Alcune note di Roberto Giuli, all’epoca firma del magazine Buscadero, mi sono utili per descrivere la “Comet Records All-Stars Night” e per questo motivo gliele “rubo” (riconoscendogliene la piena paternità) trascrivendole in parte da quelle contenute nel booklet:

«Se la sensibilità, la freschezza e il talento degli italiani Mama’s Pit, complici la grande voce di Barbara Vulso e gli agili quanto sapienti arrangiamenti guidano l’ascoltatore attraverso un’ideale combinazione di blues e soul, la schietta irruenza e la voce fumosa di Mike Onesko (e della sua Blindside Blues Band) offrono al pubblico un lato robusto, spinto, quasi duro del blues. Cuore e generosità, unitamente a una voce acuta, a tratti quasi aspra, sono prerogative di Vic Vergeat, un virtuoso dello strumento che rende omaggio ai più grandi, da Bob Dylan a Willie Dixon a Jimi Hendrix oltre a proporre brani propri. Non esiste modo migliore di concludere se non con una jam session che vede fondersi tre “universi differenti” a ribadire la loro matrice comune. Il rosso “terra di Siena” incontra il blues, per una notte davvero speciale


Ogni altro dettaglio è facilmente consultabile nella relativa scheda presente sul sito web Discogs, ivi compresi i link coi rimandi ai crediti dei vari artisti. Consiglio agli appassionati di blues, infine, la visione su Youtube dell’ampio reportage televisivo della durata di quasi un’ora e mezza, all’epoca prodotto da Teletruria, ricco di interviste agli artisti coinvolti nella manifestazione alternate a numerosi estratti delle performance dal vivo. 


Quale degna conclusione di questo post, mi sia concessa la citazione dell’incipit di un brano del grandissimo bluesman Albert King: «If you’re down and out and you feel real hurt, Come on over to the place where I live, And all your loneliness I’ll try to soothe, I’ll play the blues for You».


Buon ascolto,
Domenico Vinci


LINK 1 - CD 1
LINK 2 - CD 2
LINK 3 - Photos and words

Post by Captain; words, music and photos by Domenico Vinci (thank you friend)

Omaggio a Joe Amoruso (1960-2020 R.I.P.)

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Sull'onda emozionale della scomparsa di Joe Amoruso, uno dei più talentuosi tastieristi partenopei assieme a Gianni Leone ed Ernesto Vitolo, eccomi a rendergli un doveroso omaggio, poche parole e, come sono certo piacerebbe ai protagonisti del nostro blog, tanta musica, la loro musica.
Aiutandoci con Wikipedia veniamo a sapere che Joe Amoruso, all'anagrafe Giuseppe, nasce nel 1960 a Boscotrecase, provincia di Napoli, e dopo aver studiato pianoforte classico, dopo vari percorsi come il Jazz e la musica contemporanea, da giovanissimo ottiene una certa notorietà come tastierista.
Danilo Rustici dopo il “fallimento” della reunion degli Osanna nel 1977 con Suddance (lo scrivo volutamente tra parentesi in quanto oggi l’album è stato, a parer mio più che giustamente, rivalutato) lo convoca per formare un nuovo gruppo, che con Dario Franco al basso e Sabatino Romano alla batteria,  prenderà il nome di LUNA, e che pubblicò un solo album omonimo nel 1981, già presente sulla Stratosfera (qui). Il 33 giri venne preceduto da alcuni singoli: quello del 1977, Hallò / Siliah era diversa e quello del 1978, Iron Far / Stay here with me usciti a nome Luna. Li trovate qui come bonus track. Purtroppo non mi è stato possibile reperire il terzo 45 giri del 1980 Speed up / Tunnel Lights pubblicato col nome Tunnel (ndr - il lato B l'ho trovato io). 


Ma è nella collaborazione con Pino Daniele da "Vai mò" (1981) che Joe raggiunge l’apice della notorietà, prendendo in seguito parte al super gruppo che vide dare vita all'album "Sciò Live", pubblicato nel 1984, seguito della tournèe che vedeva la band formata da nomi del calibro di Tony Esposito, Tullio De Piscopo, Agostino Marangolo, Nanà Vasconcelos (sul vinile non è accreditato, ma nella tappa milanese io ricordo),  Karl Potter), Rino Zurzolo, Larry Nocella, Vito Mercurio e ovviamente Joe Amoruso e Pino Daniele.


Wikipedia ci ricorda altre sue collaborazioni con nomi illustri quali Billy Cobham, Richie Havens, Gato Barbieri, Roberto Murolo e, in tempi più recenti, come musicista–arrangiatore con Premiata Forneria Marconi, Zucchero, Vasco Rossi, Mauro Pagani e molti altri.

Joe Amorso - 1992 - Rosa del mare di mezzo
(Rose of Middle-Earth Sea)


TRACKLIST:

01. Arcoboleta   4:10
02. Rosa del mare  5:14
03. Sibylla  6:38
04. Kalenda Maja3:54
05. Salmodia  3:00
06. Sirenusa mediterranea  5:25
07. Carousel3:52
08. Bacchus Dance  3:46
09. Tarantera1:15
10. Chiaro di luna  4:21
11. Il cuore e il fiore  3:44
12. Chi tene 'o mare  1:27
13. Sonya  4:15


Bonus Tracks - Luna - 45 giri
14. Hallò (lato A, 1977)
15. Silyah era diversa (lato B, 1977)
16. Iron Far (lato A, 1978)
17. Stay Here With Me (lato B, 1978)
18. Tunnel Lights (lato B, 1980 - a nome "Tunnel feat. Danilo Rustici")




MUSICISTI (in "Rosa del mare di mezzo":

Joe Amoruso - tastiere, piano (in 3, 5, 6, 10, 11, 12, 13); chitarra classica (in 4), 
voce (in 2, 13)
Rino Zurzolo - basso acustico (in 1)
Pino Chillemi - chitarra classica (in 10)
Mike Stern - chitarra elettrica (in 2)
Flavio Piscopo - percussioni  (in 1, 2, 3, 7, 8, 9, 13)
Naná Vasconcelos - congas, talking drum, percussioni (in 6)
Bob Berg - sax (in 3)
Enzo Gragnaniello - voce (in 1)
Pino De Vittroio - voce (in 5)
Roberto Murolo - voce (in 5)
Gabriella Pascale, Roberto Andalò - cori (in 13)


Nel 1992 Joe Amoruso pubblica il suo unico lavoro solista, "Rosa del mare di mezzo", al quale prendono parte molti artisti tra i quali Roberto Murolo, Enzo Gragnaniello, i due amici anche loro venuti a mancare, Rino Zurzolo e Nanà Vasconcelos. Si tratta di un album a forti tinte mediterranee, a volte arabeggianti, un lavoro da me riscoperto per l’occasione e riascoltato ricevendone fremiti e vibrazioni che difficilmente riesco a provare con lavori contemporanei. Forse uno dei motivi può essere che avevamo anche quasi 30 anni di meno.
Joe Amoruso durante un concerto a Lesina nel dicembre 2017 fu colpito da un’emorragia cerebrale, evento che ebbe conseguenze devastanti, fino alla sua scomparsa nella notte del 23 marzo scorso.
Prima di salutarvi vorrei riportarvi le note che lo stesso Joe scrisse nella prima pagina del booklet accluso al CD. 


Buon ascolto amici. Lassù la schiera di musicisti sta assumendo dimensioni da super jam session e noi ci sentiamo sempre, soprattutto in questo particolare periodo, un poco più soli.  



Post by George - Words & Music by Frank-One

Serie "Historic Prog Bands Live in Italy" - Capitolo 67 - Black Widow - Teatro Lirico, Milano, 10.05.1971

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TRACKLIST:

01. In Ancient Days   10:27
02. Wish You Would  10:30
03. Come To The Sabbat  7:18
04. Mary Clark  4:32
05. Legend Of Creation  8:53
06. Sacrifice  13:38


LINE UP

Kip Trevor - vocals
Jim Gannon - electric guitar
Bob Bond - bass
Clive Box - drums, percussion
Zoot Taylor - organ, piano
Clive Jones - flute, sax


In occasione del super post dedicato ai concerti italiani degli Yes nel 1971 (qui) una locandina ricordava che il 10 maggio 1971 al Teatro Lirico di Milano si esibirono, come supporter di lusso, i Black Widow, preceduti dalla nostra sempre amata Premiata Forneria Marconi. Il concerto è stato riportato su numerosi bootleg, anche di bassa qualità. Finalmente l'omonima etichetta genovese (chi, se non lei) ha inserito l'esibizione nel doppio CD "See's The Light Of Day" del 2012, insieme a "Return To Sabbat - Sacrifice demo" del 1969 e altre quattro tracce inedite. 
Confesso che ancora oggi mi emoziono quando metto sul piatto del giradischi i due primi album,(in entrambi i casi ho il vinile originale), in particolare "Sacrifice" con alcune tracce rimaste indelebili, quali In Ancient Days o Attack Of The Demon o ancora la celeberrima Come To The Sabbat.


Mi piace come Cesare Rizzi definì le loro architetture musicali: "Un suono che riunisce dark prog ed elementi acustici di pop quasi pastorale, tanto che una parte della critica parlò di incrocio tra Black Sabbath e Jethro Tull. Dei tre album originali, registrati tra il 1970 e il 1971, il primo è senza dubbio il migliore, grazie ad un suono che utilizza organo e flauto invece della chitarra, con un po' di occulto, accenti moderatamente ossessivi e satanismo quanto basta per essere accolti tra le promesse della scena dark dei primi anni '70".


Spesso accomunati ai Black Sabbath, altri grandi alfieri del cosiddetto dark sound, soprattutto per quel "Black" iniziale e per il "Sabbat" incluso nel brano "Come To The Sabbat", musicalmente i Black Widow presentano alcuni distinguo: meno suoni hard e riff chitarristici rispetto ai Sabbath, poi l'utilizzo del flauto e del sax e infine una più attenta cura delle parti vocali e corali, insomma una miscela di suoni decisamente più vicini al progressive, Certo, Kip Trevor non è Ozzy. 
Altra cosa erano i live show, dove l'ispirazione per il satanismo e l'occultismo, uniti ad alcuni "effetti speciali" (pipistrelli in scena, finti sacrifici umani) erano elementi che accomunavano le due band.


Purtroppo l'insuccesso del primo album ammorbidì i toni più dark, sia nella musica che nei rimandi all'occultismo. Il secondo omonimo disco, pubblicato sul finire del 1970, rimane caratterizzato da uno stile hard prog anche se un po' meno tenebroso. L'anno successivo è la volta di "Black Widow III", canto del cigno per la band inglese. L'idea di pubblicare un album live sfumò (è il caso di dirlo) a Montreux, dopo che i nastri audio e video di un leggendario show tenuto nella cittadina svizzera andarono distrutti nel celebre incendio cantato dai Deep Purple in "Smoke On The Water". 
Dopo qualche cambio nella formazione e l'insuccesso totale del disco, la premiata ditta Black Widow si sciolse definitivamente. Grazie ancora all'etichetta Black Widow, che riuscì a recuperare i nastri del quarto album, prima di allora mai pubblicato perché nessuna etichetta discografica era disposta a farlo, nel 1999 venne dato alle stampe "Black Widow IV". Le reunion degli anni 2000, con qualche membro originario, non meritano attenzione. Vale però la pena procurarsi il CD - DVD "Demons of the Night Gather to see Black Widow Live", che testimonia un concerto della band al Beat Club nel 1970 in cui venne suonato per intero l'album "Sacrifice".



Nel 1971, gloriosa annata in cui calarono in Italia numerose rock e prog band inglesi, fecero la loro apparizione anche i Black Widow, per tre date (almeno così recita il tour date, ma non sono in grado di confermarlo): il 9 maggio al Teatro Brancaccio di Roma, il 10 al Teatro Lirico di Milano e l'11 al Teatro Tenda di Arezzo, L'unico concerto documentato, almeno finora, è quello di Milano che vi proponiamo in questa sede. La scaletta comprende un mix di brani estratti dai due album del 1970, con in chiusura una splendida versione di "Sacrifice" della durata di oltre 13 minuti. "Wish You Woild", inedita nei due 33 giri, venne pubblicata come singolo nel 1971. 
Spero sia di vostro gradimento.  Buon ascolto



Post by George

Giorgio "Mr. Blue" Cavalli - Etno-Blues Trio - Live at "Riverside"&"Villa Prati"

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TRACKLIST:

01. Relax  6:20
02. The Cat / Hard Way  4:23
03. Mustang Sally  6:23
04. Voodoo Chile  6:20
05. Little Wing / Third Stone From The Sun  7:30
06. Indi  4:37
07. Cocaine  3:46
08. Tequila  4:23
09. Light My Fire  4:34
10. The Dock Of The Bay / Fa Fa Fa Fa F  a4:26
11. Caldonia / The Thumb / Birdland  6:27
12. African Brother  3:14


FORMAZIONE

Giorgio Cavalli - chitarra acustica, voce
Massimo Masi - basso
Flavio Piscopo - percussioni, voce


Dopo l'ottimo post dedicato al "Torrita Blues Festival" percorriamo ancora i sentieri del blues con questo grande album live di blues acustico. Il ristretto ensemble, guidato da Giorgio "Mr. Blue" Cavalli, denominato "Etno-Blues Trio", è composto, oltre che da Giorgio alla chitarra acustica e al canto, da Massimo Masi al basso e da Flavio Piscopo alle percussioni (che abbiamo incontrato sul disco di Joe Amoruso). Il concerto è stato registrato in due diverse location, il "Riverside" (credo sia quello di Roma) e "Villa Prari", a Bertinoro, nei pressi di Cesena. Il disco non è datato (almeno io non concosco la data di pubblicazione) e credo abbia avut una diffusione molto limitata.
Giorgio Cavalli, da anni sulla scena blues, no ha mai nascosto il suo profondo amore per Jimi Hendrix, prova ne è che Giorgio omaggia il grande chitarrista americano con ben tre brani.


Per conoscere più da vicino Giorgio Cavalli, chitarrista, cantante e compositore, vi propongo la sua biografia, tratta direttamente dalla sua pagina facebook.

"Dopo un'intensa esperienza fatta di concerti, iniziati all'eta' di tredici anni, si avvicina al blues in maniera organica negli anni 70' inventando il personaggio di Mr Blue che ricalca la figura del minstrel degli anni trenta, ironizzando sullo stereotipo del blues-maker. Al di la'della posizione critica e dell'ironia, si scorge l'imprescindibile bisogno di riconoscersi cercando le proprie radici. Da qui le esperienze di lavoro con vari linguaggi musicali. Negli anni seguenti crea il duo Horses & Trouble con la cantante Ivette Casini, riarrangiando per chitarra e voce diversi brani di blues originalmente eseguiti da band dixieland e incide alcuni brani blues inseriti in una compilation prodotta dalla Lakota Records di Bologna. Nel frattempo suona anche con  Andy J. Forest, James Thompson e in duo con Franco Morone. E presente nella "Rassegna di chitarristi" organizzata al Q-BO, storico locale bolognese, che lo vede anche partecipe alla rentré degli Skiantos negli anni 80'.


Al "Gran Pavese, locale di Syusy Blady e Patrizio Roversi, sviluppa il personaggio di Mr Blue durante numerosi concerti e incide un LP "Cuori italiani" insieme a musicisti e comici tra i quali Paco Dalcatraz. Successivamente prende parte alla band di Kenneth Jackson, trombettista di colore dei Memphis Horn. Dal 1990 lavora con Vinicio Capossela e prende parte alla realizzazione dell'operetta teatrale  "Pop e Rebelot" con l'attore Paolo Rossi, componendo parte delle musiche di scena insieme al Blue Trio. Nel 1988' partecipa come compositore e arrangiatore, con Alan Sorrenti, alla gara canora sanremese. Compone poi i brani per il CD "Tribù mediterranea"e li esegue al fianco di Dom Um Romao (percussionista dei Weather Report), Joe Amoruso e Flavio Piscopo.  Nel 1995 pubblica il primo CD a nome suo con dodici brani rappresentativi del suo modo di intendere il blues.


In seguito pubblica un album per l'etichetta LM Crotalo  a nome Etno-Blues Trio, con Flavio Piscopo alle percussioni e Massimo Masi al basso. Compone alcuni brani con Fabio Testoni per varie rassegne di letteratura tra le quali "Musica e Immagine", curata dallo scrittore Stefano Tassinari, eseguiti dal vivo a commento di letture fatte dall'attore Giuseppe Cederna
Con Massimo Benassi incide un CD a nome "Non solo blues" mentre col contrabbassista  Ezio Bruzzese partecipa a numerose rassegne di blues e di jazz.
Nel 2014 e 2015 tiene una serie di concerti i Casablanca, nel teatro del Consolato Italiano, e a Marrakech, accompagnato da Felice Del Gaudio al basso e Leo Grezzi alla batteria
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Nel 2016 è presente in diverse rassegne teatrali presentando due 
progetti: "Treno Blue", reading teatrale con la compagnia di Gloria Pezzoli e regia di Giorgio Giusti (dove accompagna le letture improvvisando temi musicali e brani composti ad hoc) e “Va a tur dal blues”,  dove si riavvicina alle proprie radici emiliane".


Il live qui presentato offre spunti blues, e non solo, di notevole interesse: oltre ai già citati tributi a Hendrix, il trio propone rifacimenti di classici di JJ Cale, Otis Redding e Doors, tra gli altri. Non resta che passare all'ascolto delle 12 tracce, magari tenendo le luci basse e un buon boccale di birra in mano. Alla prossima.



Post by George

Umberto Fiori e Luciano Margorani- 2009- Sotto gli occhi di tutti- CD

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TRACKLIST

1 Un'Indicazione
2 Case  
3 Aver Ragione      
4 Discussione
5 Mattino 
6 Scavo 
7 Dal Treno   
8 Apparizione 
9 Chiamarsi   
10 La Strada 
11 Allarme      
12 Capriccio    
13 Vista  
14 Bene 
15 Eccomi 
16 Uno

Per chi ama la scena italiana degli anni '70, quella più avventurosa e aliena da compromessi, quello di Umberto Fiori è un nome familiare, sia come cantante e coautore degli Stormy Six, sia come studioso dei fenomeni musicali e testuali. Per quanto concerne l'autore di questo post, Umberto Fiori è semplicemente il più grande poeta italiano contemporaneo. Il volume "Poesie 1986-2014" uscito per gli Oscar Mondadori sta lì a testimoniarlo.


Umberto Fiori

Chi già aveva apprezzato i testi di "Al volo", ultimo capitolo che chiudeva la prima parte della storia degli Stormy Six, ritroverà qua la stessa poetica "materiale", una poesia apparentemente fatta di cose, di paesaggi urbani, di situazioni quotidiane, tutte attraversate però da una luce obliqua, da un taglio dolente, da un lessico mai raro e prezioso, eppure sempre nuovo e rivelatore.

Il lavoro che qui presentiamo è uscito un po' sotterraneamente nel 2009 per l'etichetta Nota ed era accompagnato da un volumetto di poesie che riportava i testi. Ad affiancare Umberto Fiori c'è la chitarra preziosa di Luciano Margorani, avventuroso sperimentatore della sei corde (fin dagli anni Ottanta all'interno de La1919) e autore anche di gran parte delle musiche. Diciamo "gran parte" perchè in qualche occasione spuntano come compositori alcuni dei vecchi sodali dei gloriosi Stormy Six, cioè Franco Fabbri (tr.2), Pino Martini (tr.5) e Tommaso Leddi (tr. 14). In due occasioni (tr. 8 e 15) è lo stesso Fiori ad occuparsi delle musiche.


Luciano Margorani

Sono canzoni sui generis, che partono da testi pensati per la pagina scritta e solo successivamente piegati alla musica, tuttavia conservano un fascino e una forza che non possono lasciare indifferenti l'ascoltatore. La veste sonora è minimale, una chitarra elettrica con poche sovraincisioni, in un caso doppiata da quella acustica dello stesso Fiori. Il tutto per lasciare sotto l'occhio di bue la voce e le parole, scandite con quel timbro inconfondibile di Umberto Fiori che non può che richiamare all'epopea di uno dei più grandi gruppi degli anni '70, capace in poco più di un decennio di un'evoluzione pazzesca, dal beat alla musica di protesta, dalla canzone d'autore al rock progressivo, dal Rock in Opposizione alla musica contemporanea e quindi alla new wave, il tutto in modo assolutamente creativo, personalissimo.

Insomma, speriamo che questa "riscoperta" (in realtà presente sui maggiori canali web, ma incredibilmente poco conosciuta) possa interessarvi e magari spingervi alla scoperta delle poesie di Umberto Fiori: non ne rimarrete delusi.

Buon ascolto!





Rinaldo Ebasta - 1972 - Grida (vinyl) with bonus tracks

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FIRST TIME ON THE WEB


TRACKLIST:

01. Il potere fantasma
02. L'umanità corre
03. Addio professore
04. In amore come in guerra
05. Grida
06. È quasi ora
07. 1975 anni fa
08. Colori neri
09. Contatto di gente

Bonus Tracks
10. Bonnie & Clyde (versione pubblicitaria, 1968)
11. L'amore è tutto qui (lato B del 45 giri "Io e te Maria", 1981)


Subito a ruota dell'ottimo post di Andrea (così avrete un po' di materiale da ascoltare in questo ponte pasquale), vi propongo questo disco appena inviato dal nostro grande benefattore Frank-One.  Non so come, ma è riuscito a recuperare questa rarissimo primo 33 giri di Rinaldo Ebasta (vero nome Rinaldo Del Monte), intitolato "Grida" e pubblicato dalla Bentley nel 1972. Inutile ricordare che questo album non è mai ristampato. Ci troviamo quindi di fronte all'originale con ben 48 anni sulle spalle, o meglio tra i solchi. Fruscii e disturbi sono sinonimo di genuinità, Godiamoci quindi questa meraviglia, le cui tracce sono inesistenti sul web. Solo Frank-One poteva riuscire in questa impresa,
Di Rinaldo Ebasta abbiamo già parlato a lungo su queste pagine. Vi rimando ai due post rispettivamente dedicati ai singoli (qui) e al suo secondo 33 giri "E' morta la paura", pubblicato nel 1979 (qui), anche questo magnifico cadeau di Frank-One. 
"Grida"è proprio un gran bel disco, ben curato nelle musiche e negli arrangiamenti, anche se purtroppo sulla back cover non sono indicati i nomi dei musicisti presenti in sala di registrazione. Peccato, in generale, per gli eccessivi appesantimenti orchestrali. Molto ben curati anche i testi, tutti scritti da Rinaldo Del Monte, che trattano in particolare di problematiche sociali. Fa eccezione il richiamo religioso presente in "1975 anni fa". 
Il disco si compone di nove tracce, con ritmi sostenuti (molto efficaci gli inserti di chitarra elettrica) che si alternano ad armonie acustiche e a ballate di grande intensità. Il brano più "prog"è sicuramente "Grida", introdotto dal flauto traverso e con una sezione ritmica potente a sostenere la grande voce del cantante-compositore. Tra i vertici del disco segnalo "Colori neri", con alcuni bei passaggi di sitar. Insomma, una nuova pagina musicale, di alto livello, che si discosta nettamente dalla formula canzone tipica dei singoli registrati da Rinaldo negli anni precedenti.


Due parole sulle bonus track. la prima è una diversa versione dell'hit del 1968,, quella Bonnie &Clyde già inclusa nel post dedicato ai singoli. Qui abbiamo la rara versione pubblicitaria, quella del "Carosello" per intenderci, con tanto di inserto vocale pubblicitario della Danusa. Frank-One ricorda che le copie di questo disco venivano regalate a Natale da parrucchieri e profumerie ai loro clienti. I due brani non sono uguali: provate ad ascoltare l'originale e poi questa versione. Ricordo che la bella copertina venne disegnata nientemeno che da Crepax. 
La seconda bonus l'ho aggiunta io. Era uno dei brani mancanti nel post dedicato ai singoli, ovvero "L'amore è tutto qui", lato B del 45 giri "Io e te Maria" del 1981, gentile omaggio di Dario, uno dei nostri stratosferici amici.


Con questo è tutto, cari amici. Nella speranza che questo difficile e drammatico momento passi in fretta, l'intero team della Stratosfera vi augura Buona Pasqua.



Post by George - Music by Frank-One

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