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Channel: VERSO LA STRATOSFERA
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Vari - 1989 - A guitar night in Italy

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Pubblico con piacere il contributo dell'amico Domenico, già nostro collaboratore in passato, che forse ricorderete come "mediatore" per un esauriente post dedicato a I Vermi, gruppo minore del prog italiano, autore di un interessantissimo singolo nei primi anni 70. In quell'occasione Domenico fu promotore di uno scritto dell'eminente professor Pio De Bellis, che accompagnava in modo eccellente il post succitato. E Pio De Bellis è anche il motivo dell'attuale post, ma lascio al nostro amico (che ringrazio sentitamente) ulteriori spiegazioni ed approfndimenti. Captain.

Alla fine degli anni 80 la casa discografica “I.R.S.” fondata da Miles Copeland (fratello di Stewart, batterista dei Police) pubblicò il disco «Night Of The Guitar Live!», nei formati doppio LP, CD e cassetta (su Youtube ne è reperibile la versione video full concert): registrazione dal vivo di Classic Rock in gran parte strumentale, che appariva quasi un azzardo in un periodo in cui si preferiva ascoltare essenzialmente musica Disco e New Wave. Tra i solchi dell’incisione furono immortalati i suoni delle chitarre di eccellenti musicisti che, anche se riascoltati oggi dopo trent’anni dalla loro pubblicazione, risultano ancora freschi ed esaltanti. Notizie più precise sull’album ufficiale sono agevolmente consultabili sul sito web Discogs, mentre con questo post desidero portare all’attenzione dei fruitori del blog Verso La Stratosfera la versione “bootleg” di quel disco, registrata dal vivo in Italia nel mese di Aprile 1989 durante alcune delle date del tour europeo iniziato nel Regno Unito nel Novembre del 1988 e pubblicata dalla label italiana “All Of Us” (etichetta che su queste pagine già è apparsa con la registrazione della Gil Evans Orchestra feat. John McLaughlin «We Remember Jimi»). Il CD in esame si intitola « A Guitar Night In Italy - Rome & Milan 1989» e di seguito ne riporto subito line up e tracklist.


Tracklist:

01. Steve Hunter, Pete Haycock“The Idler”
02. Pete Haycock, Steve Hunter“Dr. Brown I Presume”
03. Robby Krieger, Steve Hunter“Your’re Lost Little Girl”
04. Randy California“Hey Joe”
05. Leslie West“Theme From An Imaginary Western”
06. Ted Turner, Andy Powell“In The Skin”
07. Pino Daniele, Robby Krieger, Pete Haycock, Phil Manzanera“Ue Man!”
08. Jan Akkerman“Sylvia”
09. Jan Akkerman“Hocus Pocus”
10. Phil Manzanera“Instrumental”
11. Robby Krieger“Roadhouse Blues”


Sulla grandezza dei chitarristi coinvolti non ritengo di aggiungere nulla, invito piuttosto a coglierne il grande feeling con lo strumento e le differenze di timbro che ne personalizzano il suono. Nota finale: sul retro della copertina del CD la traccia 7 è erroneamente elencata come “Hey Man” (Tradizionale), invece si tratta proprio della canzone blues composta da Pino Daniele per il suo omonimo album del 1979, ma stranamente il suo nome non appare neanche tra i crediti, anche se è chiaramente udibile (voce e chitarra) all’ascolto del brano. È noto, infatti, che nel 1989 Pino Daniele partecipò a diverse date del citato tour europeo.


Concludo col desiderio di dedicare questo mio contributo all’amico giornalista ed appassionato collezionista di dischi rari Pio De Bellis, che purtroppo ci ha lasciati lo scorso mese di giugno e che da par suo aveva concesso a queste pagine il “post d’autore” a proposito del meraviglioso singolo de “I Vermi”. Ciao Pio, vola alto nei cieli del Rock! Domenico Vinci.

Al Capitano e a tutto lo staff stratosferico non rimane che unirsi nel compianto per la scomparsa dell'eminente giornalista e studioso. R.i.p.



Post by Domenico (head) and Captain (hand)


Serie "Historic (not) prog bands live in Italy" - Capitolo 59 - John Martyn - Live Solo - Bologna, Teatro Antoniano, 18 maggio 1977 (soundboard)

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TRACKLIST:

01. One Day Without You
02. Certain Surprise
03. I Couldn't Love You More
04. Big Muff
05. Jelly Roll Baker
06. Guitar Solo
07. Over The Hill
08. Spencer The Rover
09. Outside In
10. One World
11. May You Never
12. Singin' In The Rain
13. I'd Rather Be The Devil


Pochi giorni fa il nostro amico Marco Osel mi ha inviato i file di questo concerto, che già possedevo da tempo, ma non è questo il punto. Mi ha invece fatto venire voglia di riascoltare e riscoprire John Martyn, un po' troppo frettolosamente dimenticato dopo la sua scomparsa avvenuta nel 2009, in Irlanda. Il concerto qui postato, che probabilmente molti di voi avranno già avuto modo di ascoltare, e piuttosto diffuso sul web (Bigozine2, T,U,B,E,, Youtube, ecc. con le sue belle copertine) anche perché possiede due fondamentali requisiti: è di una bellezza straordinaria ed è registrato in qualità soundboard. 


Ricordo di avere scoperto musicalmente John Martyn un po' tardi, credo intorno al 1974, ascoltando una sera "Solid Air", uno dei suoi capolavori e rimasi impressionato dalla sua voce duttile e dal suo tocco chitarristico che spaziava dal folk al blues. Iniziai così a sciacquarmi le orecchie dalla marea di suoni rock e progressive che occupavano in toto i miei ascolti e mi procurai qualche altro suo album, primo fra tutti il leggendario debut del 1967 "London Conversation". Da allora John Martyn ha sempre trovato spazio nei miei ascolti. Ben venga quindi questo magnifico concerto registrato al Teatro Antoniamo di Bologna il 18 maggio 1977. Se non sbaglio si tratta del primo concerto tenuto in Italia dal cantautore e musicista scozzese. John è solo con la sua chitarra da cui estrae mille effetti, ad iniziare da una splendida versione di Big Muff, tratta dall'allora ultimo disco "One World" del 1977. Altri gioiellini, dove emerge il virtuosismo e la tecnica strumentale, sono il Guitar Solo, che segue a ruota Jelly Roll Baker, e la lunga e articolata Outside In (da "Inside Out" del 1973).  . 
Dopo i fasti degli anni '70 John Martyn visse lunghi e travagliati periodi, anche a causa di seri problemi di salute, parallelamente ad un lento e progressivo declino artistico. Morì il 29 gennaio 2009 per problemi polmonari. 
Ottima occasione, quindi, per ricordarlo in tutta la sua grandezza. Per eventuali approfondimenti vi rimando al sito ufficiale che troverete qui 
Buon ascolto



Post by George

F.lli La Bionda - 1975 - Ogni volta che tu te ne vai (vinyl)

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TRACKLIST:

Lato A
01. Ogni volta che tu te ne vai   3:15
02. Tutto va bene   3:15
03. Voci del giorno e della notte   4:15
04. Lo devi fare   3:21
05. Jo   3:17

Lato B
01. Vieni a tempo   4:00
02. Storia di Marzo   3:01
03. Non mi svegliare   2:17
04. Prigioniera   4:03
05. Il tuo deserto   4:03


Le note del pianoforte di Nicky Hopkins, ospite d'eccezione, introducono il primo brano dell'album dei F.lli La Bionda, "Ogni volta che tu te ne vai", pubblicato dalla Ricordi nel 1975. Il disco è un altro piccolo gioiellino dimenticato, così come sono stati dimenticati i due La Bionda (Angelo e Carmelo) della prima ora. D'altronde non possiamo metterli alla berlina solo perché hanno saputo cavalcare con intelligenza il filone della disco music, già dal 1977 (dai DD Sound in avanti) e poi quello altrettanto redditizio delle colonne sonore. 
La biografia del duo siciliano è già stata magistralmente tracciata dall'amico Frank-One nel 2015, quando presentò il loro primo album datato 1972, l'ineguagliabile "Fratelli La Bionda srl" (che ritroverete qui). E sottolineo il termine ineguagliabile perché, nonostante la freschezza che mantiene questa seconda prova discografica, specie nella prima facciata, rispetto a quella precedente i suoni si sono ammorbiditi e cominciano a fare l'occhiolino a sonorità più "dance", preludio della svolta del 1977.  Il tocco di classe è rappresentato dalla presenza di un ospite illustre come il già citato Nicky Hopkins, che allora collaborava strettamente con i Rolling Stones. Non a caso l'album fu registrato a Londra (negli studi della Apple!!). Sempre nello stesso anno, tornati in Italia, i due La Bionda collaborarono con Radio Milano International, quindi suonarono le chitarre acustiche nel disco "Volume 8" di Fabrizio De André, al quale partecipò anche Francesco De Gregori.

Nicky Hopkins, guest star  dell'album
A seguire la partenza per Monaco di Baviera, allora capitale della dance, e l'inizio di una nuova lunga avventura musicale. Ma questa è tutta un'altra storia.
Piccole annotazioni finali (che amo molto): il disco non mi risulta essere stato ristampato negli anni successivi, né in CD né in vinile. Infine, dallo stesso, vennero estratti due singoli, pubblicati sempre nel 1975: il primo contenente Ogni volta che tu te ne vai / Prigioniera, il secondo con Storia diMarzo / Vieni a tempo, tutti quanti inclusi nel 33 giri. Storia di Marzo, come recita la copertina, fu un successo della celebre trasmissione radiofonica "Supersonic".
Non mi resta che augurarvi buon ascolto.


LINK

Post by George

erie "Bootleg" n. 297 / 298 - Bubola Comes Alive! - 2001 & 2003

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Considerato l'alto gradimento ottenuto da "Marabel", postato prima della pausa estiva e grato all'amico Marco Osel che tempo fa mi inviò due meravigliosi bootleg, eccoci nuovamente pronti a rendere omaggio al grande Massimo Bubola. Quella che vi proponiamo è solo la prima parte di un trittico che si concluderà nei prossimi giorni. Ma, al momento, non voglio aggiungere nulla di più. Intanto, parafrasando il celebre doppio live di Peter Frampton,  gustiamoci questo "Bubola Comes Alive!" che consiste in due bellissimi concerti, senza dubbio pubblicati per la prima volta sul web, almeno in forma integrale

Massimo Bubola - Sant'Ilario di Reggio Emilia, 
Festa dell'Unità, 21 luglio 2001


TRACKLIST (in one file):

01. Un sogno di più
02. Fiume Sand Creek
03. Quello che non ho
04. Emmylou
05. Don Raffaè (slow blues version)
06. Niente passa invano
07. Andrea
08. Camicie rosse
09. Capelli rossi
10. Eurialo e Niso
11. Tre rose
12. Volta la carta


Massimo Bubola entra di prepotenza negli anni 2000 con un doppio live, "Il Cavaliere elettrico vol. I & II"  e con alle spalle una lunga produzione discografica iniziata nel lontano 1976 con il quasi leggendario "Nastro giallo". Il 1976 segna anche l'inizio della collaborazione con Fabrizio De André. "Rimini" vede Massimo Bubola coautore di tutti i brani. La collaborazione con De André continua nel 1980 con Una storia sbagliata, brano scritto come sigla di un documentario-inchiesta sulla morte di Pier Paolo Pasolini, e nel 1981 con la realizzazione dei brani per l'album "Fabrizio De André" e nella seguente tournée. Quindi le strade artistiche dei due (ma non quelle personali) si dividono per qualche anno, quando Bubola è impegnato nella sua "letteratura rock" (già iniziata tra il suo primo e secondo album), mentre l'artista genovese si sposta sul Mediterraneo con Mauro Pagani per realizzare "Crêuza de mä". I tre musicisti si ritroveranno a lavorare insieme nel 1990, alla stesura della canzone Don Raffae'. Il brano, arrangiato in origine a tempo di tarantella, è stato negli anni riproposto da Bubola stesso con nuove vesti sonore. In questo concerto possiamo ascoltarla in chiave slow blues, praticamente irriconoscibile.

Bubola e De André ai tempi di "Una storia sbagliata"
Bubola sia nei dischi in studio che nei concerti live dimostra di avere ben introitato le lezioni del maestro De Andrè: i testi, a volte intimisti, altre volte provocatori, ben si coniugano con una voce roca e dai timbri profondi. Nel corso del concerto di Sant'Ilario gli omaggi a Faber non mancano. Oltre alla già citata Don Raffaè, sono presenti Fiume Sand Creek, Andrea e, in chiusura, Volta la carta. Le altre tracce provengono dalla sua vasta discografia. La qualità della registrazione (su un solo file) è di ottima qualità. Da gustare dalla prima all'ultima nota. Immenso l'apporto del violinista Michele Gozich, già collaboratore di Michelle Shocked e di Eric Anderson.

 Massimo Bubola - Reggio Emilia, Parco Campo di Marte, 
6 luglio 2003


TRACKLIST (in one file)

01. Marabel
02. Maria che ci consola
03. Fiume Sand Creek
04. Corvi
05. Quello che non ho
06. Spezzacuori
07. Johnny lo zingaro
08 .Dove scendono le strade
09. Emmylou
10. L’usignolo
11. Se ti tagliassero a pezzetti
12. Niente passa invano (cut end)


Il secondo concerto, registrato due anni dopo a Reggio Emilia, si apre in bellezza con Marabel, dal suo secondo album del 1979. Cambia parzialmente la scaletta ma non cambia l'intensità dei suoni. Oltre ai "soliti" brani ripescati dal repertorio di De André, spiccano due gioiellini quali Corvi e L'usignolo (entrambi da "Mon Tresor" del 1997). Sottolineo che molti brani presentati da Massimo Bubola in questi due concerti non sono ricompresi nei tre live ufficiali "Il cavaliere elettrico". Una ragione di più per apprezzarli. Anche in questo caso Osel ci regala una registrazione di ottima qualità. E' tutto. Cari amici, intanto gustatevi questi due concerti. Il seguito arriverà fra qualche giorno. Buon ascolto.


LINK  Live 2001
LINK  Live 2003

Post by George - Music by Osel


ARP Quintet - 1986 - Gomma arabica (vinyl)

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TRACKLIST:

01. Gomma arabica   7:40
02. Lungo sogno   7:10
03. Spizz   3:50
04. Maracutú   9:28
05. Six By Four   9:34


FORMAZIONE

Claudio Angeleri - piano
Paolo Dalla Porta - basso
Christian Meyer - batteria, percussioni
Tino Tracanna - sax
Martin Dietrich Wehner - trombone


Breve premessa by George
Con questo disco ci addentriamo ancora una volta nel terreno del jazz, ambito nel quale ci siamo già ampiamente avventurati in passato. Mi auguro che questa dissertazione non vi deluda. Ogni tanto una boccata d'aria diversa, rispetto al rock e al prog, male non fa. Accogliamo quindi con piacere il contributo dell'amico Pietro che ha rippato direttamente i cinque file dal vinile. La scarna discografia del quintetto comprende due soli album, "Tango-Ing" del 1984 (mai ristampato) e questo "Gomma arabica" del 1986, ristampato in CD dalla Fonit Cetra nel 1990.
Non mi resta che ringraziare Pietro e cedergli la parola.

Recensioni by Pietro & Pasquale Santoli
Disco di jazz, prodotto da Pasquale Santoli per RadioTre -un certo discorso- nel 1986;
distribuito dalla Fonit Cetra nella collana Italian Jazz Club n° catalogo IJC 006. Un’epoca d’oro per i giovani jazzisti italiani, che seppero imporsi ben oltre i confini nazionali, diventando - in alcuni casi - vere e proprie star del firmamento jazz europeo ed internazionale. Piacerà sicuramente agli appassionati del genere, in particolare agli amanti del trombone, strumento, a mio avviso, troppo spesso sottovalutato. Nella formazione (stellare) noterete il futuro batterista di Elio e le Storie Tese. 
Vi lascio alla recensione del produttore, riportata nel retro del LP, e a modalità (oggi sicuramente desuete) di presentare dettagliatamente il prodotto musicale, quasi fosse la prefazione di un libro.
Buon ascolto

Christian Meyer
“Il percorso d’ascolto di ogni disco è, nelle norme, quello solo apparentemente meccanico, dello spostamento ondulatorio e orizzontale del pick up sul vinile secondo l’ordine, solo apparentemente discografico, delle facciate dei brani. Ora, lasciando ad ogni ascoltatore la libera facoltà di organizzare a proprio gusto la sequenza dei cinque brani contenuti in questo LP dell’ARP QUINTET, sia consentito un modesto, intuitivo, suggerimento: ascoltiamolo rispettandone la scansione originale, ma cerchiamo di annullare i silents grooves tra un brano e l’altro. Questo piccolo sforzo di fantasia, o, se si vuole, di collaborazione, potrà certamente proiettare, almeno a livello intuitivo, come sé detto, il nostro immaginario in quello proposto e offerto dal quintetto. E se decidessimo di non limitarci ad un ascolto per risonanze, e alle sue connotazioni aggettivali, risulterà ancora più evidente, una volta eliminate quelle superflue corone mute, la caratteristica fondamentale delle composizioni di Claudio Angeleri: esse fanno parte di un unico progetto, e, nel loro insieme, potrebbero costituire una suite organicamente strutturata in cinque movimenti. Certo questa suite “bergamasca” non rispetta fedelmente i canoni compositivi della tradizione classica, dal tono sempre eguale nei diversi movimenti al loro numero e disposizione. Il colto musicologo inorridirebbe anche se solo volessimo alludere con un ragionamento paralogistico alla forma sonata. Tuttavia siamo ben decisi a tenere il punto. Il progetto che anima l’Arp Quintet è essenzialmente di natura compositiva ed è questo principio la cellula organica che informa ogni processo linguistico musicale di crescita, di sviluppo e di vita della identità artistica del gruppo: dalla sequenza dei brani e dal loro ordine formale, alla struttura di ogni singolo brano, alla ricerca timbrica e ritmica alla funzione esecutiva e al ruolo creativo di ogni singolo musicista.

Claudio Angeleri
In questo disco CLAUDIO ANGELERI, pianoforte, TINO TRACANNA (sassofonista noto per le sue collaborazioni con Franco D’Andrea) e il trombonista californiano MARTIN DIETRICH WEHNER, sono affiancati da una ritmica affiatatissima: PAOLINO DALLA PORTA (uno dei più quotati contrabbassisti della scuola jazzistica italiana) e CHRISTIAN MEYER, un giovane talento della batteria. Le qualità solistiche individuali, sia tecniche che creative, di questi musicisti si inseriscono con assoluta naturalezza nelle linee compositive dei cinque brani di CLAUDIO ANGELERI: GOMMA ARABICA, LUNGO SOGNO, SPIZZ. MARACATÙ, SIX BY FOUR. Arredi musicali di finissima classe per architetture sonore lucidamente e sapientemente costruite".

Tino Tracanna

Post by George - Music & Words by Pietro

Maurizio Vandelli - 1970 - L'altra faccia di Maurizio Vandelli (vinyl)

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TRACKLIST:

Lato A
01. Cavaliere
02. Amo lei 
03. Un giorno di più
04. Perdona bambina
05. Era lei (It's Me That You Need) (B. Taupin, E. John, M. Vandelli)


Lato B
01. Lei mi ama
02. Un giorno nella vita
03. The Colour Of My Love (P. Ryan)
04. Vecchio mio
05. Giovedì
06. Let It Be (Lennon-McCartney)


Cari amici, un lungo impegno di lavoro all'estero mi ha costretto a stoppato per una decina di giorni i post sulla Stratosfera, Vediamo di recuperare il tempo perduto. Apriamo dunque il mese di ottobre con questo primo album di Maurizio Vandelli pubblicato dalla Ricordi nel 1970, dal titolo "L'altra faccia di Maurizio Vandelli". L'Equipe 84 è ancora in attività e, di conseguenza, non risulta chiaro quale sia "l'altra faccia" di Vandelli, visto che i brani dell'album  ricalcano perfettamente le sonorità del gruppo madre. Cavaliere, in particolare, pubblicato anche come singolo, ebbe un successo commerciale di tutto rispetto. Fanno eccezione le tre cover tratte dal repertorio di Elton John (il suo secondo singolo del 1969), di Barry Ryan e dei Beatles. Le altre tracce sono composte in gran parte dallo stesso Maurizio Vandelli. Di questo periodo è rimasto celebre anche il rifiuto dell'Equipe 84, raccontato dallo stesso Vandelli in diverse interviste, di incidere il brano Io vagabondo (che non sono altro), che venne poi proposto ai Nomadi, dei quali decretò il successo. Oltre a questo album solista, nel periodo 1972-1974 Vandelli scrisse le colonne sonore di due film, "Un apprezzato professionista di sicuro avvenire" (1972) e "Madeleine, anatomia di un incubo" (1974), quest'ultimo già postato qui sulla Stratosfera.


Il disco è tuttavia godibile e piacerà a tutti i nostalgici dell'Equipe 84. Ne vennero tratti alcuni singoli. Perdona bambina / Amo lei e Era lei / Un giorno di più precedettero di un anno l'uscita del 33 giri, mentre Cavaliere / Un giorno nella vita venne pubblicato nel 1970.  Il 33 giri è stato ristampato in CD dalla Ricordi, ma è oggi fuori catalogo.


Vi lascio con le copertine dei singoli e con il consueto buon ascolto.





Post by George

Serie "Bootleg" n. 299 - Locanda delle Fate, Martirano Lombardo (CZ), Rock On, 07.08.2017 (soundboard)

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TRACKLIST CD 1:

01 A volte un istante di quiete
02 Forse le lucciole non si amano più
03 Profumo di colla bianca
04 Sogno di Estunno
05 Mediterraneo


TRACKLIST  CD 2:

01 Lettere di un viaggiatore
02 Crescendo
03 Sequenza circolare
04 La giostra
05 Band introductions
06 Vendesi saggezza


FORMAZIONE

Leonardo Sasso: voce
Massimo Brignolo: chitarra elettrica, chitarra 12 corde
Maurizio Muha: pianoforte, tastiere, Minimoog
Oscar Mazzoglio: tastiere, fisarmonica, Mellotron
Luciano Boero: basso, bouzouki
Giorgio Gardino: batteria


Abbiamo oggi sul palcoscenico della Stratosfera nientemeno che la Locanda delle Fate, uno dei più importanti gruppi di progressive italiano, autori di quello storico primo album pubblicato nel 1977 dal titolo "Forse le lucciole non si amano più". La LDF si caratterizzò fin da subito per la grande capacità tecnica dei suoi componenti e per l'originale formazione con due chitarre e due tastiere. Purtroppo, come ricordano le cronache, il gruppo di Asti non  ottenne il meritato successo, complice il declino del progressive internazionale e nazionale. Come giustamente ricorda il maestro Augusto Croce sul suo sito Italian Prog "con gli anni 'Forse le lucciole non si amano più'è diventato un esempio del prog italiano di ispirazione classica, con il bell'intreccio delle tastiere, atmosfere sognanti e ottime parti vocali, come nel lungo brano che dà il titolo all'album, e in Profumo di colla bianca o la conclusiva Vendesi saggezza". A questo periodo risalgono anche le registrazioni racchiuse nel CD "Live", pubblicato nel 1993 dalla Mellow, che include anche "La giostra", brano inedito sul 33 giri. Prima dello scioglimento avvenuto nel 1980, con il nome abbreviato in La Locanda, il gruppo ridotto a quintetto, pubblicò ancora due singoli di stampo decisamente commerciali.
Bisognerà attendere il 1996 per ritrovare la LDF in sala di registrazione con la conseguente pubblicazione di un album nuovo di zecca.  "Homo homini lupus" contiene 11 tracce di buona fattura, anche se lontane dalle sonorità prog degli anni '70. Nella formazione mancano due dei membri fondatori, il cantante Leonardo Sasso e il tastierista Michele Conta.


E qui altro lungo silenzio durato "solo" 10 anni. Nel 2006 il gruppo si ritrovò in studio, ma il tentativo di reunion fallì quasi subito senza lasciare tracce. Finalmente nel 2010 la premiata ditta Locanda delle Fate tornò a farsi sentire per una serie di concerti live, sulla scia del rinnovato interesse per i gruppi storici del progressive italiano. "Live in Bloom " documentò questa splendida rinascita. Nel 2012 suonarono anche in Giappone, a Kawasaki, all'interno del Progressive Rock Festival. Il bootleg è pubblicato sulla Stratosfera (qui). Il 2012 segnò anche l'uscita di un nuovo disco, "The Missing Fireflies" con tre bonus track registrate dal vivo nel 1977. Altra importante partecipazione della Locanda delle Fate fuori dai confini italiani, fu quella del Baja Prog Festival, in Messico, nel 2013. Il concerto, nella sua integrità, è qui documentato.


Dopo l'abbandono delle scene avvenuto nel 2017 (il concerto qui presentato fa appunto parte del Farewell Tour) la AMS ha pubblicato lo scorso anno un cofanetto celebrativo dal titolo "Lucciole per sempre" (bellissimo!) con CD, DVD e booklet di 64 pagine, contenente i brani dello special TV del 1977, quattro registrazioni del 1974 (tra cui una cover di Bambina sbagliata della Formula 3) e due brani inediti. Fin qui la biografia musicale del gruppo. E ora passiamo al concerto.


Il tour di addio alle scene della LDF, avvenuto come già ricordato due anni fa, si snodò nel corso dell'intero anno, toccando varie città e cittadine italiane: Torino, Milano, Verona, Lu Monferrato, Martirano Lombardo (che nonostante il nome si trova in provincia di Catanzaro), Roma, Genova, per concludersi il 9 dicembre nella loro natia Asti. Degni di menzione sono i due concerti tenuti a Rio De Janeiro il 10 e 11 novembre. Ecco come venne presentato il Farewell Tour sul sito ufficiale della Locanda delle Fate.
"Nel 2017 ricorre il quarantennale dell’uscita dell’album “Forse le lucciole non si amano più”, l’album universalmente riconosciuto come un capolavoro del Progressive italiano di tutti i tempi, che La Locanda delle Fate realizzò per la Polydor nel 1977 con la produzione di Niko Papathanassiou, fratello del più celebre Vangelis. Per celebrare la ricorrenza, la Locanda delle Fate intende effettuare nel corso del 2017 dei concerti molto  “speciali”. Innanzitutto sarà l’occasione per la Locanda di accomiatarsi da tutti i suoi fan. Si tratterà, infatti, dell’ultimo tour dove sarà possibile ascoltare la Locanda delle Fate live, dato che la band, di comune accordo, dopo questo tour ha deciso di abbandonare definitivamente il palcoscenico. Ed ecco le sorprese di questo “2017 Locanda delle Fate Farewell Tour”: nel corso dei concerti, che avranno durata fino a due ore, verranno eseguiti non solo tutti i brani di “Forse le lucciole non si amano più”, ma anche altri tratti da “Homo homini lupus” e da “The missing Fireflies”. Inoltre verranno presentate ufficialmente le nuove composizioni.
Una grande festa, quindi, unica ed imperdibile per i fan della Locanda delle Fate".


Il concerto di Martirano Lombardo, un ottimo soundboard, si è tenuto in piazza Matteotti il 7 agosto 2017 (alcuni articoli lo datano 8 agosto) in occasione del "Rock On Festival". La prima facciata è quasi interamente dedicata alla riproposta dello storico primo disco, con l'eccezione di Mediterraneo, una nuova composizione. Sottolineo che il disco "Forse le lucciole" non è proprio presentato nella sua completezza, visto che mancano due tracce. il secondo CD si apre con Lettera di un viaggiatore, altro inedito che finirà su "Lucciole per sempre" insieme a Mediterraneo. Seguono Crescendo e Sequenza circolare, entrambi da "The Missing Fireflies": Dopo La giostra (che, per la prima volta, come già ricordato, apparve sul Live 1977) si chiude in bellezza con Vendesi saggezza, che concludeva anche il 33 giri "Forse le lucciole".
Come sottolinea Leonardo Sasso nella presentazione del brano, "Vendesi saggezza è un urlo disperato, perché tanto della saggezza non gliene frega più un cazzo a nessuno".
Sacre parole.
Infine, un cenno alla formazione che comprende ben quattro dei sei membri originari, ovvero Sasso, Boero, Gardino e Mazzoglio. Ne approfitto anche per ringraziare Marco Osel che mi ha inviato i file che, comunque, già possedevo. Il concerto è anche su Youtube, a beneficio di chi volesse vedere, oltre che ascoltare, la LDF on stage.
Detto questo, detto tutto. Ricordandovi che il prossimo bootleg sarà il n. 300 (una bella tappa) non mi resta che augurarvi buon ascolto.


LINK

Post by George

Ginger Baker R.I.P. (1939-2019)

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Il grande Ginger Baker ci ha lasciati. Un vuoto incolmabile per tutti noi, amanti del grande e solido rock. A breve il ricordo di questo grande artista qui, sulle pagine della Stratosfera, nella rubrica "Historic concert". 
Con tristezza. 

George


Serie "Historic (not) prog bands live in Italy" - Capitolo 60 - Ginger Baker live 1976-1980-1986

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Ginger Baker, il leggendario batterista dei Cream e di numerose altre formazioni, ci ha lasciati il 6 ottobre scorso all'età di 80 anni. La sua scomparsa ha avuto un'ampia eco mediatica. Praticamente tutte le testate giornalistiche ne hanno parlato, tracciando con l'occasione la biografia del musicista. 
Su alcuni blog si è aperto il solito dibattito ricco di punti di vista e di valutazioni personali sulle doti del musicista. Non mi piacciono i paragoni, pertanto salterò questo tema.  Io l'ho apprezzato praticamente da sempre, dagli esordi con i Blues Incorporated di Alexis Korner e Cyril Davis e con la Graham Bond Organisation, alla straordinaria avventura con Clapton e Bruce nei Cream, gruppo fondamentale nell'intera storia della musica rock. Terminata prematuramente l'ubriacatura Cream, e conclusa anche la breve ma luminosa parentesi Blind Faith, ritroviamo Ginger Baker negli anni '70 alla guida degli Air Force, una big band di 10 elementi che miscelava sapientemente rock, jazz, blues e musica etnica africana. Due soli album, entrambi pubblicati nel 1970, a suggellare questa originale e coraggiosa avventura. La passione e l'interesse per i suoni etnici africani proseguì grazie alla collaborazione con il musicista nigeriano Fela Kuti (1971-1972) 


Risale al 1974 il ritorno al rock tradizionale, con i Baker Gurvitz Army, al fianco dei fratelli Adrian e Paul Gurvitz. Tre album in studio, dal 1974 al 1976 e tre live  (gli ultimi due pubblicati negli anni 2000). Nel 1976 i Baker Gurvitz Army arrivarono anche in Italia. Il concerto di Milano è qui documentato, grazie a numerosi bootleg usciti negli ultimi anni. Baker entra negli anni '80 come batterista degli Atomic Rooster e degli Hawkwind. Sarà poi la volta degli Energy, altra meteora durata lo spazio di un anno. Una tappa italiana, quella del Palalido di Milano (28 marzo 1980) è qui documentata. Il 1981 segna la nascita dei Nutter, altra effimera formazione destinata a scomparire nel giro di poco tempo. Altra calata in Italia e altro concerto a Milano, questa volta al Rolling Stone. Esiste il bootleg di questa serata che, però, ho deciso di omettere a favore di un altro concerto che ho ritenuto più significativo. Magari lo posteremo in futuro, se vi interessa.


 Va ricordato che verso la metà degli anni '80 Ginger Baker si rifugiò in Italia, per la precisione in Toscana, in una fattoria nei pressi di Larciano. Si esibì in questo periodo al Pistoia Blues Festiva, in un concerto in onore di Alexis Korner, al fianco di altri mostri sacri quali Jimmy Page e Jon Hiseman. Ed è questo il concerto che ho scelto di regalarvi. Nel corso degli anni successivi, Baker incise un altro album di grande spessore, quel meraviglioso "Going Back Home" nel 1994, insieme a Charlie Haden e Bill Frisell. Dopo l'ennesima meteora BBM, con Jack Bruce e Gary Moore (una sorta di remake dei Cream), nel 2005 alla Royal Albert Hall di Londra avvenne il miracolo: la reunion dei gloriosi Cream divenne realtà con una serie di indimenticabili concerti. Dopo i concerti del 2014 con i Jazz Confusion, due anni dopo, nel 2016, per gravi problemi al cuore, Ginger Baker fu costretto ad annullare tutti i suoi impegni: "Questo vecchio batterista non farà più concerti, tutto cancellato. Fra tutte le cose che potevano accadere non avrei mai pensato al mio cuore", aveva scritto sul suo blog, con un pizzico di desolazione. Poi, qualche giorno fa, il ricovero urgente in ospedale e la scomparsa definitiva dalle scene e da questo mondo. 


Addio Peter Edward Baker. Ricorderemo sempre i tuoi capelli rossi arruffati (da lì il nomignolo Ginger) e la tua inconfondibile tecnica musicale che ha fatto scuola per decenni. Noi della Stratosfera lo vogliamo ricordare con tre straordinari concerti che lo hanno visto protagonisti sui palcoscenici di casa nostra. 

BAKER GURVITZ ARMY - Milano, Palalido
23 marzo 1976


TRACKLIST (in one file):

01. Hearts On Fire
02. People
03. Night People
04. White Room
05. Mystery
06. Thirsty For The Blues
07. Neon Lights
08. Inside Of Me
09. Memory Lane / Drums
10. Sunshine Of Your Love
11. Time>
.12. Smokestack Lightning Medley
13. Hearts On Fire (reprise)


LINE UP

Ginger Baker - drums, vocals
Paul Gurvitz - guitar
Adrian Gurvitz - bass
Mr. Snips (Steve Parsons) - vocals


Rock pesante, chitarrona roboante, sezione ritmica possente: questi gli ingredienti dei Baker Gurvitz Army, una miscela esplosiva di grande rock allo stato puro, con qualche contaminazione blues. In certi tratti piuttosto indigesto, il concerto milanese si compone di brani tratti dai tre dischi della band con un paio di ripescaggi dal repertorio dei Cream. Formazione a quattro, senza le tastiere di Peter Lemer, presente invece negli album in studio. La conclusione del concerto è affidata a Smokestack Lightning di Howlin' Wolf. La registrazione è dignitosa anche se un po'"fragorosa". Discogs indica che il CD è stato pubblicato nel 2010 in Inghilterra dall'etichetta Voiceprint per la serie "The Official Ginger Baker Booteg Series". Ma non è facile trovarlo. Di seguito le copertine.




Ginger Baker's Energy - Milano, Palalido, 28 marzo 1980


TRACKLIST CD 1:

01. Band Intro > Just Like You > Lost Your Love My Love
02. Don't Be So Serious
03. Countin' On You
04. Help Yourself
05. Natural Thing
06. Living In The Men's World
07. Ain't Nobody Is Gonna Bring Me Down
08. Wasting Time >
09. Drums Solo > Wasting Time

TRACKLIST CD 2:

1. No Magic Law
2. That's Alright Mama


LINE UP

Ginger Baker - drums
John Mizarolli - guitar, vocals
Whyley Davis - guitar, vocals
Henry Thomas - bass
David Lennox - keyborads


Dall'agosto 1979 al giugno 1980, tanto durò l'esperienza Energy. Il primo concerto si tenne il 21 settembre 1979 al London Venue e da lì in poi il gruppo intraprese un tour, prima in Inghilterra, poi nel resto d'Europa (nei mesi di febbraio e marzo 1980) dove toccò Germania, Austria, Jugoslavia, Italia, Olanda e Belgio. Dal tour tedesco venne tratto un disco semi-ufficiale, registrato dal vivo ad Amburgo, Fabrik, il 10 marzo 1980 e semplicemente intitolato "Ginger Baker's Energy". Anche questo concerto milanese (avete notato? sempre al Palalido, sempre nel mese di marzo...) venne pubblicato ufficialmente in Gran Bretagna nel 2010 per la serie "The Official Ginger Baker Bootleg Series", alla stregua del disco dei Baker Gurvitz Army. La registrazione è di buona qualità. Questo raro concerto ci offre un Ginger Baker alle prese con grandi brani di matrice rock, con spruzzate  blues e funk. La distanza dai vecchi Cream e oramai siderale.


Pistoia Blues Festival 1984 - Tribute to Alexis Korner
Pistoia, piazza Duomo, 16 luglio 1984


TRACKLIST (in one file):

01. Keep Your Mouth Shut
02. Gypsy
03. Train Kept A-Rollin'
04. Instrumental
05. Sitting Up Here
06. Mercy
07. Bring It On Home
08. See Me Coming
09. Premiazione 


LINE UP

Jimmy Page - guitars
Ginger Baker - drums, vocals
Jon Hiseman - drums
Dick Heckstall-Smith - saxophones
Barbara Thompson - tenor sax, flute
Georgie Fame - Hammond organ


Una super band si ritrovò nel 1984 a Pistoia, in occasione dell'annuale blues festival. L'occasione era quella di tributare Alexis Korner, il leggendario blues man inglese morto a Londra circa sette mesi prima (il 1° gennaio 1984). I musicisti che salirono sul palco di piazza Duomo, rappresentarono solo una piccola parte dei grandi nomi che transitarono nei primi anni '60 nella Blues Incorporated, vera e propria scuola e fucina dove si formarono e suonarono, in tempi e modi diversi, quasi tutti i musicisti inglesi che in origine si richiamavano al blues. Qualche nome: da Charlie Watts a Jack Bruce e Ginger Baker dei Cream, da Long John Baldry a Graham Bond, Ronnie Jones, da Danny Thompson a Dick Heckstall-Smith. Anche altri giovanissimi musicisti parteciparono alle prime incisioni e tra questi Mick Jagger, Keith Richard e Brian Jones dei futuri Rolling Stones, Robert Plant e Jimmy Page dei futuri Led Zeppelin, Rod Stewart e John Mayall. 


E fu così che Ginger Baker (che, come abbiamo già ricordato, in quegli anni soggiornava in Toscana) venne invitato dagli organizzatori del Pistoia Blues Festival per questa speciale serata al fianco di Jimmy Page dei Led Zeppelin, Jon Hiseman (altro leggendario batterista mancato nel 2018), Dick Heckstall-Smith e Barbara Thompson (moglie di Jon Hiseman), tutti e  tre membri dei Colosseum e, infine, Georgie Fame, altra leggenda musicale inglese, in pista fin dal 1964. Ne uscì un gran concerto, un evento unico e irripetibile durato lo spazio della serata, qui documentato nella sua integrità. Fantastica la scaletta; peccato per la registrazione di mediocre qualità. 


E' tutto, cari amici. Mettiamo da parte le parole e passiamo alla musica, nella speranza che possa soddisfare i vostri palati.
Goodbye Ginger


LINK Baker Gurvitz Army - 1976
LINK Ginger Baker's Energy - 1980
LINK Tribute to Alexis Korner - 1984 

Post by George


DAVID RIONDINO- 1980 – BOULEVARD (vynil)

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TRACKLIST
1 Gli anni passano
2 Valzer verde
3 Niente da segnalare
4 Buona fortuna
Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir
6 La paura sarà
7 Ci ho un rapporto
8 Tropicalità

FORMAZIONE: 

David Riondino- voce
Guido Podestà- fisarmonica (tracks 2 e 5)
Claudio Bazzari e Ranieri Cerellichitarra acustica
Luciano Ciccaglioni- chitarra acustica, mandolino
Piero Montanari- basso
Baba-Yaga e Fratelli Balestra- cori
Derek Wilson- batteria, percussioni
Dado Parisini- piano (tracks 2 e 5)
Shel Shapiro- piano a puntine, piano fender, hammond, basso, 
Julie Scott- voce in “Tropicalità”

Produzione e arrangiamenti: Shel Shapiro (eccetto tr.5: Claudio Fabi)

Riprendiamo dopo qualche tempo il nostro excursus lungo la produzione discografica di David Riondino, personaggio dalle mille sfaccettature, poi più conosciuto come cabarettista, attore, autore satirico, conduttore radiofonico e tante altre cose. Come i nostri lettori più attenti ricorderanno, siamo partiti dai due LP registrati, nel pieno dei turbolenti anni ’70, con il Collettivo Victor Jara (li trovate qui) e con il primo album solista omonimo del 1979 registrato per l’Ultima Spiaggia (QUI) che chiuderà i battenti poco dopo, con conseguente poca diffusione di quel lavoro.
Nello stesso 1979, proprio durante la preparazione del disco di esordio, Riondino conosce in studio di registrazione Fabrizio de André che sta mixando “Rimini”. Il cantautore genovese, incuriosito da questo singolare giovanotto con cui passa diverso tempo a chiacchierare, da lì a poco lo chiama per aprire i concerti dello storico tour con la PFM, pur non essendo Riondino né della sua agenzia, né della sua casa discografica. Insomma, un puro attestato di stima, si direbbe. A dispetto dell’esito trionfale di quel tour, le cose non sono affatto semplici a causa degli ultimi colpi di coda del movimentismo anni ’70 che genera diversi problemi di ordine pubblico: a Cantù il pubblico rimasto fuori batte con delle spranghe d’acciaio sulla porta del Palasport per tutta la durata del concerto, a Novara vengono tirate palle di neve dalla galleria, a Firenze gli autoriduttori contrattano con l’organizzazione una serie di ingressi gratuiti minacciando di far casino, a Napoli ci sono scontri all’esterno, con un paio di auto bruciate e il concerto sospeso a forza a metà per lanciare una manifestazione politica (e poi ripreso), mentre a Roma durante le canzoni vengono urlati slogan politici, cadenzati (con grande conoscenza del repertorio di De André!), nelle pause dei versi.

Backstage tour De André & PFM. Sullo sfondo, David Riondino
In questo clima ancora teso, Riondino ha il delicato compito di salire per primo sul palco e “intrattenere” quel pubblico, spesso niente affatto ben disposto verso le stesso De André, figuriamoci nei confronti di questo tipo sconosciuto che per rompere il ghiaccio si finge il presentatore della serata, presentando sé stesso in terza persona con grandi panegirici sull’importanza di dare spazio ai giovani artisti, uscendo, e poi rientrando con la chitarra tra l’ilarità e la perplessità, garantendosi così quei 15 minuti di tregua in cui portare a casa con relativa tranquillità il proprio set.

Forte di questa esperienza con il più grande dei cantautori, nel 1980 David Riondino pubblica con la RCA “BOULEVARD” il disco più da cantautore della sua discografia, quello che, a parere di chi scrive, resta non solo il migliore della carriera musicale del fiorentino (che pure vedrà ancora bellissimi espisodi), ma uno dei più bei dischi di canzone d’autore di quegli anni.



Nonostante la presenza di episodi più lèpidi, come il nonsense dadaista di “Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir” e il ripescaggio di “Ci ho un rapporto”, si tratta infatti di un lavoro pensoso, non di rado introspettivo, a cominciare dall’iniziale “Gli anni passano”. Riondino legge con sguardo lucido e critico questa età di passaggio: è un bilancio severo e doloroso degli anni ’70, un tirare le fila delle speranze, delle disillusioni e dei tragici sbagli della propria generazione. Si ascolti “Niente da segnalare” campionario dei luoghi comuni alternativi di un’intera epoca. O la sarcastica “Buona fortuna” dove Riondino coglie profeticamente i primi germogli del nascente rampantismo anni ’80 cui si stanno convertendo i compagni duri e irriducibili di ieri (molti infatti finiranno alla corte craxiana e da lì passeranno a quella berlusconiana): un pezzo degno del miglior Gaber, quello di “Io se fossi Dio”, per capirci. Per non parlare di un brano dolente come “La paura sarà”, una sorta di epitaffio in cui personale e politico rompono i rispettivi argini, in cui frullano sentimenti privati e violenti drammi sociali: il tutto è sovrastato dall’amaro sentore che il tempo che verrà sarà un tempo anestetizzato, reso docile dal Potere.
L’album è godibile anche negli altri episodi, da “Valzer verde” (che nasconde un verso terribile nella sua apparente banalità come “probabilmente mi amavi,/ probabilmente ti amavo/ non siamo stati bravi/ e non ci amiamo più”) alla conclusiva indolente ed escapista “Tropicalità”, con la voce di Julie Scott (in quegli anni anche autrice per i Chrisma).





L’RCA, e Melis in particolare, sembra credere nel progetto: mette all’opera come produttore e arrangiatore l’ex Rokes Shel Shapiro (che fa uno splendido lavoro), per la copertina sceglie uno scatto dell’affermata fotografa Elisabetta Catalano, e piazza turnisti di qualità al servizio dei pezzi. Ciò nonostante, la carriera del Riondino cantautore non decolla, un po’ perché il Nostro è un po’ refrattario a tutto il necessario lavoro promozionale (giro delle radio, interviste e via dicendo), preferendo invece fare teatro, un po’ perché interviene in questa fase Nanni Ricordi, che come ricordiamo, aveva prodotto il suo primo disco. Il produttore milanese, appena rientrato alla casa-madre Ricordi, lo convince a rompere il contratto con la RCA per raggiungerlo e continuare il lavoro. Poi però tutto sfuma in un attimo, perché Nanni Ricordi, a causa di alcuni dissapori, viene allontanato dalla Ricordi, lasciando così Riondino, che aveva fatto in tempo a registrare solo un fugace provino, in mezzo al guado. Ma questa è già un’altra storia che racconteremo in seguito.

Ultima cosa: il disco non è mai stato ristampato in CD, e solo un brano era finora reperibile in rete.
Buon ascolto!


Gruppo 2001 - 1972 - L'alba di domani

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TRACKLIST:

01. Maggio   6:19
02. Una bambina… una donna   3:38
03. Era bello insieme a te   5:06
04. Paesaggio   1:35
05. Volo d'angelo   4:13
06. Padre Vincenzo   4:25
07. Denise   3:08
08. L'alba di domani   3:50
09. Sa danza   1:12
10. Messaggio   3:22 (bonus track)

Extra bonus tracks
11. Avevo in mente Elisa   3:45 (45 giri, lato A, 1971)
12. Quella strana espressione   3:09 (45 giri, lato B, 1971)
13. Angelo mio   3:30 (45 giri, lato A, 1973)
14. L'anima   4:06 (45 giri, lato B, 1973 - cut end)


FORMAZIONE

Piero Salis - tastiere, voce
Pietro Carrus - chitarra
Ciccio Solinas - (chitarra
Paolo Carrus - basso
Tore Corazza - batteria


Spero di essere perdonato dalla AMS se mi permetto di postare questo disco, pubblicato nel lontano 1972 e ristampato nel 2012. A breve saranno trascorsi otto anni dalla ristampa e quindi crediamo di avere la libertà di pubblicarlo anche sulle pagine della Stratosfera. Con l'occasione ho inserito anche alcuni singoli, inediti su LP. Per attingere qualche informazione sono andato a rispolverare la nostra solita bibbia, Italian Prog (chediotibenedica, Augusto).
Uno dei pochi gruppi professionali dalla Sardegna, il Gruppo 2001 si formò nel 1971, con un singolo commerciale nello stesso anno per l'etichetta King. Dopo un'apparizione di successo al Disco per l'Estate con Messaggio, pubblicò l'unico album nel 1972, che, partendo dal loro tipico stile melodico, aveva anche arrangiamenti più ambiziosi  ed ispirati a sonorità progressive (ndr - il brano di apertura è semplicemente meraviglioso). Per lo più acustico, ma anche con buone parti di tastiere del leader Piero Salis, l'album venne totalmente ignorato, e il gruppo proseguì la sua carriera con altri singoli commerciali (ndr - molto commerciali, troppo commerciali).


Piero Salis, nostra vecchia conoscenza, uscì nel 1974 per una carriera da solista (con il nome Piersalis, e l'album "Plancton" nel 1974 sempre per la King, e poi come Piero Marras), mentre gli altri continuarono fino alla fine degli anni settanta. Gli ultimi 45 giri (inascoltabili, credetemi)  vennero pubblicati dall'etichetta locale La Strega che aveva anche prodotto il primo ed unico album di Pierpaolo Bibbò. Una buona recensione dell'album la potrete trovare qui, sul blog John's Classic Rock. Dal 33 giri vennero estratti alcuni singoli. Di seguito le copertine di quelli postati come bonus track. Il disco è stato ristampato nel solo Giappone in tre periodi diversi, 1993, 1998 e 2013. Ne esiste anche una ristampa coreana (quella del Sud) risalente al 2009. E' tutto.
Buon ascolto.




Post by George

Giorgio Laneve - 1970 - Giorgio Laneve (vinyl)

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TRACKLIST:

Lato A
01. Amore dove sei?
02. Che cosa dire di te
03. L'amore stasera è venuto nella mia stanza
04. Dentro lo scrigno incantato
05. Il cavaliere e la dama
06. Le mutazioni

Lato B
01. Cronaca della città
02. Cerchi rosa, cerchi blu
03. Sono un vagabondo
04. Tu non sai che cos'è
05. Ballata delle rose
06. Gloria

Bonus track
07. Amore dove sei? (live 1970, RAI TV) 


Cari amici, ritorniamo a parlare di Giorgio Laneve sulle pagine della Stratosfera. Questo post rappresenta il primo dei tre tasselli fondamentali per presentare l'intera discografia anni '70 del cantautore milanese. Tutto ebbe inizio con il bellissimo post di Andrea (de gli Sprassolati) risalente al maggio di quest'anno, dove vennero presentati all'interno della serie "Bimbitudine"i due dischi dedicati ai bambini, "Viva Fantasia" del 1974 e "Accenti" del 1976. Li ritroverete qui
Oggi, invece, faremo un salto indietro di alcuni anni, per giungere al 1970, anno in cui la Philips pubblicò il primo 33 giri di Giorgio Laneve, che portava semplicemente il suo nome. Per trovare una ristampa in CD bisognerà attendere il 2010, quando venne inserito nel boxset compilation "Cantautori italiani anni '70 - Vol. 1" della Universal Music Collection. L'album qui postato è tratto direttamente dal vinile, con l'aggiunta di una rara registrazione live del brano di punta "Amore dove sei?" risalente al 1970. 

La biografia di Giorgio Laneve è già stata tracciata da Andrea nel sopracitato post, pertanto in questa sede mi limiterà all'analisi del disco, con qualche divagazione sul personaggio Laneve, avvalendomi dell'apporto di alcuni articoli già pubblicati sul web. Inizio con lo storico "Ciao 2001" del 2 giugno 1971, con un articolo firmato da Silvano Silvani. 
"E anche Giorgio Laneve è un cantautore-poeta. Lo avevamo conosciuto esattamente un anno fa (ndr - nel 1970) in occasione delle finali a Saint-Vincent del Disco per l’Estate. Molti critici, allora, guardavano Laneve come un fenomeno da baraccone, Non era mai accaduto prima d’allora che un giovane, a soli 23 anni, nel giro di due mesi, si presentasse al pubblico con un LP come primo disco, con un recital in compagnia di Georges Moustaki come primo spettacolo, con un ottimo piazzamento ad una manifestazione difficile come il Disco per l’Estate alla sua prima esibizione televisiva. Ma Laneve, ricordiamo, era più impaurito che soddisfatto. Fosse per questo, subito dopo Saint-Vincent, ha voluto tornare subito nell'ombra. Adesso, esattamente un anno dopo, Laneve ritorna al suo pubblico, fatto quasi esclusivamente di giovani, con uno nuovo 45 giri e  un nuovo LP. In questi ultimi mesi, Giorgio, oltre a laurearsi brillantemente in ingegneria elettronica (ma non vuole essere chiamato né dottore né ingegnere), ha costruito una chitarra unica al mondo e, soprattutto, ha composto nuove belle canzoni."
Parleremo del secondo album di Laneve, "Amore e leggenda" in un imminente prossimo post.


"Classe 1946, Giorgio Laneve si affacciò al mondo dello spettacolo nel 1970, portando nella finale del Disco per l'Estate una canzone malinconica e meditativa, molto originale nella sua pura bellezza, Amore dove sei? Legato idealmente al mondo degli chansonnier italiani e francesi, si trovava sulla scia del primo Fabrizio De André, ma con uno stile molto personale, levigato in una dizione perfetta che incorniciava e univa dolci melodie a versi forgiati in una salda cultura classica, dotati di penetrazione, misura e felici assonanze. Ai tempi del debutto girava in concerto accanto a Georges Moustaki, poi si allontanò in punta di piedi dalla ribalta, continuando però a scrivere canzoni sulla straordinaria chitarra che, si dice, si fosse costruito da solo. La sua discografia comprende cinque LP (di cui due dedicati ai bambini) e pochi 45 giri, in un arco di tempo che va dal 1970 al 1976.
Sull'onda del successo di Saint-Vincent, nel 1970 esce il suo primo album, pubblicato dalla Philips, l’eponimo Giorgio Laneve. Gli esempi di Georges Brassens, di Fabrizio De André, caratterizzano un’opera sobria ed equilibrata, poetica. Come un Donovan lombardo, Laneve idealizza l’amore, cantandone le incongruenze, con un fondo di misoginia e di scetticismo. Il combattuto e spesso deludente rapporto di coppia rimarrà una delle costanti delle sue canzoni. Le tematiche sociali occupano un ruolo di rilievo. Antimilitarismo e denuncia dell’indifferenza, la pratica della violenza e il senso della morte caratterizzano 'Tu non sai che cos'è', è una delle migliori composizioni, arpeggiata sulla chitarra. 'Sono un vagabondo' sembra riecheggiare Le métèque di Moustaki, rivendicando una cittadinanza universale. La caducità della bellezza, secondo precisi canoni rinascimentali che tanto piacquero anche a Fabrizio, riconduce alle stanze del Poliziano nella Ballata delle rose, cadenzato madrigale fra flauto e chitarra. Cronaca della città, uno dei pezzi più originali potrebbe avere come tema la ricerca della felicità, mentre l’affascinante e crudele favola de Il cavaliere e la dama ci riporta a un 1729 in cui allora come oggi, se non si coglie l’attimo si paga un duro fio. La giustamente celebre Amore dove sei? si impone per la sua accorata melodia e una dissertazione sulle ragioni dell’amore, data come raramente si sia mai potuto sentire. Le altre sono la rarefatta L’amore stasera è venuto nella mia stanza, con una curiosa personificazione di Eros, la leggiadra e dylaniana Gloria, la feroce Le mutazioni, non proprio una lode all'eterno femminino, Cerchi rosa, cerchi blu, con le sue digressioni sul libero arbitrio, Che cosa dire di te o l’aleatorietà dei sentimenti e Dentro lo scrigno incantato, in cui flauto e clavicembalo sottolineano il malessere degli abbandoni. Giorgio Laneve si rivelò così un’artista di squisita e fragile sensibilità, degno di appartenere al Parnaso che procede, con rare diramazioni, dalla scuola genovese" (articolo pubblicato sul sito "L'Isola che non c'era - L'Isola della musica italiana").


Dal 33 giri venne tratto, sempre nel 1970, un singolo contenente "Amore dove sei? / Sono un vagabondo". Voglio concludere ricordandovi che Giorgio Laneve, dopo un silenzio discografico risalente al 1980, è riapparso sul palcoscenico il 16 ottobre 2015 in occasione della 4ª "Rassegna Storica e Nuova Canzone d'Autore" realizzata a Ferrara dall'associazione culturale musicale "Aspettando Godot". Subito dopo ha registrato un nuovo album, dal titolo "La mia più bella storia d'amore sei tu", pubblicato nell'estate 2016. Il disco ricalca fedelmente i temi dei suoi vecchi lavori, con brani tratti dalla grande canzone d'autore francese, tradotti per l'occasione e riproposti con nuova veste. E' tutto. Promessa solenne, a breve troverete su queste pagine i due dischi successivi a questo esordio, ovvero "Amore e leggenda" (1971) e "Un poco abitudine" (1973).
Buon ascolto.



Post by George

BEPPE CHIERICI- 1969 – CHIERICI CANTA BRASSENS (vynil)

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TRACKLIST
01 La ragazza da 5 lire
02 Ecatombe
03 Tristo Martino
04 Le trombe della celebrità
05 I lillà
06 La cattiva reputazione
07 Il cattivo soggetto pentito
08 Marinetta
09 L'uragano
10 Nell'acqua della chiara fontana
11 Un bel fiore
12 Testamento

BONUS TRACKS:
13 Il relitto (45 giri, 1970)
14 Ho un appuntamento con te (45 giri, 1970)
15 La cattiva erba (intro, da Beppe Chierici e Daisy Lumini, “La cattiva erba”, 1970)
16 La cattiva erba (finale, idem)


FORMAZIONE “CHIERICI CANTA BRASSENS”: 

Beppe Chierici- voce
Antonio Mastino- chitarra
Carlo Milano- contrabbasso
Gianni Bedori- flauto e sax
Gianni Zilioli- fisarmonica
Leonello Bionda- batteria

Arrangiamenti: Alberto Baldan




“Fu a Roma, in un garage di Via Alberico Secondo
che vidi Margot, Fernande e mille fils de joie (…)
Passeggiatrici, guardiani, chierichetti, postini, accattoni…
Con Brassens ci caliamo furtivi dentro l’inferno di Rimbaud,
Io ringrazio Chierici di queste nuove emozioni:
Quanto tu canti, il poeta Georges mi spia da un oblò”
(Gaio Fratini)

Così il poeta ed epigrammista Gaio Fratini celebrava l’arte di Beppe Chierici, questo barbuto cuneese dalle mille vite che nella sua lunga carriera ha attraversato, da solo o con la compagna Daisy Lumini, il cabaret, la canzone popolare e politica, la chanson francese (per esempio qui), la musica per bambini (ne parlammo qui) e poi, soprattutto dopo il trasferimento in Francia, il teatro (vinse il prestigioso Premio Molière) e il cinema in ruoli di rilievo con registi come Comencini (“Cuore”), Tornatore, Luchetti e tanti altri.
Se volete sapere qualcosa di più della sua incredibile vicenda artistica, è consigliatissimo il libro autobiografico “Un Ulisse da taschino” (Edizioni Il Cenacolo di Ares) in cui Chierici si racconta in una lunga intervista a Dario Faggella. Altrimenti, per farvi subito un’idea, vi consiglio questo articolo del Manifesto, in occasione di un suo recente lavoro, o, immodestamente, un mio intervento su L’isola che non c’eraEvitate la pagina Wikipedia che, oltre ad essere fortemente riduttiva, è anche poco aggiornata, non contemplando i lavori dell’ultimo decennio (sui quali torneremo in un altro post).

Capirete le ragioni del suo amore spassionato per Georges Brassens, questo Shakespeare della canzone del Novecento, un amore da ascoltatore che poi si trasforma in amicizia quando il grande francese accoglie Beppe all’Impasse Floriment, nella ristretta cerchia dei suoi amici, con cui amava passare il tempo tra interminabili cene e bevute, parlando di vita, di poesia, di canzone.



Se è vero che molti artisti italiani, fin dagli anni ’50, hanno cantato Brassens (tra i più significativi, oltre a Fabrizio De André, ricordiamo Fausto Amodei, Margot, Nanni Svampa in milanese, e, tra i più recenti, Alessio Lega, Alberto Patrucco e Luca Faggella) è anche vero che nessuno di essi vanta una frequentazione del canzoniere di Brassens così ampia nel tempo (a oggi siamo a 50 anni) e nel repertorio (cifra tonda di 100 versioni incise in italiano), come Beppe Chierici, per il quale lo stesso Brassens spese parole di grande elogio incoronandolo come il migliore dei suoi traduttori in italiano.

Già dagli anni ’60, infatti, Chierici comincia a cantare Brassens nei suoi spettacoli con Daisy Lumini, ed il successo è tale che Roberto Danè, storico produttore di De André, da qualche tempo direttore artistico della Belldisc, gli propone di registrare alcune delle canzoni che cantava sui palchi per poi farle uscire nella collana OFF dalla caratteristica veste grafica a due colori (verde e nero per la serie dedicata ai traduttori) con cover e retro identici (ma a colori opposti), e presentazione bilingue italiano/inglese. Danè chiede di non inserire “Il Gorilla”, che Chierici eseguiva già dal vivo, dato che per la stessa casa discografica era stata da poco incisa da De André. Chierici, dal canto suo, pone come condizione quella di ricevere l’approvazione dello stesso Brassens. Va a Parigi, gli fa ascoltare voce/chitarra le sue versioni e torna con l’approvazione orale del grande chansonnier francese, un riconoscimento che da lì a poco diventa scritto con una lettera che poi verrà riprodotta sulla copertina dell’album.




Il disco “Chierici canta Brassens” esce nel 1969 (non ’68 come riportano erroneamente Discogs, Wikipedia ed altri fonti) ed è il primo album in italiano (escludendo quindi quelli in milanese di Nanni Svampa) interamente dedicato alle canzoni di Georges Brassens. Gli arrangiamenti sono di Alberto Baldan, e se in qualche caso sostanzialmente rispettano l’originale, in altri se ne distanziano, introducendo una strumentazione più ampia, e conferendo a qualche brano un’aria da orchestrina popolare da festa sull’aia, non molto dissimile a quella che si respirerà da lì a poco nei primi due dischi di un altro piemontese, Paolo Conte, che chissà, forse qualcosina di questo disco potrebbe aver ascoltato (date un’orecchiata a “Un gran bel fiore” e poi sappiatemi dire). 



Proprio questi elementi di novità nella rielaborazione musicale (assenti, per esempio, in De André, che nelle sue sette versioni brassensiane ricalcò pedissequamente gli arrangiamenti essenziali dell’originale) sorpresero positivamente Brassens che li trovò originali e divertenti, tanto da pensare di adottarli come veste sonora anche per le sue composizioni, sconsigliato poi dal suo entourage. 
In effetti il disco è godibilissimo, a partire dall’iniziale e “politicamente scorretta” “La ragazza da cinque lire” che comincia con una voce-trombetta che può richiamare un pioniere della canzone d'autore come Rodolfo De Angelis. La voce di Chierici,  una “voce che ride” (come scrive felicemente Danè nelle note di copertina), ci fa entrare con leggerezza dentro le storie del grande francese, da quelle più “politiche” (in senso lato) come “Ecatombe” a quella intrise di pietà umana (“Tristo Martino”), a quelle più assurde (la divertente “Marinetta”), a quelle più licenziose (come “L’uragano”) o provocatorie (“Le trombe della celebrità”). Un ruolo importante è rivestito dal flauto e dal sassofono di Gianni Bedori (poi meglio conosciuto come Johnny Sax) e dalla fisarmonica di Gianni Zilioli (che poi troveremo anche in “Un gelato al limon” di Paolo Conte).
La traduzione di Chierici è quanto possibile vicina all’originale, concedendosi libertà solo quando necessario. Se alle nostre orecchie in qualche caso essa può sembrare un po’ forzata, con quelle inversioni sintattiche, con quel lessico così retrò già in quel finale di anni ’60, si consideri che tale era la lingua usata da Brassens nelle sue canzoni, una lingua-mondo che, come Dante nella Commedia, teneva insieme linguaggio colto e linguaggio basso, poetismi e gergalismi.


L’anno seguente la stessa Belldisc dette alle stampe un 45 giri di Beppe Chierici con altri due brani inediti che segnano un ulteriore passo nella veste sonora (l’arrangiamento è infatti di Ettore De Carolis, ex Chetro & Co., che troveremo anche negli altri lavori di Chierici). Vi proponiamo questi due pezzi come bonus tracks, insieme a due piccoli accenni de “La cattiva erba” che apriranno e chiuderanno l’album omonimo di Beppe Chierici e Daisy Lumini, anch’esso edito nello stesso 1970.

“Chierici canta Brassens”, LP di non facile reperibilità, non è mai stato ristampato in CD e, per quanto ne sappiamo, non è oggi  presente nella sua interezza sul web (eccezion fatta per poche canzoni presenti sul Tubo).
Segnaliamo infine che due brani di questo album (“La ragazza da 5 lire” e “L’uragano”) compariranno nel ’74 in “Gran Cabaret”, raccolta che comprende pezzi, oltre che dello stesso Chierici, del conterraneo Duilio De Prete (che anche lui aveva esordito in Belldisc per la stessa serie OFF), Cochi e Renato e Franca Mazzola.



Augurandovi un buon ascolto, vi preannuncio che questo è solo il primo passo della pubblicazione sulla Stratosfera di una ipotetica trilogia dedicata ai dischi che Beppe Chierici ha dedicato a Brassens. Seguirà infatti il meraviglioso “Beppe come Brassens- Storie di gente per male”, del 1976 (probabilmente il suo capolavoro) e il più recente, ma introvabile, “Suppliche e Celebrazioni”.



Orient Express - 2002 - 2007 - 2009 - Complete works

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Premessa del CapitanTorna ad allietare la stratosfera il nostro caro amico Giudas, lo scopritore ufficiale di talenti del blog (o "riscopritore", come in questo caso). Nel ringraziarlo di cuore per l'ottimo lavoro di ricerca effettuato anche stavolta, colgo l'occasione per salutare calorosamente tutti gli affezionati del nostro blog, in particolar modo l'eroico George che ha permesso alla stratosfera di sorpassare l'ultimo anno. Spero di tornare vicino al massimo splendore passato e di superare le difficoltà che hanno reso quest'ultimo anno il più difficile di tutta la mia esistenza. Saluto di cuore anche Frank-One augurandogli le miglior cose possibili e mi scuso con voi tutti per aver fatto un uso privato del blog in questa mia pur breve introduzione. Senza ulteriori indugi lascio la parola a Giudas ed al suo interessantissimo excursus sulla band oggetto del post.Captain

All’interno del mio studio professionale, piuttosto peculiare in quanto vasto e su più livelli, ha sede da anni una sala di registrazione gestita da alcuni amici, ai quali ho fatto richiesta di mettermi in contatto con gruppi del passato più o meno sconosciuti ma che avessero prodotto musica propria. E così mi sono ritrovato tra le mani una serie di informazioni che sto esaminando con cura. Una di queste mi ha condotto da Paolo Ormas, il batterista di un oramai scomparso gruppo musicale della mia città. Paolo Ormas è stato fin troppo gentile e mi ha fornito tutto il materiale e le informazioni che qui vi presento.


Nel 2002, con altri musicisti, aveva fondato un gruppo, gli ORIENT EXPRESS che contava in tutto quattro persone, tutte di Barletta. Seguendo l’esempio di altri artisti hanno assunto ciascuno un nome d’arte, e pertanto la formazione era così costituita:

Wito = basso e voce (Vito Digiovanni)
Pablo = batteria (Paolo Ormas)
Gg = chitarra (Gigi Doronzo)
Blondy = sintetizzatore (Pasquale Giannini)

Se l’ispirazione dei nomi d’arte dei primi appare piuttosto evidente, quella dell’ultimo rimarrà per sempre un mistero. Neanche Paolo Ormas lo sa. E non vale osservare il colore dei capelli, perché non è neanche biondo …

Appena costituitisi realizzano del materiale che confluisce su una modesta demo,. Giusto un qualcosa da mandare in giro per farsi conoscere. Molto curiosa, tra i cinque brani della demo stessa, una versione veramente minimale di un brano dei Led Zeppelin (“No Quarter”). Andatevi ad ascoltare l’originale e sembrerà di abitare due pianeti diversi, tanto è ricca la versione zeppeliniana quanto volutamente scarna quella degli Orient Express. Ma tanto basta a tradire i loro gusti e la loro provenienza musicale.


Orient Express - demo” - 2002

01 – Waiting for the perfect woman (5’ 32”)
02 – Master of mind (3’ 52”)
03 – Oriental eyes (2’ 46’’)
04 – Give to me (5’ 36’’)
05 – No quarter (cover Led Zeppelin) (5’ 26’’)

 Fanno alcuni anni di gavetta, nei quali hanno fatto da spalla a tanti artisti italiani, anche di grosso calibro, e si decidono a registrare il loro debutto discografico vero e proprio. Ed è così che nel 2007 esce il cd “Illusion”. La copertina si tuffa direttamente nelle atmosfere grafiche degli anni 60 e mi è sembrata una genialata del grafico l’aver descritto il titolo dell’album attraverso il sorriso (si fa per dire …) della faccia stilizzata. Andare a vedere la copertina per credere.


Ho fatto un giro in rete per vedere qualche recensione di questo album ed ho trovato praticamente una certa unanimità di critiche, che vedevano colpito soprattutto il cantante ed un certo approccio musicale non opportunamente approfondito. Quando mi sono deciso ad ascoltare il materiale senza alcun pregiudizio l’ho trovato per tanti versi piacevole.

Cercherò di spiegare. Il primo impatto mi ha trasferito una botta tremenda di nostalgia – mi sembrava di sentire quel suono cupo, aggressivo e pulito dei Van Der Graaf – eppure la musica degli Orient Express è stata definita “psychedelic dark rock”, qualunque cosa ciò significhi. Alla fine ho capito che, più che un disco metal – impressione che si potrebbe avere al primo impatto – siamo davanti ad una ricerca musicale minimalista. In pratica è stato scientemente tolto tutto ciò che potesse apparire superfluo, come effetti, filtri sonori, distorsioni, lasciando ogni strumento con un suono estremamente pulito – minimale per l’appunto - penso a come sarà impazzito il fonico di studio per mixare il tutto con questo obiettivo. Ciò significa che hai la necessità di ascoltarlo con calma per apprezzare tutte le emozioni profonde che è in grado di trasmettere – un ascolto superficiale sarebbe inteso solo come rumore di fondo – peraltro restano tante e diverse ingenuità da attribuire più che altro alla giovane esperienza compositiva. Anche le linee melodiche sono ardue – sembra che ce la mettano tutta per rendere ogni singolo brano difficile da ascoltare – certamente non hanno scelto le strade più facili.


Ho avuto molte perplessità prima di proporlo alla Stratosfera, trattandosi di un genere abbastanza lontano dai miei gusti, che sono principalmente prog. Abituato al barocchismo musicale stratificato, mi suonava strana l’essenzialità del lavoro, che comunque mi piaceva, vai a capire perché. Ma forte del principio che “quello che non piace a me e a te può piacere ad un altro” mi sono deciso a girarvelo. Ho le spalle forti e sono pronto a capo chino ad accettare qualunque critica.

I testi sono tutti in inglese, scelta non sempre condivisibile ma comunque tanto ma tanto comune nelle giovani band negli ultimi venti anni almeno. Il buon Paolo Ormas mi ha detto che i testi (quasi tutti suoi) esprimono quello che all’epoca erano le loro paure: di fatto l’intero lavoro ha un filo conduttore che riguarda la crescita, i timori, le delusioni e le illusioni di ogni giovane. La parte musicale è invece frutto di un lavoro corale (termine che, visto il minimalismo dell’opera, suona effettivamente un po’ ironico …). Quando ho fatto presente ad Ormas la mia impressione che i testi in inglese (di fatto incomprensibili per l’italiano medio) uniti all’uso di nomi artefatti indicasse in sostanza un volersi nascondere - quasi che si avesse paura del giudizio altrui – è rimasto qualche secondo in silenzio e poi ha ammesso che era probabilmente vero. Il che mi ha ulteriormente convinto che ancora oggi molti gruppi che si affacciano alla ribalta soffrano delle stesse paure.

Il lavoro si compone di dieci brani strutturati in modo pressochè uniforme.


Illusion” - 2007 

01 – Eternal Child (6’ 33”)
02 – Madness (3’ 57”)
03 – Illusion (6’ 08’’)
04 – Prison Head (3’ 56’’)
05 – Rats Know (6’ 37’’)
06 – Ten Drops (4’ 02’’)
07 – First Dawn (4’ 09’’)
08 – Hidden Man (5’ 50’’)
09 – Today (5’ 15”)
10 – Euphoria (8’ 21”)

Il tutto è stato realizzato da giovani che all’epoca avevano un’età compresa tra 20 e 30 anni circa. Due anni dopo, nel 2009, hanno realizzato un EP, contenente soli tre brani, dei quali i primi due sono lo stesso pezzo in due versioni differenti


Ten drops” – EP - 2009 

01 – Ten Drops (4’ 25”)
02 – Ten Drops (acoustic) (4’ 04”)
03 – Faith (8’ 34’’)


Come quasi sempre capita in questi casi il gruppo muore o per dissidi interni o per l’arrivo delle necessità lavorative. In questo caso è valida la seconda ipotesi ed oggi i componenti del gruppo lavorano in vari campi. Vito Digiovanni e Gigi Doronzo, ognuno per proprio conto, sono fonici e gestiscono diverse attività teatrali; Paolo Ormas ha un’agenzia di viaggi ma continua ancora a suonare attivamente (in tre gruppi diversi !!! – sto acquisendo il materiale); Pasquale Digiovanni è funzionario di banca.

C’è una bella storia che li ha visti protagonisti.
Avendo partecipato a diversi concorsi musicali furono notati da un manager che propose loro di partecipare ad un Festival dedicato a Rino Gaetano e che si sarebbe tenuto a Crotone, sua città natale, a patto però di proporre un brano in italiano. Vi parteciparono adattando in italiano uno dei brani di “Illusion”, ma soprattutto diventarono molto amici della sorella di Rino Gaetano, che ancora oggi corrisponde con loro. Probabilmente esiste da qualche parte, in qualche cartone di cianfrusaglie, una registrazione dell’evento, ma non siamo riusciti a venirne a capo.


Tra le altre cose, vinsero le semifinali regionali, a Brindisi, del iTIM Tour, organizzato da TIM e Rock TV, confluendo nella finale di Milano e girando poi con il Rock TV Tour.

Cercavo roba inedita ed ho trovato qualcosa di edito, ma talmente sconosciuto ai più che ho pensato fosse un atto doveroso quello di renderlo fruibile a chi ne fosse anche solo minimamente interessato. Fatemi sapere, con i vostri commenti, se questo genere musicale così “di nicchia” può essere ancora di vostro interesse sulla Stratosfera, o se sia bene fermarci qui, in modo  da regolarmi di conseguenza in futuro, ove dovessi avere notizia di altri gruppi simili. Un abbraccio musicale. Giudas

LINKAll Works

Post by Captain, all the rest by Giudas
 

Serie "Bootleg" n. 300 - Napoli Centrale live in Viareggio, 28.04.1976

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FIRST TIME ON THE WEB


TRACKLIST CD 1:

File 1
01. ‘O lupo s’ha mangiato ‘a pecurella
02. Improvvisazione # 1
03. Vico primo Parise n. 8
04. ‘O lupo s’ha mangiato ‘a pecurella (reprise)

File 2
05. Sotto a’ suttana
06. James Senese speech
07. Simme iute e simme venute
08. Sotto e ‘n coppa (part 1)

File 3
09. Sotto e ‘n coppa (part 2)
10. Improvvisazione # 2


TRACKLIST CD 2:

File 3
01. Sangue misto
02. Keyboards & sax solo
03. Vecchie, mugliere, muorte e criature (fade out)

Bonus track
04. Campagna (live 1975)


FORMAZIONE (1976) 

James Senese - sax soprano, sax tenore, percussioni
Giuseppe 'Pippo' Guarnera - tastiere
Kelvin Bullen - basso
Franco De Prete - batteria

FORMAZIONE (1975 - bonus track)

James Senese - sax
Franco De Prete - batteria
Mark Harris - tastiere
Tony Walmsley - basso



Cari amici, siamo giunti alla fatidica "quota 300". Trecento bootleg non sono pochi e questo traguardo si è reso possibile grazie ad un importante lavoro di squadra, che ha visto impegnati in questi anni molti collaboratori e amici della Stratosfera. Per celebrare questo traguardo ci voleva qualcosa di importante e, possibilmente, di inedito. Ecco allora che dai miei (quasi) sconfinati archivi ho recuperato questa rarissima registrazione, dono dell'amico Marco Osel. Si tratta di un concerto dei Napoli Centrale della prima ora datato 28 aprile 1976, registrato a Viareggio in una location non ben precisata. Forse Osel ci verrà in aiuto nei commenti. Il concerto è di rara bellezza e presenta la band di James Senese ai massimi livelli. Non ho mai visto sul web o altrove traccia di un loro intero concerto risalente agli anni '70. Nel 1976 era da poco stato pubblicato il secondo album del gruppo partenopeo, "Mattanza", i cui brani sono in gran parte i protagonisti di questo concerto. Non mancano alcune tracce dal primo omonimo disco del 1975. Per l'occasione ho rimasterizzato (se così si può dire) i file del concerto, equalizzando i suoni e rendendo meno "impastato" il sound originale. Ho anche ricercato la tracklist che mancava nell'invio. Insomma, un lavoretto degno di questa importante celebrazione.


Poche righe, giusto per tracciare una breve biografia del gruppo, fondato nel 1975 da James Senese, eclettico sassofonista, e dal batterista Franco Del Prete, entrambi  provenienti dagli Showmen (già ampiamente presenti sulla Stratosfera). Gli altri componenti della prima formazione sono Mark Harris (piano) e Tony Walmsley (basso e chitarra). Quest'ultimo, dopo la registrazione dell primo LP,  abbandona il gruppo per unirsi  al Rovescio della Medaglia. La chitarra sparisce ben presto dalla line up, lasciando così spazio ai virtuosismi del sax di Senese. Nella band, prima di dedicarsi alla carriera solista, per qualche periodo ha militato anche Pino Daniele al basso. Il nome Napoli Centrale viene suggerito da Raffaele Cascone (uno dei presentatori della storica trasmissione radiofonica "Per voi giovani") riferendosi alla stazione ferroviaria di Napoli, giusto per indicare il via-vai di gente, corpi e volti diversi in un incontro popolare-culturale che è poi la base da cui parte la musica di James Senese, anch'egli "figlio della guerra", come spesso si definisce.


I Napoli Centrale si distinguono subito all'interno del panorama musicale italiano, con un sound lontano dal prog di quegli anni, ispirato invece da John Coltrane, dal Miles Davis elettrico di "Bitches Brew"e dai due mostri sacri dei Weather Report, Wayne Shorter e Joe Zawinul. Il sound che ne esce è un potente jazz-rock con venature prog, unico nel panorama della musica italiana degli anni '70. Qualche affinità la possiamo trovare col Perigeo, anche se Senese & Co., specie nei concerti live, superano gli schemi delle registrazioni in studio, lasciandosi andare a lunghe articolate improvvisazioni (come nel caso del concerto qui proposto).  Il 1975 vede la pubblicazione del primo omonimo disco che si apre con la oramai storica "Campagna". I temi trattati, con testi rigorosamente cantati in dialetto napoletano, sono sostanzialmente dedicati all'emigrazione, alla povertà allo sfruttamento degli operai e degli agricoltori.


Nel 1976 vede la luce "Mattanza", registrato in studio con la presenza di molti musicisti amici, tra i quali il batterista Agostino Marangolo dei Goblin, che dal 1992 in poi, con qualche interruzione, entrerà in pianta stabile nell'organico delle nuove incarnazioni dei Napoli Centrale. Gli anni '70 si chiudono con l'uscita nel 1977 del disco più sperimentale della band, "Qualcosa ca nu' mmore", per la cui realizzazione vengono ingaggiati Pino Daniele al basso e Ciro Ciscognetti alle tastiere. Segue un lungo periodo di silenzio, periodo nel quale James Senese intraprende una carriera da solista, fino all'uscita degli album "Jesceallah" e "Zitte! Sta venenn''o mammone", datati rispettivamente 1992 e 2001. L'attività concertistica non è mai venuta meno e ancora oggi James Senese e suoi Napoli Centrali sono presenti sui palcoscenici italiani  ed esteri.


Il concerto di Viareggio, della lunghezza di oltre 80 minuti, è ricco di improvvisazioni e di variazioni sui temi proposti, che si discostano non poco dalle registrazioni in studio. L'apertura è affidata a "‘Olupo s’ha mangiato ‘a pecurella", dall'album di esordio, con una jam centrale, un cenno a "Vico primo Parise n. 8" e una ripresa finale del tema principale. I brani tratti da "Mattanza" sono poi i protagonisti del resto del concerto, conditi da lunghe improvvisazioni ora dense di umori free ora più liquide e distese. Anche se ci troviamo di fronte a grandi strumentisti, nessuno escluso, il protagonista assoluto è il sax impazzito di James Senese, vero mattatore in scena e maestro nell'estrarre suoni impossibili dal suo strumento. Non mancano le classiche "Simme iute e simme venute" e "Sangue misto". La registrazione si conclude con "Vecchie, mugliere, muorte ecriature", ancora dall'album di esordio. Peccato che il brano venga sfumata nel finale. Probabilmente il concerto proseguiva ancora, magari con "Campagna" proposta come bis. Chissà!
Per non farcela mancare l'ho recuperata da un video del 1975, dove i Napoli Centrale, nella primissima line up, la eseguono dal vivo. Nota tecnica: il concerto è diviso in 4 file (più quello con la bonus track), ognuno dei quali contiene più brani che troverete elencati nelle due tracklist.
Siamo giunti al termine di questa lunga cavalcata dedicata ai Napoli Centrale, a suggellare il raggiungimento del 300° bootleg. Speriamo vivamente  di arrivare a quota 400. sempre con il vostro prezioso aiuto. Sono certo che ce la faremo senza problemi.
Buon ascolto da George e da Osel.


LINK 

Post & words by George - Music by Osel (thanks)



Le antologie della Stratosfera vol. 41 - Rinaldo Ebasta - I singoli (discografia parziale)

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Ho realizzato questo post con la duplice intenzione di riscoprire un cantante dalla voce roca e potente, interprete di ottimi brani, e di cercare - attraverso la vostra collaborazione - di completare la sua discografia, non facile da reperire. Quella che vi propongo è la raccolta parziale dei 45 giri pubblicati da Rinaldo Ebasta dal 1967 al 1981 con alcuni vuoti che vi elencherò più avanti. Prendete il post come un semplice stimolo per proseguire nella ricerca del materiale mancante.
Ma, intanto, chi si ricorda di Rinaldo Ebasta, vero nome Rinaldo Del Monte, classe 1946, parmense di Sorbolo? Wikipedia ci viene in aiuto.
Rinaldo Del Monte debutta come cantante in alcune orchestre emiliane, arrivando però all'incisione del primo 45 giri nel 1967. Il brano ha un nome buffo, Accipicchia l'Angelicchia (canzone che era stata presentata al Cantagiro dello stesso anno da Roberta Amadei).


 Nel 1968 partecipa al Cantagiro con Vado pazzo per Lola, che si rifà alle sonorità anni '30, seguendo una moda di quel periodo risalente al successo della celebre Winchester Cathedral della New Vaudeville Band.


Nello stesso anno ottiene il suo più grande successo con Bonnie e Clyde, versione italiana di The Ballad of Bonnie & Clyde di George Fame, ispirata a Gangster Story, celebre film diretto da Arthur Penn. La canzone viene presentata nel corso del programma musicale televisivo "Settevoci", condotto da Pippo Baudo, ed entra in Hit Parade. Viene anche utilizzata per una pubblicità in un Carosello. 


rara versione del 7" con copertina di Crepax
Pubblica ancora qualche 45 giri, dopo aver cambiato casa discografica (passa dalla Ariston alla Ricordi e poi alla Durium), come Soffro soffro! nel 1969 (versione italiana di Softly Softly degli Equals) e Farufaru nel 1970.  Curiosamente quest'ultimo brano (arrangiato da un Giorgio Moroder pre svolta disco) viene incluso nella compilation "Arriva la bomba", pubblicata dalla Irma nel 1998, pur non avendo nulla a che vedere con gli altri brani di gruppi e cantanti dell'era beat. 





Nel 1971 ha la sua prima esperienza come attore, recitando nel film  di Pino Tosini, "La casa delle mele mature". Il 1972 è l'anno che decreta la pubblicazione del suo primo 33 giri, "Grida", ad opera dell'etichetta Bentler. Nove brani mai ristampati negli anni a venire né in vinile né su CD. E qui chiedo il primo "help from my friends". Se qualcuno lo possiede batta un colpo. Le notizie su questo disco sono scarse. Ho trovato un articolo sulla Gazzetta di Parma che ne parla come del "ritorno del chansonnier". Stesso discorso per il suo secondo e ultimo album solista pubblicato nel 1979 dal titolo "E' morta la paura". Poche informazioni, tranne quelle pubblicate sul sempre ottimo blog "Le note di Euterpe". Anche in questo caso si tratta di un album fuori catalogo e mai ristampato.  E qui scatta il secondo appello agli amici della Stratosfera. Il disco viene pubblicato dalla Monitor, casa discografica di  di proprietà di Giuliano Nistri, distribuita dalla RCA, a cui collabora nella canzone Il gallo, in veste di compositore, Zucchero Fornaciari. E'anche presente una traduzione di Funeral de um lavrador di Chico Buarque de Hollanda che Del Monte intitola Funerale di un lavoratore. 
Nel 1976 viene pubblicato un brutto 45 giri, in stile disco, dal titolo Campasino (in versioni vocale e strumentale) attribuito alla Rinaldo's Band. Arriviamo così al 1981, anno in cui Rinaldo Del Monte (ex Rinaldo Ebasta) forse per riscattarsi dalla triste svolta disco, pubblica, come Rinaldo, un 45 giri con due canzoni di Piero Ciampi, Io e te Maria /L'amore è tutto qui.



Siamo all'epilogo della sua produzione discografica. Nel 1984, usando lo pseudonimo di Bobby Hart, incide il 45 giri Lady Day, accostandosi ancora a certe sonorità disco, senza però raggiungere il benché minimo successo. 
Aggiungo un curioso aneddoto alla biografia di Rinaldo De Monte che ho trovato ancora una volta sulla Gazzetta di Parma, risalente al 2010. L'articolo si intitola "Così ho scoperto i miei poteri". Per farla breve Del Monte avrebbe raccontato nel corso di una trasmissione su Italia Uno di essere affetto da un male incurabile e di avere incontrato tre alieni in camice bianco scesi da una astronave che aveva fatto tappa in camera sua. Gli alieni non solo lo avrebbero guarito (operandolo con un bisturi speciali in modo del tutto indolore) ma gli avrebbero anche trasmesso la capacità di prevedere il futuro. Chiusa questa parentesi passiamo alla musica. Ho raccolto i singoli in mio possesso, in parte tratti dal web in parte dai miei archivi, indicando i brani "missing".


Rnaldo Ebasta - I singoli (discografia parziale)


TRACKLIST:

01. Accipicchia l'Angelicchia (lato A, 1967) - Quando il mondo finirà (lato B missing)
02. Bonnie e Clyde (lato A, 1968)
03. Vado pazzo per Lola (lato B, 1968)
04. Uomo aiutami tu (lato A, 1968)
05. Mille volte no (lato B, 1968)
06. Soffro soffro! (lato A, 1969)
07. Un gioco inutile (lato B, 1969)
08. Viva Bobby Joe (lato A, 1970)
09. Farufaru (lato B, 1970)
10. Sarebbe una bella famiglia (lato B, 1971) - lato A "Farufaru", già pubblicato nel 1970)
Libertà / Ero io eri tu (45 giri, 1971 - both missing)
11. Campasino (vocal) come Rinaldo's Band (lato A, 1976)
 12. Campasino (strumentale) come Rinaldo's Band (lato B, 1976)
E' morta la paura / Il gallo (45 giri, 1979 - both missing)
13. Io e te Maria (come Rinaldo - lato A, 1981) - L'amore è tutto qui (lato B missing)
Lady Day / If I Where - come Bobby Hart (45 giri, 1984) - both missing)


Bonus tracks
14. Io non posso crederti (brano originalmente presentato da Franco Tozzi a Sanremo 1966)
15. Colori (probabilmente incisa nel 1969)

Ho aggiunto come bonus due brani che non appaiono nella discografia ufficiale, ma sono pubblicati su Youtube.
That's all my friends. Aspetto i vostri feedback e, se possibile, i vostri contributi (anche se non sarà impresa facile reperire i singoli mancanti). Invece, per quanto riguarda i 33 giri, sono più che certo che qualcuno fra voi li possiede. Ci sentiamo nei commenti. 
Buon ascolto

Rinaldo Del Monte today

Post by George

Serie "Bootleg" n. 301 - Giorgio 'Fico' Piazza Band - Autumn Shades live (with bonus tracks)

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PREFAZIONE AL POST

Giorgio 'Fico' Piazza si è ritagliato il suo spazio tra le leggende del progressive made in Italy. La sua lunga carriera di musicista affonda le radici in un glorioso passato ad iniziare dall'avventura beat anni '60 de I Quelli alla fondazione della Premiata Forneria Marconi di cui fu il bassista nei primi due storici album, "Storia di un minuto" e "Per un amico" (e anche in "Photos of Ghosts" per essere precisi". Dopo decenni di silenzio e qualche rara ospitata come bassista in altri gruppi, dal 2016 Giorgio Piazza è ritornato prepotentemente sulle scene con una sua band, riproponendo, soprattutto, i vecchi classici della PFM dove lui stesso contribuì alla realizzazione. Nei corso dei suoi concerti non mancano i tributi ai Quelli e a Fabrizio De André (era Piazza il basso ne "La buona novella", insieme agli altri Quelli in odore pre PFM)). Finalmente, dopo innumerevoli concerti tenuti in lungo e in largo nella nostra penisola, nell'ottobre 2018 la Giorgio 'Fico? Piazza Band è entrata in sala di registrazione per realizzare l'opera prima. L'album si intitola "Autumn Shades", pubblicato dalla MaRaCash Records e registrato dal vivo (si sentono gli applausi a conclusione di ogni brano) negli Elfo Studios. Il disco riprende per intero le tracce dei due primi LP della PFM, con qualche arrangiamento qui e là,  inclusa una splendida versione di Grazie davvero. Nel nostro live quest'ultima è seguita da una seconda proposta di Impressioni, questa volta senza Annie Barbazza al canto.

La PFM degli esordi con Giorgio Fico Piazza
È un disco che parte da molto lontano, da quando Piazza fu ospite di un palco allargato per una occasione benefica creata da Paoli Siani (ex Nuova Idea). Il pubblico lo riconobbe e riversò su di lui un affetto inaspettato che dura ancora oggi. Giorgio ha intrapreso un progetto di rilancio del prog italiano, e non solo, evitando la creazione di una band composta da "vecchi leoni". Ha invece preferito farsi circondare da giovani talenti impegnati a rilanciare i magici suoni della storica Premiata Forneria Marconi. "Autumn Shades" per un nostalgico come me dei cari vecchi suoni della PFM, è semplicemente un disco magico.

La copertina di Autumn Shades
Ho scelto di proporvi l'album nella sua interezza, ma in versione "palco", completamente dal vivo, raccogliendo in rigorosa successione, così come le presenta il disco ufficiale, le 10 tracce che lo compongono, Si tratti di un collage di varie esibizioni live che spaziano dal 2016 ad oggi. Anche in questo concertone home made, tutto "stratosferico", avrete modo di ascoltare la splendida voce di Annie Barbazza (grande musicista, collaboratrice anche di Greg Lake) in Impressioni di settembre e nella cover di 21st Century Schizid Man (dove suona anche la chitarra). Concludo la premessa invitandovi a leggere questa intervista a Giorgio Piazza pubblicata sul sito "Open magazine" che troverete qui Ed ora lasciamo campo libero alla musica.

Annie Barbazza e Giorgio Fico Piazza on stage
TRACKLIST:

01. Appena un po'
02. Dove...quando (parte I - parte II)
03. La carrozza di Hans
04. Geranio
05. Generale
06. Per un amico
07. Il banchetto
08. Introduzione / Impressioni di settembre (feat. Annie Barbazza)
09. E' festa
10. Grazie davvero / Impressioni di settembre #2


BONUS CD
LIVE IN GENOVA - "PER FARE MUSICA"
3 febbraio 2017


TRACKLIST:

01. Presentazione
02. La carrozza di Hans
03. Per u amico
04. E' festa
05. Impressioni di settembre

Bonus tracks
11. Generale - version #2
12. 21st Century Schizoid Man (cover King Crimson - feat. Annie Barbazza)


Chiudiamo il post con un bonus CD che contiene la performance della Giorgio Fico Piazza Band al Club Angelo Azzurro di Genova il 3 febbraio 2017, in occasione della rassegna "Per fare musica". Quattro grandi classici che hanno due bonus track come appendice: una versione della crimsoniana 21 Century Schizoid Man, con Annie Barbazza alla voce e chitarra e una 2nd version di Generale. Per la cronaca Giorgio Fico Piazza suona il basso che fu di Greg Lake (regalo di quest'ultimo). Forse è proprio il basso che si ascolta nella versione originale dei KC di 21st Century.
E' tutto. Enjoy my friends. 


LINK CD 1
LINK BONUS CD

Post by George

Rinaldo Del Monte - 1979 - E' morta la paura (vinyl)

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TRACKLIST:

01. E’ morta la paura (Claudio Sorgi-Rinaldo Del Monte)
02. Il gallo (Adelmo Fornaciari-Giancarlo Lazzini-Rinaldo Del Monte)
03. Addio professore (Rinaldo Del Monte-Mario Rusca-Rinaldo Del Monte)
04. I sapienti del nulla (Claudio Sorgi-Rinaldo Del Monte-Mario Rusca-Rinaldo Del Monte)
05. Grida (Rinaldo Del Monte)
06. Il funerale del lavoratore (Sergio Bardotti-Chico Buarque de Hollanda-Joao Cabral de Melo Neto)
07. Il Natale del mondo (Claudio Sorgi-Rinaldo Del Monte)
08. Colori (Rinaldo Del Monte-Mario Rusca-Rinaldo Del Monte)
09. L’umanità corre  


L'amico Frank-One è come il genio della lampada di Aladino. Esprimi un desiderio e questo magicamente si avvera. La scorsa settimana, in occasione del post dedicato ai singoli di Rinaldo Ebasta, avevo lanciato un appello relativo alla ricerca dei 33 giri rari registrati dal cantautore emiliano negli anni '70. Mentre "Grida" del 1972 sembra veramente introvabile (ma non arrendiamoci, prima o poi qualcosa succederà), l'altrettanto raro vinile "E' morta la paura" del 1979 è uscito dagli sconfinati archivi di Frank-One. Non possiamo che ringraziarlo per il magnifico cadeau che, non vorrei sbagliarmi, è un "first time on the web". Il disco, pubblicato nel 1979 dalla Monitor, distribuita dalla RCA Italiana, non è mai stato ristampato, né in vinile né tanto meno in CD. Non conosco i nomi dei musicisti che accompagnano Rinaldo Del Monte (per l'occasione si è riappropriato del suo vero nome) nelle registrazioni. La voce di Rinaldo è molto bella, calda, intensa, in particolare nelle parti recitate, e i musicisti sono di ottimo livello. Tra i solchi fa capolino anche un flauto traverso, in odore prog. 
La maggior parte dei testi (nella tracklist ho indicato gli autori) sono stati scritti dal giornalista Claudio Sorgi, che ha curato anche la biografia inserita nel disco. Spicca il brano "Il gallo" scritto da un certo Adelmo "Zucchero" Fornaciari. La traccia 6 e invece la traduzione di un brano di Chico Buarque de Hollanda, originalmente intitolato "Funeral de um lavrador". Dall'album venne tratto, sempre nel 1979, un 45 giri contenente "E' morta la paura / Il gallo".
Sul blog "Le note di Euterpe"è pubblicata una buona recensione del disco che vi invito a leggere cliccando qui.
Non aggiungo altro. Vi lascio ascoltare questa rara gemma dimenticata.
Grazie ancora Frank-One. Alla prossima.



Post & words by George - Music by Frank-One

SERIE BIMBITUDINE VOL.4 + SERIE DOPPELGANGER n.19- Vinicius De Moraes ed altri- L'Arca- 1972

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TRACKLIST "L'ARCA"

01 L'Arca (Vinicius de Moraes - Sergio Endrigo - Ricchi e Poveri - The Plagues) 
02 Le api (Vittorio dei New Trolls - The Plagues) 
03 Il gatto (Marisa Sannia - The Plagues) 
04 Il pappagallo (Sergio Endrigo - The Plagues) 
05 La papera (Vinícius de Moraes - The Plagues) 
06 La foca (Vittorio dei New Trolls - Franco dei Ricchi e Poveri - The Plagues) 
07 La pulce (Vinícius de Moraes - The Plagues) 
08 La bella famiglia (The Plagues) 
09 San Francesco (Sergio Endrigo - The Plagues) 
10 L'orologio (Vinícius de Moraes - The Plagues) 
11 Il pinguino (Marisa Sannia) 
12 Piccinina (Vinícius de Moraes) 
13 La pulce (Sergio Endrigo) 45 giri bonus track
14 La papera (Sergio Endrigo e Vinicius de Moraes) 45 giri bonus track

Riprendiamo la Serie "Bimbitudine" con un must del genere, vale a dire "L'Arca", un lavoro collettivo uscito nel novembre 1972 e incentrato su alcuni testi scritti da Vinicius De Moraes, il grande poeta, autore e poi cantante brasiliano portato in Italia anni prima da quella immensa figura che fu Sergio Bardotti. 
"L'Arca" nasce come libro di poesie per bambini pubblicato in Brasile qualche anno prima da Vinicius De Moraes, comprendente anche la celeberrima "La casa"inclusa già nel '69 nel disco "La vita, amico, è l'arte dell'incontro" che aveva fatto incontrare, appunto, lo stesso "Vina" con un altro grande poeta come Giuseppe Ungaretti, e un cantante affermato come Sergio Endrigo, oltre un giovane chitarrista come Toquinho, che da lì in poi farà coppia fissa con Vinicius. Proprio sulla scia de "La casa"nasce in Bardotti l'idea di mettere in musica quei testi, quasi tutti riguardanti il mondo animale (fanno eccezione "L'orologio", "La bella famiglia" e la finale "Piccinina"). Per realizzare il lavoro vengono coinvolti Luis Bacalov che, come già in "La vita, amico..." arrangia e dirige l'orchestra, e una schiera di cantanti della scuderia Fonit Cetra: lo stesso Endrigo (che canta il brano che ebbe più successo, "Il pappagallo": 300.000 copie), The Plagues, Franco dei Ricchi e Poveri, Vittorio de Scalzi dei New Trolls e Marisa Sannia, oltre naturalmente i due brasiliani.



Musicalmente il disco sprizza fantasia in ogni pezzo: la fanno da padrone, chiaramente, i vari ritmi brasiliani, affiancati tuttavia da sapori bandistici e circensi e da afflati orchestrali dove si sente la mano felice di Bacalov, autore anche di alcune musiche (anche se la maggior parte sono firmate da Toquinho, e altre tre da Paulo Soledade).
Difficile segnalare i pezzi migliori, anche se, a parere di chi scrive, "La papera", "La foca", "La pulce" (che inizia con un singolare minuetto), "Il pinguino" e, naturalmente, "Il pappagallo", sono una spanna sopra le altre. A proposito di quest'ultimo pezzo, forse pochi sanno che nacque proprio da Paco, il pappagallo leggendario (vivrà ben 46 anni!) che Endrigo aveva portato a casa dalla tournée brasiliana del '68 che seguì l'affermazione sanremese (lo stesso aveva fatto Bardotti, ma il suo era morto poco dopo): racconta Claudia Endrigo (nel libro "Sergio Endrigo, mio padre", Feltrinelli) che una sera, a casa di Endrigo, "Vina" sente il suo pappagallo ripetere la frase "Povero Paco!" con la quale spesso cercava di impietosire qualcuno per avere da mangiare, e così scrisse di getto la canzone (cofirmatari poi Endrigo e Bacalov), un pezzo che, tra l'altro, nasconde un sottotesto politico che allude alla figura dello stesso Vinicius, costretto all'esilio dalla dittatura militare brasiliana: "Pappagallo brasiliano/ il Brasile è ormai lontano/ Tu che libero sei nato/ te lo sei dimenticato".
A ribadire sottilmente l'aria impegnata dell'epoca, che soffiava anche dentro un lavoro del genere, e a strizzare l'occhio ai genitori, c'è anche "La foca" in cui, in un allegorico scenario da guerra fredda, la foca italiana è messa alle strette dalla foca americana ("mezza bianca e mezza nera, laureata in ingegneria, biologia, in allegria e mia zia, e regala sigarette") e quella russa ("punta in aria una falce e un martello, op! ecco che cadono, che peccato!").

Molto bella la confezione apribile del disco originale, con le varie illustrazioni e un pieghevole a forma di ogiva che si estende e presenta i testi delle canzoncine.



A testimonianza del notevole riscontro che ebbe l'album, c'è la serie di 45 giri che, in un arco di ben due anni, ne furono estratti: Le Api/La Foca, L'Orologio/Piccinina, Il Gatto/ Il Pinguino, Il Pappagallo/S.Francesco, La Pulce/La Papera (in un'interpretazione di Sergio Endrigo inedita sull'album e che vi accludiamo come bonus tracks), L'Arca/La bella famiglia






In pratica, ogni pezzo del disco finì su 45 giri: se non è un record, poco ci manca. Da segnalare infine che nel 1975 uscirono due nuovi 45 giri (firmati De Moraes/Toquinho) con altri quattro pezzi a tema: Il porcellino/La civetta e L'aria/La Mosca (a tal proposito lanciamo un appello ai nostri fantastici lettori stratosferici: c'è qualcuno che potrebbe metterci a disposizione questi pezzi, così da rendere davvero completo questo post?).



"L'arca" da non confondersi con "L'arca di Noè" celebre e precedente 45 giri e poi LP dal vivo di Endrigo, ebbe un grande seguito tra i bimbi (e parecchi loro genitori) tanto da fare a sua volta da apripista a tutto un filone, nonché all'operazione "Ci vuole un fiore" (1974) che vedrà coinvolti Bardotti, Endrigo e Bacalov al lavoro sui testi di Gianni Rodari.

Il disco ha avuto diverse ristampe, prima in vinile (ma con confezione più spartana) e poi in CD, che per comodità riprendiamo (essendo uscito in Italia nel lontano 2004). Nessuna di esse contiene i pezzi inediti (o in altra versione) che vi abbiamo segnalato poco sopra.

Infine, consentiteci di segnalarvi questo Speciale della TV Svizzera in occasione del Natale 1972, dedicato alle canzoni per bambini di Vinicius De Moraes: veramente delizioso!








TRACKLIST "A ARCA DE NOE'" (1980)

01 A Arca De Noé (Chico Buarque e Milton Nascimento)
02 O Pato (MPB 4)
03 A Corujinha (Elis Regina)
04 A Foca  (Alceu Valença)    
05 As Abelhas (Moraes Moreira)
06 A Pulga (Bebel)
07 Aula De Piano (Frenéticas)
08 A Porta (Fábio Jr.)
09 A Casa (Boca Livre)
10 São Francisco (Ney Matogrosso)
11 O Gato (Marina) 
12 O Relogio (Walter Franco)
13 Menininha (Toquinho)
14 Final Orquestrado (Mazola)

Resta da chiarire il motivo per cui abbiamo inserito questo lavoro anche nella serie "DOPPELGANGER": il successo  del disco, pensato e prodotto, come abbiamo visto, in Italia, spingerà nel 1980 De Moraes, sempre in combutta con Toquinho, a pubblicare in Brasile un disco "fratello"(intitolato, tanto per fare ancora più confusione"A Arca de Noè"), coinvolgendo i suoi amici musicisti e cantanti, vale a dire il fior fiore della scena della MPB, da Chico Buarque a Milton Nascimento, da Elis Regina agli MPB4. Parliamo di disco "fratello" e non "gemello" perché nel passaggio tra Italia e Brasile in realtà cambia qualcosa: se restano in scaletta le versioni carioca di La Papera, La Foca (in una versione depoliticizzata rispetto all'originale italiana), Le Api, La Pulce, San Francesco, Il Gatto, L'Orologio, Piccinina, vengono cassate le altre a favore di nuovi ingressi: A Corujinha (La Civetta), Aula de Piano (Lezione di Piano), A Porta (La Porta), con il ripescaggio di A casa (La casa). Colpisce l'assenza de Il Pappagallo, considerando il notevole successo in Italia.



Curioso è anche il packaging di questo disco "fratello" brasiliano: al contrario di quello che si può vedere in rete, la copertina originaria esterna è del tutto bianca, con la scritta in basso "con todo o amor do Viniucius"scritta in blu. All'interno c'è una busta cartonata con i vari disegni colorati, con l'esplicita indicazione ai bambini di ritagliarli e incollarli sulla busta esterna, creando così la propria copertina personalizzata.


Addirittura nel 1982, a due anni dalla morte di "Vinà", come omaggio postumo di alcuni artisti, tra cui lo stesso Toquinho, uscirà anche un "A Arca de Noè 2" (che recupera tra l'altro O pingui (Il Pinguino), e O Porquinho (Il Porcellino). Una curiosità: in questo album postumo c'è un pezzo, O Pintinho (Il Pulcino), che vede come cofirmatari, oltre a Vinicius e Toquinho, anche i nostri Pippo Caruso e Sergio Bardotti: che sia un inedito de "L'arca"?

Con questo ultimo amletico dubbio vi saluto e auguro buon ascolto al bambino che è in voi.


Andrea "Sprassolati"

P.S.- Per coincidenza, diversi miei cari amici ed amiche hanno, in un brevissimo arco di tempo, avuto bambini, o li stanno per avere. Permettetemi quindi di dedicare questo post ad Annalisa e Niccolò (e al piccolo Michelangelo), a Giacomo e Marialuce (e al piccolo Alberto), a Marilena e Maurizio (e alla piccola Marilù) e a Sandro ed Elena (e al piccolo Rocco).
Buona vita!



Zauber - 1993 - Aliens

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TRACKLIST:

01. Katre Van Dih (flute – Dino Pelissero)
02. Paralleli (harmonica, keyboards – Claudio Bianco; viola – Rossella Negro)
03. Inuit
04. Addio
05. Walser Soap (oboe, recorder – Massimo Sartori)
06. Katia (cello – Gianni Boeretto; flute – Guido Tonino Bossi)
07. Aliens
08. '81 (Piano Solo)


FORMAZIONE

Mauro Cavagliato: bass, guitars, xylophone, glockenspiel, keyboards, backing vocals
Massimo Cavagliato - drums, percussion
Gianni Cristiani - flute
Liliana Bodini - lead vocals, backing vocals,chime
Oscar Giordanino - piano, keyboards

OSPITI

Claudio Bianco - harmonica, backing keyboards (2)
Gianni Boeretto - cello (6)
Guido Tonini Bossi - flute (6)
Rossella Negro - viola (2)
Dino Pelissero - flute solo (1)
Massimo Sartori - oboe


Ritorniamo ad occuparci dei miei amati Zauber, band torinese già ampiamente documentata nelle pagine della Stratosfera. Ne parliamo tirando in ballo il loro bellissimo lavoro intitolato "Aliens", pubblicato dalla Mellow nel 1994 che segue, dopo tre anni di silenzio, l'uscita di "Est" del 1991. Ricordiamo ancora in questa sede che "Phoenix" del 1992, conteneva vecchie registrazioni risalenti al 1977. Si tratta quindi del secondo disco della rinascita degli Zauber, con testi scritti dal leader storico Marco Cavagliato. Le otto tracce sono il naturale prosieguo della seconda parte di "Est", che risente di influenze classicheggianti e sonorità mid-80's, con tratti strumentali di ottima fattura. Come recita la cover interna del CD "quasi tutte le parti solistiche di Aliens sono state suonate con strumenti acustici tradizionali".
Il prog delle origini permane nella struttura del disco, grazie alla presenza delle tastiere di Oscar Giordanino e del flauto di Gianni Cristiani. E che dire della voce di Liliana Bodini, sempre intensa e calda?  Il tocco classic-prog trova la sua completezza con la presenza di strumenti quali violoncello, viola, violino oboe e flauto, suonati dai numerosi ospiti in studio. Un disco di grande intensità, dispensatore di emozioni. Magari fatelo girare un paio di volte sul pc e nel vostro lettore CD. Lo apprezzerete ancora di più.
Buon ascolto.


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Post by George

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