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Serie "Battiato & Friends Special Fan Collection" n. 50 - Speciale "L'Ottava... ma ora ora non lotta più" Vol. 1 - Saro Cosentino - 1988 - Saro Cosentino

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Intro by Captain: era da un po' che mi frullava in testa l'idea di recuperare l'esigua produzione musicale de L'Ottava, storica casa editrice fondata da Battiato nel 1985 che, oltre a una ristretta numero di libri filosofici,  pubblicò anche alcuni interessantissimi lavori di musicisti vicini al Maestro catanese. Sei gioiellini molto lontani dal concetto di musica commerciale (forse il più facilmente assimilabile è proprio quello di Cosentino) che, dimenticati ai più, in questi anni non sono mai stati ristampati. E da chi poteva arrivare lo spunto giusto, visto che siamo nell'universo Battiato, se non dall'amico Antonio LM, già amato e ormai storico blogger stratosferico, con il quale penso di aver sfondato una porta già spalancata. La locuzione "L'Ottava... ma ora ora non lotta più", usata scherzosamente da Antonio in una sua mail, è diventata, suo malgrado, il titolo della sottoserie, o miniserie se preferite, all'interno della ormai colossale "Battiato Special Fan Collection", che è diventata, se vogliamo, una vera e propria enciclopedia sulla carriera live (e non solo) dell'artista siciliano. Detto questo, mi eclisso e passo la palla al caro amico Antonio...


TRACKLIST :

1 - I vetri rosa della Casbah
2 - Viaggio chimico
3 - Gli amanti
4 - Immanuel Shalom
5 - A'Sciara - Fill (bonus track)
6 - A'Sciara - Marem (bonus track)


Musicista, produttore, autore. Dal blues degli esordi alla musica elettronica. Poi collaborazioni con i giganti della scena italiana e internazionale. Sue alcune liriche di brani celebri come "I treni di Tozeur" o "No time no space" di Franco Battiato e di alcuni gioielli sonori di Alice. Sua la produzione artistica di vari album del cantautore siciliano e di altri colleghi come Radiodervish, Milva, Ivano Fossati. Tra le tante collaborazioni, spicca quella con Peter Hammill e con molti altri artisti dell'area dei Real Word di Peter Gabriel. Insomma un artista di altissimo livello. Il suo esordio discografico avviene nel 1979 con la "Saro Cosentino entertainment blues band" di cui fanno parte Fabio Treves e Maurizio Angeletti.


Nel 1985 Battiato produce il 45 giri a firma del gruppo A'Sciara, composto proprio da Cosentino in collaborazione con l'arpista Vincenzo Zitello (altro nome di spessore). La musica celtica incontra l'elettronica per questi due brani che proponiamo come bonus track di questo album omonimo "Saro Cosentino".


Nel 1988 Battiato sceglie di editare 6 titoli coraggiosi di amici musicisti. Tra loro anche questo breve LP di Cosentino. Inutile nascondere le influenze che si celano tra i solchi del vinile. Il sound è quello di Battiato, i testi di Enrico Maghenzani (produttore di Battiato dal periodo della prima opera lirica "Genesi" fino a "L'ombrello e la macchina da cucire") pure. Come detto, sono 4 i brani di questo disco. Il primo e l'ultimo quelli che sembrano di maggiore rilievo. Non a caso furono questi ad essere presentati dal vivo nel corso della mi troppo lodata trasmissione "DOC" di Rai due. Qui è possibile rivedere una parte di quel programma in cui la musica era davvero protagonista, senza lustrini, classifiche, eliminazioni e x factor vari...


Qui il videoclip per la regia di Luca Volpatti:

  
I più attenti fan di Battiato noteranno frammenti vari estratti dai videoclip di Battiato dell'Era del cinghiale bianco... La qualità dei file audio non è ottima ma dignitosa. Risente di una digitalizzazione effettuata molti anni addietro. Buon ascolto... come sempre se lo vorrete. A.L.M.


LINK

 
Post by Antonio LM with a little Captain's breath


Graziani, Ron, Kuzminac - Q concert - Studio & Live (1980-1981)

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TRACKLIST:

01. Canzone senza inganni (Ivan Graziani, Ron, Goran Kuzminac)
Ivan Graziani (chitarra elettrica), Dino Kappa (basso), Goran Kuzminac (chitarra acustica), Fabio Liberatori (tastiere, synth), Ron (pianoforte), Gilberto Rossi (batteria)

02. Dada (Ivan Graziani)
Ivan Graziani (chitarre acustiche), Goran Kuzminac (coro), Piero Montanari (basso), Ron (coro), Derek Wilson (batteria)

03. Io ti cercherò (Ron)
Mauro Berardi (batteria), Ivan Graziani (coro), Kuzminac (coro), Fabio Liberatori (tastiere, synth), Sergio Portaluri (basso), Ron (pianoforte), Bruno Salmoni (chitarra elettrica)

04. Tempo (Goran Kuzminac)
 Ivan Graziani (chitarre elettriche, coro), Fabio Liberatori (tastiere, synth), Sergio Mocher-Sivi (batteria), Carlo Pennisi (chitarre elettriche), Sergio Portaluri (basso), Ron (coro) 


Nella prima metà degli anni '80 andavano di moda i Q-disc, nati dal "genio creativo" della RCA italiana, ovvero dei 33 giri in vinile contenenti di norma quattro brani, due per facciata, eseguiti da musicisti diversi. La produzione ebbe vita breve, dal 1980 al 1984. La lettera "Q" stava a significare "Quattro", cioè i brani contenuti nel mini LP, ma anche "Qualità", dal momento che la durata più breve dell'incisione consentiva una maggiore distanza tra i solchi e quindi una resa sonora migliore. Particolare non da poco, i Q-disc costavano (giustamente) la metà rispetto ad un normale 33 giri, dato che si ponevano a metà strada tra un 45 giri e un LP vero e proprio. Altre etichette discografiche, quali It, Numero Uno e Zerolandia, seguirono l'esempio della RCA italiana.  Ricordiamo che incisero dei Q-disc musicisti del calibro di Lucio Dalla, Bruno Lauzi, Francesco De Gregori, Renato Zero. L'elenco è ancora lungo.

Sulla scia dei Q-disc nacquero i Q-concert, contenenti sempre quattro brani di artisti appartenenti alla scuderia RCA che andavano in tournée insieme. Il primo Q-concert venne pubblicato nel 1980 e riuniva Ivan Graziani, Ron e Goran Kuzminac. Ne seguirono altri due, rispettivamente con Riccardo Cocciante, Rino Gaetano e i New Perigeo (1981) e con Kuzminac, Mario Castelnuovo e Marco Ferradini (1982). Poi la produzione terminò. In contemporanea, o quasi, all'uscita del Q-concert i tre musicista partivano in tour. I Q-concert vennero ristampati in CD dalla RCA solo nel 2004, mantenendo la stessa copertina e il prezzo ridotto.


Il primo Q-concert (scritto anche senza trattino), come ho ricordato prima, fu quello con Ivan Graziani, Ron e Goran Kuzminac e venne pubblicato nel 1980. Esaminiamo le quattro tracce. Il lato A si apre con un brano inedito, Canzone senza inganni, eseguito da tutti e tre i musicisti-cantautori. Seguono altri tre brani tratti dal loro repertorio solista, registrati però in versioni diverse rispetto a quelle originali, prova ne è che tutti e tre collaborano alle registrazioni dei brani altrui. Dada, di Ivan Graziani, era presente su "Viaggi e intemperie", Io ti cercherò di Ron appariva su "Una città per cantare", mentre Tempo nella sua versione originale era sull'album "Hei ci stai" di Goran Kuzminac. 

Ivan Graziani - Ron - Goran Kuzminac - Q concert 
Live in Campobasso 1981


TRACKLIST:

01. Una città per cantare - Ron
02. Firenze (Canzone triste) - Ivan Graziani
03. Hei ci stai - Goran Kuzminac
04. Pigro - Ivan Graziani
05. Angelina - Ivan Graziani
06. Nuvole - Ron
07. Mannaggia alla musica - Ron
08. L'uomo nel grano - Goran Kuzminac
09. Donna mia donna - Goran Kuzminac
10. Hai deciso tu - Ron
11. Dada - Ivan Graziani
12. Tempo -Goran Kuzminac
13. Io ti cercherò - Ron
14. Canzone senza inganni - Graziani, Ron, Kuzminac


MUSICISTI

Ivan Graziani - voce, chitarra
Ron - voce, chitarra, pianoforte
Goran Kuzminac - voce, chitarra

Con

Mauro Berardi -batteria, percussioni
Gilberto 'Attila' Rossi - batteria
Sergio Portaluri - basso
Bruno Salmoni - chitarra elettrica 


Ed ecco il trio Graziani, Ron. Kuzminac protagonista del Q concert live. Il concerto è stato registrato a Campobasso nel 1981 e i tre musicisti, sempre in contemporanea sul palco, presentano 10 brani tratti dai loro dischi solisti, da Una città per cantare di Ron alla trilogia Firenze, Pigro, Angelina di Ivan Graziani (è sempre bello riascoltare il grande Ivan), fino alla bellissima L'uomo nel grano di Goran Kuzminac. Le ultime quattro canzoni sono la riproposta live del Q-concert in studio. Chiude il concerto Canzone senza inganni, qui in versione dilatata, con una lunga coda strumentale ricca di assoli di chitarre e percussioni. In totale quasi 70 minuti di ottima musica, Il concerto è racchiuso in un unico file. E' tutto. Vi lascio con il consueto Buon ascolto.


Link Q-concert studio (1980)
Link Q-concert live (1981)

Post by George

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 18 - Asia live Teatro Lampugano, Milano, 19.10.1982 (1st italian tour)

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Questa volta i protagonisti della serie "Historic prog bands live in Italy" sono nientemeno che gli Asia, in questo spettacolare concerto del vivo che si è svolto a Milano, al Teatro Tenda Lampugnano, il 19 ottobre 1982. Si tratta del primo tour in assoluto degli Asia su scala internazionale, tour che toccò l'Italia per sole due date: Bologna, il 18 ottobre e Milano il 19 ottobre. La longevità di questo supergruppo ha quasi dell'incredibile. Formatisi a Londra nel 1981, tra alti e bassi, scioglimenti e reunion, cambi continui di formazione, è ancora oggi in attività. Pochi giorni fa, il 10 febbraio, è stato pubblicato "Symphonia", registrato dal vivo in Bulgaria nel 2013. Giusto per non farsi dimenticare. Qui troviamo gli Asia nella loro formazione originale, composta da due ex Yes, Steve Howe e Geoff Downes (quest'ultimo già membro dei Buggles, quelli del 'Video Killer'), un fuoriuscito dagli E.L.&P., Carl Palmer, e un ex King Crimson , John Wetton (a cui dedichiamo un ennesimo omaggio a seguito della sua recente scomparsa). Evito accuratamente di tracciare la lunga e tortuosa biografia degli Asia che troverete facilmente in una miriade di siti internet e che conoscerete tutti quanti, anche meglio di me. Diamo invece spazio alla musica.


TRACKLIST CD1:

01 Intro / Time Again 
02 Wildest Dream 
03 Without You 
04 Steve Howe acoustic set 
05 Midnight Sun 
06 Only Time Will Tell 
07 One Step Closer 
08 The Smile Has Left Your Eyes 


TRACKLIST CD 2:

09 Cutting It Fine I 
10 Cutting It Fine II 
11 Geoff Downes solo keyboards 
12 Here Comes The Feeling / 
13 Carl Palmer solo drums 
14 Sole Survivor 
15 Heat Of The Moment 


LINE UP

Geoff Downes - keyboards 
Carl Palmer - drums 
John Wetton - bass, vocals 
Steve Howe– guitars


Nel 1982 gli Asia pubblicarono l'eponimo primo album, pietra miliare nella loro lunga discografia, e intrapresero un tour promozionale che toccò Europa e Stati Uniti. La tracklist contiene praticamente tutti i brani contenuti nell'opera prima ad eccezione di due tracce, Midnight Sun e The Smile Has Left Your Eyes, una vera e propria anticipazione, dal momento che i due brani verranno inclusi nel secondo LP del gruppo, "Alpha", pubblicato nel luglio 1983. Nessuna concessione al passato, ad eccezione della parte acustica del solo Steve Howe (fantastiche versioni di Mood For A Day e The Clap), Chi si aspettava un revival degli Yes o degli Emerson, Lake & Palmer sarà rimasto deluso. Ma il nuovo corso intrapreso dagli Asia significava anche prendere le (relative) distanze dal passato. Il concerto è in ogni caso molto bello, con la voce di John Wetton sempre calda e potente, i tecnicismi di Steve Howe e il potente drumming di Carl Palmer. Forse trovo eccessive le concessioni alle tastiere, peraltro magistralmente suonate da Geoff Downes. E' giusto ricordare che il primo album degli Asia, nonostante l'incredibile successo di vendite (giunse al 1° posto nelle classifiche americane - Bilboard 200 - restandoci per ben  nove settimane consecutive), venne criticato da molti puristi del prog, per la virata verso un pop-rock più commerciale, seppur di altissimo livello. E qui la critica mi trova consenziente. Mi fermo qui per lasciarvi scaricare il concerto (la registrazione è ottima nonostante i suoi 34 anni) e pubblicare, bontà vostra,  qualche commento al riguardo.
Buon ascolto.




LinkCD 1
LinkCD 2

Post by George


Bulldog - 1976 - Explosive

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TRACKLIST :

01. Alleluja
 02. La Porta Dell'estate
03. Geronimo
04. Jennifer
05. Il Villaggio
06. Candida
07. In My Dreams
08. Chicken Every Day
09. A Man Before Your Time
10. La Cattedrale
11. Alleluja (Ripresa) 


Disco strano questo dei Bulldog, naturali discendenti dei Ping Pong, ma che nel complesso non va del tutto sottovalutato, se non fosse altro per l'estrema professionalità che trasuda. Ottimo l'attacco hard rock di "Alleluja", pezzo con evidenti influenze dei Queen e classicheggianti e che alla fine lascia un buon sapore in bocca. Si prosegue con l'inizialmente gradevole "La Porta Dell'estate", che però poi trascende velocemente verso sonorità troppo facili. Meglio va con il quinto pezzo, "Il Villaggio", che ricorda un po' il soft prog di gruppi come i Celeste, e con la bella ballad "In My Dreams". Sicuramente va citato anche il soft rock di "A Man Before Your Time", con un sapore west coast che poco a a che fare con l'italia, visto anche l'uso della lingua inglese (reiterato in diverse canzoni, come era uso anche negli album dei Ping Pong). Altra menzione, qui con lode per l'interessante "La cattedrale", con un ottimo lavoro di chitarra e flauto ed un bellissimo stacco musicale verso i 2/3 del pezzo, forse la canzone più prog dell'album. E gradevole è anche la chiusura con la ripresa di "Alleluja" che ci riporta idealmente all'inizio dell'album. Il resto, seppur indubbiamente ben suonato, prodotto e cantato, serve alla vendibilità del prodotto. Si va dalla dolcezza facile della ballad "Jennifer" all'Indian-dance di "Geronimo" (decisamente meglio avevano fatto gli Osage Tribe, alle cui sonorità qui veniamo decisamente riportati, al limite del plagio, ma è moda chiamarli omaggi, ascoltate questa e "Hajenhanhowa" e ditemi) alla demenzialità della, non so come dire, chicken-dance letteralmente a ritmo di coccodè di "Chicken Every Day". Alla fine, se tiriamo le somme, ben 6 brani su 11 sono degni di mezione, siamo quindi oltre il minimo sindacale del 50% (anche se di poco a dire il vero, l'ago della bilancia è spostato di un paio di grammi grazie alla reprise finale del primo brano, di un solo minuto di durata): abbiamo visto ben di peggio, per cui l'ascolto è consigliato...

I BULLDOG :

 Giorgio Bertolani (voce)
Mauro Falzoni (chitarra)
Celso Valli (tastiere)
Paride Sforza (sax, clarino)
Alan Taylor (basso, voce)
Roberto Poli (batteria)

Doveroso citare l'amico Augusto Croce, dal quale ho preso la formazione del gruppo e che ha dedicato qualche riga ai Bulldog su Italianprog: "Comprendendo la maggior parte dei componenti dei Ping Pong, questo gruppo ha seguito la loro abitudine di alternare con disinvoltura brani di rock e di pop commerciale. I Bulldog hanno pubblicato tre LP e molti singoli, perlopiù colonne sonore, intorno alla metà degli anni 70."


Post by Captain

Ciampini & Jackson - 1975 - Ciampini & Jackson - REUPLOAD with new bonus tracks

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TRACKLIST:

Side A
01  The Entertainers
02  A Song for Everyone
03  Nightmare
04  Fool's Calypso
05 The Continuing Legend of Icarus

Side B
06  Many Other Things
07  Pepperbox Express
08 Climbing Roses
09 Madame la Rue
10  Morning's Song

Bonus tracks - Live Sporting Club, Santhià, 1° maggio 1975 (open act Soft Machine)

11 The Entertainers
12. Hello Mary Lou


Il casuale ritrovamento della Mc contenente la registrazione originale del concerto dei Soft Machine allo Sporting Club di Santhià, oggetto di un post nella serie "Historic prog bands live in Italy", mi ha portato ad una piacevole scoperta. Ho ritrovato dopo più di 40 anni uno spezzone dell'open act di Ciampini & Jackson, due brani che non ricordavo assolutamente di avere registrato. Oddio, ad onor del vero gli sconosciutissimi Ciampini & Jackson suonarono quattro o cinque brani in tutto, ma per qualche ragione (forse proprio perché sconosciuti) mi limitai a registrare solo questi ultimi due. Si tratta di The Entertainers (qui annunciato come il prossimo 45 giri - che invece non venne mai stampato) e di Hello Mary Lou, ennesima cover del celebre brano di Ricky Nelson. Per non limitarmi a pubblicare due soli brani (seppur first time on the web) ho pensato di fare il reupload dell'intero disco, postato sulla Stratosfera nel 2013 ma con il link inattivo da tempo. Per la lettura della recensione dell'album vi rimando a quella pagina che troverete qui.

Le dieci tracce, raggruppate nelle due facciate, le ho rippate dal vinile originale, dal momento che l'album non è mai stato ristampato in CD. Sul disco Claudio Ciampini e Ronnie Jackson suonano le chitarre acustiche (oltre a cantare). Li accompagna Claudio Fabi alle tastiere.


Il reupload non include volutamente le bonus tracks presenti nel vecchio post, limitando la sfera dei brani presenti alla sola produzione del 1975 e creando così una "new edition" del disco.

Buon ascolto



Post by George

Serie "Bootleg" n. 232 - Pino Daniele - 1981 - Live Teatro Ariston, Sanremo

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First time on the web


TRACKLIST:

01. Terra mia / Appocundria / Putesse essere allero
02. Je so' pazzo
03. Un giorno che non va
04. Have you seen my shoes
05. Che te ne fotte
06. Napule è
07. Yes i know my way
08. Chillo è nu buono guaglione


FORMAZIONE

Pino Daniele - voce, chitarra
Rino Zurzolo - basso
James Senese - sax tenore
Tony Esposito - percussioni
Tullio De Piscopo - batteria
Joe Amoruso - tastiere


Dopo la scomparsa di Pino Daniele avvenuta poco più di due anni fa (era la notte del 4 gennaio 2015 quando i notiziari riportarono il triste evento) sul web sono spuntati come funghi numerosi concerti live, in particolare quelli del periodo '1981-82. Il team della Stratosfera ricordò la scomparsa di Pino Daniele con una serie di robusti post, riservando particolare attenzione allo storico "Vai Mò Tour" del 1981, dove Pino, grazie anche alla formazione che lo supportava, raggiunse l'apice della musicalità. Vi rimando alla rilettura di quelle pagine.

Bene, a distanza di due anni da quella data mi piace ricordare la grandezza di Pino Daniele attraverso la pubblicazione di questo concerto, di cui non ho trovato traccia sul web, se non per un paio di brani tra i quali Chillo è nu buono guaglione, posto a chiusura del concerto (l'ho preso dal tubo dato che nella mia registrazione era tagliato). Il recupero di questa registrazione è fortuito. Il ritrovamento di uno scatolone zeppo di cassette (le famose C60 e C90, molte delle quali con un po' di muffa sulla custodia) contenenti concerti live registrati un po' ovunque nel corso del tempo, mi ha portato a riscoprire questo concerto del 1981  trasmesso dalla RAI TV all'epoca. Sul web ho visto che qualcuno lo ha datato 23 (o 29) giugno 1981, ma non ho certezze al riguardo


La location è il Teatro Ariston di Sanremo e l'anno è sempre quello del "Vai Mò Tour". Peccato che la registrazione abbia in alcune parti un fruscio di sottofondo un po' fastidioso. La scaletta è bellissima, e spicca una lunga versione di Yes i know my way. Sono certo che perdonerete la qualità non eccelsa del suono a fronte di un documento inedito che fotografa il grande Pino Daniele in uno dei momenti più alti della sua carriera musicale.

Buon ascolto



Post by George

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 19 - Amon Duul II live in Viareggio, Piper 2000, 12.07.1972

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Ho scovato, non ricordo esattamente dove, questa registrazione piuttosto rara che fotografa gli Amon Duul II dal vivo nel 1972, anno d'oro per la band tedesca (provengono infatti da Monaco), uno dei momenti più alti della loro produzione discografica e concertistica. La registrazione li coglie al Piper 2000 di Viareggio il 12 luglio, in occasione del loro primo e unico mini tour italiano dell'epoca, che toccò due sole città: Viareggio, per l'appunto, e Firenze il 12 ottobre. Gli Amon Duul II ritorneranno in Italia solo in occasione della reunion degli anni 2000 anche in questa occasione per due sole date: il 20 settembre 2013 a Torino e il 9 agosto 2015 a Trieste. 


Mi fa piacere riscoprire questa storica formazione della scena musicale rock tedesca, un'istituzione, che come tutte le istituzioni ha avuto picchi di creatività e pericolosi scivoloni nella banalità. Sul finire degli anni '60 le vicende degli Amon Duul I e Amon Duul II si mescolano. Punto di riferimento unico è Chris Karrer, chitarrista, cantante, sassofonista, violinista, innamorato di John Coltrane e Ornette Coleman. Si converte al rock dopo avere ascoltato Jimi Hendrix in concerto. All'inizio lo stile degli Amon Duul (il nome unisce il concetto di sole degli antichi egizi e quello di luna in lingua turca) è un free rock che si miscela a sonorità hippie. I musicisti vivono in una comune per qualche tempo. Poi i diverbi per motivi politici e la divisione in due tronconi. In occasione del celebre Festival di Essen del 29 settembre 1968 si esibiscono due diverse formazioni, gli Amon Duul I e gli Amon Duul II. Saranno questi ultimi ad annunciare nel 1969 la scissione e a proseguire la carriera rock a tempo pieno. 


La formazione si stabilizza. La cantante Renate Knaup sarà la vera "perla" del gruppo sia in studio che nei concerti live. Gli Amon Duul II iniziano a sfornare una sequenza di capolavori: Phallus Dei (1969), Yeti (doppio, 1970), Tanz Der Lemminge (anch'esso doppio, nel 1971, che  a mio avviso resta il capolavoro assoluto della band), e ancora Carnival in Babylon e Wolf City (1972). Poi la parabola creativa inizia la sua discesa e con essa il declino del gruppo e dell'interesse nei suoi confronti. Gli Amon Duul continuano a realizzare dischi con regolarità, caratterizzati da un rock scontato seppur di buona fattura, ben lontano dal genio inarrivabile dei primi lavori. La reunion degli anni 2000, come spesso accade per queste iniziative nostalgiche, è assolutamente ininfluente. 


Questa registrazione del 1972 cattura gli Amon Duul all'apice della loro grandezza. I brani proposti sono tratti per la maggior parte da Yeti e Wolf City, quest'ultimo allora da poco pubblicato. Non mancano però tracce attinte da Tanz Der Lemminge e Carnival in Babylon. Per completezza di informazione ho indicato tra parentesi il titolo del disco da cui è tratto ogni singolo brano. Il concerto è semplicemente superbo, anche se la qualità della registrazione è scarsa. Resta in ogni caso una testimonianza sonora storica e imperdibile.

Vi rimando infine ad un interessante articolo dedicato a questo concerto, firmato da Ernesto De Pascale che troverete sul sito "Il popolo del blues"

Buon ascolto


TRACKLIST:

01. Archangels Thunderbird (da Yeti)
02. Eye-Shaking King (da Yeti)
03. Syntelmans March Of The Roaring 70ies (da Tanz Der Lemminge)
04. Shimmering Sand (da Carnival in Babylon)
05. Green Bubbled Raincoated Man (da Wolf City)
06. Wie Der Wind Am Ende Einer Strasse (da Wolf City)
07. Surrounded By The Stars (da Wolf City)
08. Soap Shop Rock (da Yeti) - a) Burning Sister
09. Soap Shop Rock - b) Halluzination Guillotine
10. Soap Shop Rock - c) Improvisation
11. Soap Shop Rock - d) Flesh-Coloured Anti-Aircraft Alarm


LINE UP

Chris Karrer - vocals, guitar, violin, sax
John Weinzierl - guitars, vocals
Renate Knaup - vocals, tambourine
Lothar Meid - bass, vocals
Peter Leopold and/or Danny Fichelscher - drums
Falk U. Rogner– organ




 

Post by George

Serie "Italian Covers" Vol. 7 - Speciale LEONARD COHEN in italiano

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LEONARD COHEN in italiano

Che il 2016 sia stato un anno tremendo per la musica, o almeno per alcuni degli artisti che più ci hanno riempito la vita, è ormai un’ovvietà da rotocalco, e anche il 2017, purtroppo, non sembra affatto volersi differenziare granché dal suo predecessore, se pensiamo alla recentissima scomparsa del Maestro Giusto Pio, braccio destro del nostro amato Franco Battiato degli anni d’oro.

Tra i grandissimi che se ne sono andati nel 2016, c’è anche, purtroppo, Leonard Cohen, personaggio affascinante e complesso, autore di canzoni immortali di incredibile densità poetica. E’ a lui che è dedicato questo post collettivo che, a più voci, cerca di far luce sul “nostro” Cohen, quello che nel corso degli anni è stato trascinato con amore nella nostra lingua, in virtù della passione di alcuni “adepti” e di un songbook che, per merito di composizioni toccate dalla grazia, si affianca a quello di Bob Dylan nell’Empireo della Canzone. Rispetto al menestrello di Duluth, che ebbe un impatto “popular” sulla cultura di massa, l’influenza di Leonard Cohen fu però più sottile, almeno presso il grande pubblico, ma assolutamente decisiva su alcuni dei nostri maggiori cantautori. Ciò nonostante, a fronte dell’opera di un autore davvero gigantesco, quando si va a tirare il conto, ci si accorge che a 50 anni esatti  dal suo primo capolavoro (Song of Leonard Cohen, 1967) non sono poi moltissime le versioni "ufficiali" in italiano delle sue canzoni, anche se il nostro lavoro collettivo di scavo e recupero ha potuto mettere in piedi una scaletta di tutto rispetto, con molti pezzi in più rispetto a quanto certifica la pagina di Wikipedia o lo stesso sito dei fans italiani di Cohen.

L’arco temporale va dal 1970 (con delle rarità davvero preziose) al 2016, con un “buco” dal 1983 al 1995, un lasso di tempo non trascurabile e forse anche significativo, se consideriamo che sono anni in cui la cosiddetta canzone d’autore se la passa mica bene. Prima di andare ad illustrare la scaletta di questo nostro omaggio all’autore di “Suzanne” e di tante altre meraviglie, in cui davvero è quasi impossibile discernere i confini tra poesia e musica (ammesso che ce/ve ne freghi qualcosa), è bene chiarire subito il nostro criterio metodologico: abbiamo volutamente escluso le cover in inglese (tra le quali, spiccano per quantità la stessa “Suzanne” e soprattutto “Halleluja”, che dopo la versione di Jeff Buckley è diventata il vero classico di Leonard Cohen), le versioni italiane smaccatamente amatoriali (il Tubo ne è gonfio), nonché le cover di cover, cioè le riprese della stessa traduzione, a meno che non siano ad opera di nomi significativi (è il caso di Mia Martini che riprende una versione italiana di De Andrè) o siano riletture successive dello stesso autore (il De Gregori de “Il futuro”). Abbiamo anche escluso, per questo post (ma non è detto che non se ne riparli), tre album-tributo (due di essi collettivi) usciti in forma privata o semi-privata, tutti grazie alla passione e alla forza propulsiva di Flavio Poltronieri, musicista veronese. Abbiamo incluso, tuttavia (e la inseriamo come bonus track del CD 2) una poesia “detta” da Emidio Clementi (leader dei Massimo Volume) e una dedica a Cohen a firma Roberto Vecchioni. Infine, un discorso (e un CD) a parte merita il raro album di Claudio Daiano,  “IO COME CHIUNQUE (SULLE TRACCE DI COHEN)”, che è il primo lavoro interamente dedicato all’adattamento in italiano di pezzi di Cohen (il secondo tribute-album coheniano al mondo, anticipato di un solo anno da un analogo lavoro francese). Ne parla, al termine di questo articolo, l’amico Frank-One che lo ha gloriosamente riesumato dai suoi archivi e lo ha rippato per noi.


TRACKLIST CD 1

1) A presto, Marianne(So long, Marianne) -  Francesco De Gregori& Giorgio Lo Cascio (live al Folkstudio, 24/1/1970
2) Suzanne (id) -  Giorgio Lo Cascio feat. Francesco De Gregori (live al Folkstudio, 24/1/1970)  
3) Un letto come un altro(Tonight Will Be Fine) -Francesco De Gregori feat. Giorgio Lo Cascio(live al Folkstudio, 24/1/1970)  
4) La ballata di Giovanna D’Arco(Joan of Arc) - Kamsin (1971)
5) Giovanna D’Arco(Joan of Arc) - Francesco De Gregori (inedita, anno sconosciuto)
6) Giovanna D’Arco (Joan of Arc) -Fabrizio De Andrè(versione 45 giri, 1972)
7) Suzanne(id) -Fabrizio De Andrè (versione 45 giri, 1972)
8) Giovanna D’Arco (Joan of Arc) -Fabrizio De Andrè (1974)
9) Suzanne(id) -Fabrizio De Andrè (1974)
10) Nancy(Seems so long ago, Nancy) -Fabrizio De Andrè (1975)
11) La regola d'oro(One of us cannot be wrong) - Luigi Grechi (1979)
12) La famosa volpe azzurra(Famous blue raincoat) -Ornella Vanoni (1980)
13) Suzanne(id) -Mia Martini (1983)


Si comincia subito alla grande, si diceva, con quattro pezzi rarissimi, di cui siamo debitori all’amico Vita Vita de “La bottega di Euterpe (ora Il Negozio)”: invitiamo i lettori a portargli idealmente, come segno della nostra imperitura riconoscenza, dei generosi barattoli di miele di rose. Lui capirà. Siamo nel piccolo e polveroso palco del leggendario "Folkstudio" di Gian Carlo Cesaroni: Francesco De Gregori, 19 anni, (fratello minore di Luigi, che ritroveremo tra poco) e Giorgio Lo Cascio (neanche diciassettenne!) sono ormai da qualche tempo di casa e spesso si esibiscono insieme alternandosi alle voci e agli strumenti in un repertorio misto che comprende le loro prime canzoni e riletture di Dylan, e appunto, Cohen di cui propongono tre brani da essi tradotti, tra cui la prima di numerose "Suzanne" che verranno nel tempo. Sono interpretazioni ancora acerbe, quelle immortalate da questo preziosissimo bootleg che vede ai bonghi anche Antonello Venditti, ma davvero si respira un'aria di gioiosa scoperta di un mondo poetico e musicale che poi i due (soprattutto il primo) sapranno sviluppare da lì a poco.


L’anno seguente vede la luce la prima incisione ufficiale di un pezzo di Cohen tradotto nella lingua di Dante. Si tratta de “La ballata di Giovanna d’Arco”tradotta (in tempo reale: l’originale è dello stesso anno) da Carlo Alberto Contini (un mestierante della canzonetta) e cantata da Kamsin. Come si legge nell’encomiabile Bottega di Euterpe del nostri amico Vito, apparve solo in un EP promozionale a uso commerciale (con tanto di voce dello speaker sovraesposta), ed ebbe quindi una diffusione e un’incidenza pressoché pari allo zero. Se l’arrangiamento è abbastanza aderente all’originale, non altrettanto si può dire dell’interpretazione di Kamsin che risulta alquanto enfatica. Ecco poi ancora il Principe in un'altra “Giovanna d’Arco” in una versione demo (probabilmente monca, visto che è assente la prima strofa) rimasta inedita e da qualche anno reperibile sul Tubo. Attenzione: anni dopo lo stesso artista scriverà una canzone omonima per Fiorella Mannoia, che tuttavia nulla avrà a che vedere con Cohen.


Da segnalare anche che, a quanto riporta lo stesso Lo Cascio nella sua storica biografia di De Gregori (“De Gregori”, Franco Muzzio Editore, 1990) oltre ai pezzi coheniani che qua riportiamo, De Gregori (probabilmente in sodalizio sempre con Lo Cascio), ai suoi esordi, aveva tradotto e cantato al Folkstudio anche “The Partisan” (registrata anche nel primissimo provino alla IT nel '71) e “Story of Isaac”, ma di questi pezzi non si è, al momento, reperita alcuna registrazione. Vale la pena forse di riportare un curioso aneddoto relativo al “culto” che di Cohen aveva la cosiddetta “scuola romana”: Cohen nel 1974 venne a Roma per presentare un suo romanzo, e ovviamente De Gregori, Venditti ed altri andarono ad ascoltarlo all’Università, dove si teneva l’incontro. Alla fine si fermarono a parlare e fecero amicizia, anzi il fascinoso canadese trovò modo di intortare un’amica strettissima di Venditti e per una settimana visse a casa sua, con Venditti che ogni tanto andava a trovarli, soprattutto, crediamo, per avere il songwriter tanto amato tutto per sé sottraendolo alle grazie dell’amica. Ricorda Venditti che una sera lo portò a sentire un recital di Piero Ciampi, che (incredibilmente) Cohen, eredità dei precedenti soggiorni parigini, già conosceva, e ammirava, come “Piero Litaliano” (tutta la storia la trovate QUI).

 
Ma torniamo a noi, e andiamo a (ri)ascoltare le interpretazioni della stessa “Giovanna d’Arco” e di “Suzanne” ad opera di Fabrizio De Andrè, che ebbe un certo ruolo nello sdoganare Cohen presso un pubblico più vasto. Prima dell’inclusione nei due  LP del ’74 e ‘75, De Andrè aveva dato di queste due canzoni una prima versione con diverso arrangiamento su un 45 giri del ’72 che qua testimoniamo.Ma se per “Suzanne”egli riprende pari pari il testo della prima versione, per “Giovanna d’Arco” ci sono alcuni aggiustamenti: uno piccolo, quando toglie “il manto” che aveva messo nel terzo verso in assonanza a “fianco” (bastandogli evidentemente quelle già in essere  con “Arco” e “cavalcando”), e uno più significativo quando espelle completamente l’ultima strofa. E’ probabile che fu lo stesso De Gregori  a indirizzare De Andrè, fino a quel momento debitore dei francesi (Brassens su tutti), allo stile allusivo della poetica coheniana. Tutto ciò avrà le sue notevoli ripercussioni sulla scrittura di alcune canzoni incluse in “Volume VIII” (che come è noto si avvarrà della collaborazione ai testi dello stesso De Gregori), dove, tra l’altro, è inclusa anche “Nancy” l’ultima sua cover di Cohen. A tal proposito, risulta molto interessante uno studio accademico, apparso sulla rivista di Letterature Comparate “Semicerchio”, in cui il prof. Paolo Divizia analizza le diverse traduzioni da Cohen ad opera di De Gregori e De Andrè, con tanto di confronto con l’originale (lo trovate QUI, ma anticipiamo che il genovese non ne esce benissimo), evidenziando anche le palesi influenze di Cohen che De Gregori dissemina lungo i testi delle sue canzoni autografe dei primi lavori. Da parte nostra possiamo forse aggiungere che possiamo rintracciare risonanze coheniane anche nei lavori successivi di De Gregori, dalle melodie di "La testa nel secchio" e "Parole a memoria" al testo e arrangiamento di "Per brevità chiamato artista".


 Nel 1979 arriva anche una riappropriazione di Luigi Grechi di "One of us cannot be wrong" che diventa "La regola d'oro". Stando a quanto riporta Enrico Deregibus, fu proprio il fratello maggiore di De Gregori il primissimo a portare da Londra a Roma l'album di esordio di Cohen, e quindi è forse lui che va doverosamente riconosciuto come fonte primigenia del culto coheniano in Italia. Scavalchiamo gli anni ’80, dove troviamo ancora una versione deandreiana di un classico come “Famous blue raincoat”. La canzone, ribattezzata “La famosa volpe azzurra” e co-firmata da Sergio Bardotti, è volta al femminile ed è affidata a Ornella Vanoni. Dopo la ripresa di “Suzanne” (sempre via De Andrè) nell’album dal vivo di Mia Martini, avremo, come detto, una dozzina di anni di stasi: sembra che Cohen, come tante altre cose, sia passato di moda, almeno presso i nostri cantanti, travolto da altri suoni, altri carnevali.


TRACKLIST CD 2

1) Non portartelo a casa se è duro(Don’t go home with your hand-on) - 
Marco Ongaro (1995)
2) Famous blue raicoat(id.) -Lalli (1998)
3) Il futuro(The Future) -Mimmo Locasciulli (1998)
4) Shrek alleluJah(Halleluja) -Francesco Baccini (2003)
5) Cantiamo un’altra canzone (Sing another song, boys) - Marco Ongaro (2004)
6) Diamonds in the mine(id) -Le Luci della Centrale Elettrica (2009)
7) La ballata della cavalla assente(Ballad of the absent mare) -Marco Ongaro (2010)
8) Ricordi(Memories) -Marco Ongaro (2010)
9) Lasciai una donna ad aspettare(I left a woman waiting) - Marco Ongaro (2010)
10) Chelsea hotel #2(id.) -Giulia Catuogno (2014)
11) Il futuro(The future) - Francesco De Gregori (2014)
12) Sister of mercy(id.) -Cisco (2016)
13) Alleluja(Halleluja)-Marco Ongaro (2016)
14) BONUS TRACK - Come si dicono le poesie - Emidio Clementi (2009)
15) BONUS TRACK - Leonard Cohen - Roberto Vecchioni (1989)


Il silenzio (che noi sottolineiamo nel passaggio da CD 1 a CD 2), viene interrotto da Marco Ongaro, cantautore talentuoso, fratello minore solo cronologicamente dei grandi che abbiano già incontrato. L’autore veronese nutre una vera e propria passione per il mondo dell’autore di “Suzanne” e nel ’95 propone la prima delle cinque riappropriazioni che costelleranno la sua carriera, con scelte niente affatto banali quali “Don’t go home with your hand-on” dal chiaro significato erotico (assai poco dissimulato), "Ballad of the absent mare"(che nella versione di Ongaro si svela luminosamente come fonte dell'(ennesimo) plagio deandreiano/buboliano di "Una storia sbagliata", come giustamente rileva Frank-One nel suo scritto sottostante), e poi "Sing another song, boys" e "Memories", per chiudere con la recentissima rilettura di un pezzo nel frattempo diventato classico come “Halleluja”, di cui dà una versione encomiabile, facendo giustizia della precedente “Shrek Alleluia” di Francesco Baccini, che nel 2003 aveva  completamente riscritto un nuovo testo (che nulla aveva a che vedere con l’originale), debolino assai, collegato al noto personaggio del film d’animazione.


In mezzo potete ascoltare un’altra versione, da brividi, di “Famous blue raincoat” ad opera di Lalli (storica voce dei Franti e di altre formazioni fieramente underground) che mantiene il titolo originale, ma appronta una nuova traduzione che lascia l’io narrante maschile (il sax è quello di Stefano Giaccone, anch’esso ex Franti). Poco conosciuta è la versione italiana di “Diamonds in the mine” de Le luci della centrale elettrica, nome di punta della scena indipendente odierna. Uscì nel 2009 nel tributo collettivo “Stranger music” in cui alcuni nomi dell’indie nostrano (tra cui l’Emidio Clementi che troverete nella bonus track del CD 2) omaggiavano l’arte di Cohen.




Sempre tra le bonus track finali abbiamo inserito come tributo a Leonard Cohen (e a parziale risarcimento del "buco" temporale tra '83 e '95) la canzone omonima di Roberto Vecchioni, incisa nel 1989, che nella melodia ricalca lontanamente "Suzanne" e nel testo si avvicina a "Chelsea Hotel #2", di cui forniamo anche la recente versione italiana della giovane Giulia Catuogno.


Lo scorso anno, poco prima della già citata rilettura di "Halleluja"data da Marco Ongaro, c'è stata poi la ripresa in italiano, nonostante il titolo rimasto immutato, di "Sister of Mercy" (un pezzo ancora non volto nella nostra lingua) per mano di Cisco, ex frontman dei Modena City Ramblers. Due parole infine su “Il futuro”, rilettura di un brano altamente drammatico che rilancia Cohen negli anni ’90. E’ ancora De Gregori a mettere penna nella traduzione ed a affidarlo a Mimmo Locasciulli per il suo omonimo album di covers di songwriters (ci sono anche Neil Young, Elvis Costello, Bob Dylan, Tom Waits…). Tempo dopo l’autore decide di riappropriarsene e proporla come inedito nel suo “Vivavoce”.


Ma basta parole, è ora di indossare tutti il nostro vestito migliore per l'amore, e rendere grazie all’arte di Leonard Cohen ascoltando in questi 3 CD alcuni dei suoi capolavori tradotti/traditi in italiano, alcuni dei quali per la prima volta disponibili in rete.

A nome di tutti vorrei ringraziare, per l'aiuto e i consigli, ancora Vito Vita e Marco Ongaro.


LINK Cd 1
LINK Cd 2


CD3EXTRA:
CLAUDIO DAIANO alias CLAUDIO FONTANA
IO COME CHIUNQUE (Sulla pista di Cohen) 1974


TRACKLIST :

1) Tu sai chi sono io (You Know Who I Am)    
2) Mi straccerai (Tonight Will Be Fine)   
3) Non trovo il modo di andarmene (Hey, That's No Way Say To Say Goodbye) 
4) Sembra tanto tempo fa, Nancy (Seems So Long Ago, Nancy)  
5) Maestri (Teachers)       
6) Il macellaio (The Butcher) 
7) Uno di noi non può sbagliare (One Of Us Can Not Be Wrong)        
8) Come un uccello su un ramo (Bird On The Wire)    
9) Passerà (Passing Through)   
10) Il partigiano (The Partisan)


Ho aderito con sincero piacere quando mi è stata proposta una raccolta (no, vi prego, compilation non riesco proprio a dirlo) delle cover italiane di Leonard Cohen, scomparso poco tempo fa. Avendo la fortuna di possedere l’album che, per primo, è stato interamente dedicato al maestro canadese nel lontano 1974 da Daiano, mi sono offerto di condividerlo con Voi, amici della StratoSfera, con l’intento di dare qualche notizia ed indicazione anche sull’autore. E qui ahimè ho però avuto una delusione incommensurabile: sovente, nelle note che accompagnano i post da me pubblicati, ho citato fonti, de me spesso definiti “testi sacri”, che altri non sono che libri da me acquistati sia all’epoca, sia successivamente, nei quali i vari autori (Castaldo, Assante, Luzzato Fegiz, G.G.Monti, Madeddu, Manconi, Liperi e potrei proseguire a iosa) scrivono, trattano e dissertano sulla musica italiana dagli anni 60 fino ad oggi per i più recenti. Ebbene, non ho trovato nulla, nulla, e ancora nulla su Daiano, eccezion fatta per la cara Wikipedia, che mi trovo mia malgrado a dover utilizzare come unica fonte, e proprio per questo non tedierò con una biografia globale, bensì solo alcuni accenni che potrete eventualmente integrare voi stessi qualora lo desideriate.


Orbene, Claudio Fontana in arte Claudio Daiano, meglio noto col solo nome di Daiano, nasce a Cervia, classe 1945, e muove i primi passi musicali con gruppi del luogo, per poi trasferirsi a Milano negli anni 60 e frequentare l’università, dove ha i primi contatti col mondo della musica mettendosi in luce come paroliere nonché traduttore. Incredibile la produzione di brani famosi che hanno avuto successo, ma che sono certo ben pochi sappiano avere lui come autore : da "J'e t’aime... moi non plus" all’ "Isola di Wight" (Dik Dik), da "Un pugno di sabbia" (Nomadi) a "Sei bellissima" (Loredana Bertè).

Nel 1974 pubblica un album interamente dedicato a Leonard Cohen, con 10 cover del cantautore canadese, da lui tradotte in solitaria eccezion fatta per "Il Partigiano" (The Partisan) per la quale si servì della collaborazione di Bruno Lauzi. Per quanto riguarda i brani direi, se ben ricordo gli originali da me ascoltati molti anni orsono, che sono resi in forma meno acustica, accompagnati da arrangiamenti più elettrici ed energici. La copertina è molto bella, un gatefold in cartoncino marrone poroso con una foto intrigante che rappresenta un bimbo con i pantaloni abbassati e su un muro una strofa di una canzone di Cohen tradotta. Sul retro un disegno rappresentante lo stesso Cohen con resa bicromatica. All’interno altro bel disegno in stesso stile e sulla facciata di sinistra i testi in italiano, dove ritengo poco felice la scelta del colore marroncino chiaro su sfondo marroncino scuro. Potete rendervi voi stessi conto tramite le foto che allego delle difficoltà nel leggerli. Altra caratteristica di questo album, come del successivo del 1982 "I ragazzi di città", è la totale assenza dei nomi dei musicisti che hanno suonato, non una riga, non un nome, non un cenno, benché non credo (ripeto: non credo) che si trattasse di una “one man band”. 


Alcune curiosità sui brani : "Uno di noi non può sbagliare", versione italiana di "One of us can not be wrong", è stata anche pubblicata da Luigi Grechi col titolo "La regola d’oro" nell’album "Come state". Inoltre nel brano "Il Partigiano"è presente anche l’ultima strofa che Cohen aveva eliminato nelle sue incisioni, per essere presente nella versione cantata successivamente da Joan Baez"Come un uccello su un ramo" (Bird on the wire) dà lo spunto per la frase scritta sul muro, presente nella copertina, alla quale facevo prima menzione. Infine anche un’altra nota cover, "Nancy" di Fabrizio De Andrè, qui è presente con la letterale traduzione come titolo: "Sembra tanto tempo fa, Nancy" (Seems so long ago, Nancy).

Una curiosità è l’errore commesso da Claudio Fontana, appunto Daiano, in un commento su Youtube in merito ad una trasmissione Rai su Leonard Cohen: qui lui dà una spiegazione del perché non abbia avuto mai passaggi televisivi, si autodefinisce:”Un pessimo prostituto del mondo televisivo” , e fa menzione del suo lavoro:”Io come chiunque sulla SCIA di Cohen”, e non "sulla pista "come da titolo corretto :


Sinceramente non mi sovviene null’altro sull’album "Io come chiunque", parlando di Daiano invece posso dirvi che ultimamente l’ho visto in compagnia di Ricky Belloni (Nuova Idea, New Trolls, ecc.) in previsione di collaborazioni future. 


Vorrei lasciarvi con alcune simpatiche notizie da me trovate qua e là riguardanti Cohen e la sua opera in Italia: De Gregori pur avendo inciso poco di Cohen si è sempre dichiarato suo fervente ammiratore, tanto da inserirlo anche nel testo di una delle sue prime canzoni : In mezzo alla città (una vestaglia, vini di Creta, dischi (... quel che mi hai dato...) di Leonard Cohen (... io...) le mie canzoni, le mie scenate comiche (... quel che ti ho dato...). Anche Massimo Bubola ha reso omaggio Leonard Cohen dopo la sua morte, traducendo e cantando sia "Suzanne" che "Famous Blue Raincoat" dal vivo, come da lui dichiarato in un’intervista in "Talkin’ ‘bout Cohen". Ah, averne il supporto sonoro che meraviglia sarebbe!

Ultima nota, nell’unico lavoro mai commissionato a Fabrizio De Andrè, ovvero una canzone che potesse essere inserita in un lavoro RAI su Pierpaolo Pasolini, che diede alla luce "Una storia sbagliata", a nome De Andrè - Bubola, lo stesso dichiarava che gli autori fossero appunto lui, Massimo Bubola ed “un piccolo aiutino da parte di Leonard Cohen”, ed infatti sono molti i richiami al brano "Ballad of the absent mare". Qui ve la propongo e chi conosce "Una storia sbagliata" potrà divertirsi in una sorta di “Trova le differenze”:


Bene, spero il tutto sia stato di Vostro gradimento, buon ascolto e soprattutto buona salute a tutti. FRANK - ONE 

LINK Cd 3

Post  by Andrea de "Gli Sprassolati"& Frank One, stratospherisation and covers by Captain
 

Ping Pong - About Time (1971) & Ping Pong (1973)

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Affrontare un nuovo post dopo il monumentale tributo a Leonard Cohen è quasi imbarazzante. Mi limiterò ad una proposta soft, ispirato dal recente lavoro di Captain Robi dedicato ai Bulldog. Il disco in questione mi ha fatto venire voglia di riscoprire i primi due album dei Ping Pong, formazione pre-Bulldog, album che ancora mancavano sulla Stratosfera. Nonostante il nome orrendo, che evoca la "bubble gum music" spazzatura e la altrettanto orrenda copertina (parlo di About Time), i due dischi dei Ping Pong, targati rispettivamente 1971 e 1973, pur non essendo dei capolavori, sono godibili e ben si inseriscono nel filone prog inizio anni '70. Vale la pena ricordare che il fondatore del gruppo fu Alan Taylor, ex bassista dei Casuals, scomparso a Bilogna nel 2011. Riporto quanto letto in giro per il web, ovvero che il gruppo, con il nome The Eden Rocs, nel 1970 incise un primissimo album pubblicato solo in Grecia (?) da una piccola etichetta, intitolato "Reggae and Hard Rock". E qui parte l'invito diretto agli amici collezionisti della Stratosfera. Se lo possedete fatevi vivi. Lo posteremo molto volentieri. Tornati in Italia e cambiato nome in Ping Pong incidono i due album  oggetto di questo post. Nel 1975, cambiato nuovamente il nome in Bulldog, e per tre anni, fino al 1978, pubblicano tre LP e una scarampola di 45 giri. Ma questo è già stato scritto, quindi vi rimando al post del nostro Capitano.

Alan Taylor (il primo a sx) con i Casuals

Ping Pong - 1971 - About Time


TRACKLIST:

01. About Time (3:47)
02. You and Me (4:04)
03. Dark Morning Skies (2:40)
04. Daft (3:32)
05. Confusion (3:03)
06. Drinking (3:46)
07. Someway (2:42)
08. Banshee (2:46)
09. Diamond Seller (2:41)
10. Funny Wife (4:20)


FORMAZIONE

Mauro Falzoni - chitarra, voce
 Celso Valli - tastiere
 Paride Sforza - sax, flauto, clarino
 Alan Taylor - basso, voce
 Vittorio Volpe - batteria

guest

Alan King - sax

La versione stereo 8 con differente copertina
Già dal brano di apertura, sorretto dal flauto "andersoniano" di Paride Sforza (curiosamente il flauto, strumento dominante nel disco, nelle diverse discografie non viene attribuito a nessun musicista, quindi per deduzione, lo attribuisco io a Sforza, essendo il fiatista del gruppo) ci rendiamo conto di trovarci davanti ad un ottimo progressive rock, dove chitarre acustiche, tastiere, fiati si amalgamano per sfornare quelle sonorità a noi tanto care, anche con qualche spruzzate di jazz che fa capolino tra i solchi. Il brano conclusivo, Funny Wife, con il sax sfavillante del solito Paride Sforza e l'assolo di batteria di Vittorio Volpe chiude in bellezza questa prima creatura di Taylor & Co. I testi sono in inglese, ma questo nulla toglie alla originalità del disco. I Ping Pong non furono sicuramente i soli a proporre brani in inglese, a cominciare da molti gruppi "maggiori" della scena prog nazionale. L'album venne pubblicato nel 1971 dalla piccola etichetta Emiliano Records. Non mi risulta che sia stato ristampato in versione CD.

Ping Pong - 1973 - Ping Pong


TRACKLIST:

01. Il miracolo (4:22)
02. Plastica e petrolio (3:41)
03. Cresciuta in un paese (3:36)
04. Il castello (3:46)
05. Il villaggio (2:28)
06. Suite in 4 tempi (10:01)
07. Viene verso di me (4:28)
08. Caro Giuda (A Time For Winning) (3:15)


FORMAZIONE

Mauro Falzoni - chitarra, voce
 Celso Valli - tastiere
 Paride Sforza - sax, flauto, clarino
 Alan Taylor - basso, voce
 Vittorio Volpe - batteria
Giorgio Bertolani - voce


Il secondo e ultimo disco dei Ping Pong, pubblicato nel 1973 dalla piccola etichetta Spark, vede un mutamento di rotta piuttosto significativo. Al di là dei testi cantati in italiano e l'ingresso del cantante Giorgio Bertolani, cambiano anche i suoni: la svolta è quella di un pop più commerciale che pregiudica la strada intrapresa con il primo album. L'insicurezza e la ricerca di nuove e diverse strade porta all'elaborazione di un disco piuttosto confuso e disomogeneo (e qui concordo con le critiche rivolte a questo prodotto) che tradisce la strada prog poco prima intrapresa, anche se permangono echi di quel luminoso passato. Più spazio al pianoforte e alle tastiere, alla chitarra elettrica e al sax in un pot-pourri di suoni che attraversa con disinvoltura la canzone, il jazz e il rock duro. Dal disco vennero estratti anche due singoli, Caro Giuda (versione italiana di Time For Winning dei Blue Mink, con testi di Roberto Vecchioni) nel 1973 e Il miracolo nel 1974. Nessun inedito sul lato B dei 45 giri. Il disco è stato ristampato in versione CD dalla Mellow nel 1995. 


Qui potrete trovare due ottime recensioni di questo album. La prima su John's Classic Rock, la seconda sul blog Aspierina C.

E' tutto. Buon ascolto.

Link About Time 1971
Link Ping Pong 1973

Post by George

Daiano - 1982 - I ragazzi di città

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 TRACKLIST :

 01 La strada
02 Posta aerea
03 Sogno di un nano
04 Ti faccio volare
05 I ragazzi di città
06 Un provino per Barbarella
07 Il cane parlante
08 Fuorilegge
09 Sballo (Bonus track)
10 Non mi sparo più (Bonus track)



Dopo il bel post, seppur il mio parere sia "leggermente" di parte, sulle cover italiane di Leonard Cohen, avrei pensato come forma di ringraziamento a Claudio Fontana o meglio a Claudio Daiano, la pubblicazione di un post veloce e di facile ascolto,  proponendovi il suo secondo album uscito ben 8 anni dopo Io come chiunque, quindi nel 1982 dal titolo I ragazzi di città. Come dicevo nel post precedente, anche in questo lavoro non una parola sui musicisti, ma solo un'accattivante e ben studiata copertina con all'interno un inner ed i testi. Testi veramente importanti, che trattano di argomenti di non facile e non leggera trattazione : "Ti faccio volare" (la droga), "I ragazzi di città" (l'integrazione delle periferie), "Un provino per Barbarella" (l'illusione e la violenza su una giovane), "Fuorilegge" (la scelta quasi obbligata di un giovane che non riesce ad avere una vita normale). Le musiche sono piacevoli, seppur leggere, a me ricordano molto il Radius post "Carta straccia", ma questo è un parere assolutamente personale.



Non vi tedierò con le poche notizie che ho trovato su Wikipedia inerenti Daiano, anche perchè ripeterei quanto già scritto, invece come bonus tracks vi regalo il 45 giri "Sballo / Non mi sparo più", pubblicato nel 1978, quindi a cavallo tra i due lavori.


Cari amici, i migliori auguri di buon ascolto e soprattutto come sempre, buona salute a tutti. Frank-One


Post by Frank-One with little Captain's help

Albergo Intergalattico Spaziale (same) - 1978 & Angeli di solitudine (provini inediti 1974-96) - 2009

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Albergo Intergalattico Spaziale è la creatura di Giacomo Di Martino, detto Mino, che vanta una straordinaria carriera artistica. Prima con il gruppo beat Gli Amici, quindi chitarrista con I Giganti, poi nel Supergruppo (con Ricky Gianco, Victor Sogliani e Gianni Dall'Aglio) e ancora nel Telaio Magnetico insieme a Franco Battiato, Juri Camisasca, Roberto Mazza e Lino Vaccina con i quali registra il leggendario "Live '75". Nel Telaio Magnetico fece la sua apparizione anche l'attrice Edda "Terra" Di Benedetto, all'epoca moglie di Mino Di Martino. Evidentemente le esperienze sonore del Telaio Magnetico lasciarono una traccia profonda nei due, tant'è che nel 1978 fondarono l'Albergo Intergalattico Sperimentale (dal nome di un locale aperto a Roma dalla coppia, che proponeva concerti live di musica underground). 

Mino Di Martino, evidentemente già profondo conoscitore ed estimatore della musica cosmica tedesca, passò a suonare le tastiere e a comporre musiche sperimentali, elettroniche sorrette dal canto, o meglio dai vocalizzi (niente a che vedere con gli orrori di Yoko Ono) di Terra Di Benedetto. Una serie di tracce e di provini registrati nel corso del 1975 presero forma per poi confluire tre anni più tardi, nel 1978, nell'album eponimo, unico vero prodotto della scarna discografia del duo.

Albergo Intergalattico Spaziale - 1978 - Same


TRACKLIST:

01. Live Pistoia  7:58  
02. Phasing  2:31  
03. Senza titolo  2:30  
04. Tastiera solo  5:21  
05. Improvvisazione  4:46  
06. 4 tracce  4:48  
07. Variazioni su 'Angeli di solitudine' 7:20  
08. Sabbie vergini   2:05
09. Hymalaya (bonus track)  4:25


FORMAZIONE

Mino Di Martino - tastiere, voce
Terra Di Benedetto - voce


Disco interamente autoprodotto, pubblicato dall'etichetta LDM in poche centinaia di copie, ha una copertina assolutamente originale: si tratta di uno scatto fotografico effettuato durante una manifestazione antinucleare. Nonostante ci si trovi di fronte ad un album sperimentale, dominato dal suono del synth e delle tastiere, con la bella voce di Terra Di Benedetto a farcire le 10 tracce, il disco scorre senza particolari difficoltà. I suoni liquidi, delicati, evocano indubbiamente i maestri che hanno influenzato Di Martino, dal Franco Battiato più sperimentale ai grandi innovatori del krautrock della prima metà degli anni '70. I titoli dei brani danno un'idea della provvisorietà che permea l'intero lavoro: Senza titolo, Tastiera solo si commentano da soli. Improvvisazione non è altro che una rivisitazione in chiave elettronica e vocale del celebre "Inno alla gioia" di Beethoven. Il disco è stato ristampato due volte in versione vinile, dalla Psych Out nel 2001 (in sole 300 copie) e dalla Markuee/LDM nel 2011,ancora in sole 300 copie. In entrambe le ristampe è stata inserita una bonus track, Hymalaya. Il CD è stato invece realizzato dalla Musicando nel 1994, sempre con il brano aggiutivo. La versione che ho postato è tratta dalla prima ristampa in vinile.



Albergo Intergalattico Spaziale - 2009 - Angeli di solitudine (provini inediti 1974-96)


TRACKLIST (con descrizione delle singole tracce)

01 Luna di marzo 4:31
(il brano è ispirato ad un racconto di E.A. Poe, I provini sono stati registrati a Roma nel 1977. Questa versione, registrata a Milano nello Studio Radius nel 1980, è stata arrangiata con la collaborazione di Franco Battiato. I musicisti sono Giusto Pio al violino, Alfredo Golino alla batteria e Mino Fabiani al basso)  

02 Marte 2:33 
(Marte, Oltre la morte, Silenzio mondi, Sideree isole, Irradia trottole e specchi poesia sono frammenti di "Nostalgia del Paradiso", poema scientifico e filosofico ispirato dalla potenza delle leggi cosmiche, dedicato a Keplero. Registrazioni del 1983) 

03 Stella 3:13 
(registrazione privata effettuata a Roma nel 1982)

04 Esodo 4:45
(poema scritto nel 1974, registrato più volte nel corso del 1978-79. Questa versione è stata registrata nello Studio Cenacolo di Roma nel 1980)

05 Luce di stelle siamo oltre la morte 2:45  
06 Angeli di solitudine 4:33
(poesia esoterica dedicata a Max Ernst, risalente al 1971. Il brano è stato registrato a Roma, nello studio Jimmy Fontana, nel 1975)

07 C'incontreremo 1:45  
(preghiera poetica dedicata a Gilbert Levesque. Registrazione privata risalente al 1981)

08 Silenzio mondi  0:43  

09 Giglio di novembre 3:43 
10 Movimenti senza eventi 3:59  
("Triade erotica maledetta", poetica sonora. Registrazione privata effettuata a Roma nel 1981)

11 C'è uno strano fiore 3:00  
(poesia esoterica visionaria ispirata a W. Blake. Il brano è stato registrato nello Studio Pomodoro di Roma, nel 1979, con Giusto Pio al violino e Gianfranco Benigni al violoncello)

12 Lo scorpione 2:24  
("Triade del sogno e del terrore", poetica sonora. Brano registrato nello Studio Pomodoro di Roma, nel 1980. Gianfranco Benigni al violoncello)

13 Il Sole sembra la Luna 0:45 
(brano scritto nel 1961. Registrazione privata risalente al 1981)

14 Sideree isole 0:29 

15 Il tempo gira 4:27 
(ne esistono varie tracce registrate nel corso del 1976. Questa versione è stata registrata nello Studio Cenacolo di Roma nel 1977, con Franco Battiato alle tastiere e coro)

16 Irradia trottole e specchi poesia 4:43
(il brano è stato registrato dal vivo a Bologna nel 1996, con Mauro Remiddi al pianoforte e Jerry Cutillo al flauto)   

17 Centrale nucleare  1:34  
(monito a non dimenticare il plutonio occultato sul pianeta, nascosto agli occhi e alla coscienza)

Bonus track
Terra - Angeli e dinosauri (45 giri, lato A, 1982)


Ci ricorda Augusto Croce sul suo blog Italian prog che il duo, subito dopo l'uscita del disco e per buona parte degli anni '80, proseguì con le sperimentazioni, esibendosi anche dal vivo. Mino Di Martino ha anche scritto  intorno alla metà degli anni '90, uno spettacolo teatrale, "Le campane del gloria",  basato sulle poesie di Pier Paolo Pasolini, con l'aiuto dell'ex componente degli Stormy Six, Tommaso Leddi. Terra Di Benedetto realizzò nel 1982 un singolo a nome "Terra" per l'etichetta It, con Angeli e dinosauri sul lato A (qui incluso come bonus track). Il retro, Silenzio, il tempo gira, è probabilmente un rifacimento della track 15 contenuta nel disco di provini "Angeli di solitudine". A proposito di questo album di inediti, le note di copertine ci dicono che le 17 tracce sono state registrate in un arco temporale piuttosto ampio, dal 1974 al 1996. Alcune sono solo frammenti, altre più compiute, con l'apporto di archi, basso, batteria e percussioni. Attenzione perché in alcuni brani offrono il loro contributo sia Franco Battiato che lo scomparso Giusto Pio. Sorprendente la track 16, Irradia trottole e specchi poesia, la più prog in assoluto, registrata dal vivo a Bologna nel 1996 con tanto di flauto traverso a ricamare i vocalizzi della Di Benedetto.
Per completezza di informazioni ricordo che la Giallo Records ha pubblicato nel 2012 un'altra raccolta di inediti intitolata "Cammino sotto il mare (idee per canzoni)" ma è troppo recente per essere pubblicato sul nostro blog. Accontentiamoci intanto di questi due lavori. Fatemi sapere cosa ne pensate. I commento sono l'anima della Stratosfera.
Buon ascolto.


Link A.I.S. 1978
Link Angeli di solitudine 2009

Post by George

Raffaele Mazzei - 1979 - Dentro Edipo (vinyl)

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TRACKLIST:

01. Viaggio dentro Edipo (chitarra elettrica – Gianni Bobbio)  3:45  
02. Icaro e Francesco (chitarra 12 corde – Roberto Bacchiocchi)  4:25  
03. Il millepiedi  2:10  
04. Oasi (batteria – Bob Clark)  3:28  
05. Vicolo della Storta  5:15  
06. I Magi  5:07  
07. Canzone del prima e del dopo  4:39  
08. Separazione  4:02  
09. Il pittore, l'ebreo, la primavera (chitarra elettrica – Gianni Bobbio)  5:42  


FORMAZIONE

Raffaele Mazzei - voce
Roberto Bacchiocchi - piano, synthesizer, percussioni 
Massimo Manzi - batteria 
Bob Clark - basso elettrico 
Gianni Bobbio - flauto
Riccardo Zappa - chitarra semi-acustica, chitarra classica, chitarra elettrica,
chitarra 12 corde, basso acustico


Disco piuttosto raro, tant'è che ha stazionato nella wishlist a lungo, mai ristampato in CD (ed è un vero peccato), il cui autore è Raffaele Mazzei. Si tratta della sua prima prova discografica risalente al 1979. Seguirà "Il Nibbio", nel 1984, prodotto da Alberto Radius. "Dentro Edipo" ha come sottotitolo "E pensare che tutti credono che io sia dietro le sbarre mentre in realtà ci sto davanti" e lascia presagire i testi introspettivi, che con coraggio traspongono in musica un tema difficile e delicato come il celeberrimo complesso di Edipo, quel rifiuto incosciente, da parte del bambino, del genitore del proprio sesso dovuto ad una proiezione amorosa nei confronti del genitore di sesso opposto. Mazzei compie questo originale viaggio "dentro Edipo", prendendo le distanze dagli altri cantautori italiani più impegnati sul versante della canzone politica, anche se nel 1979 erano in atto profondi cambiamenti sulla nostra scena musicale. Un cantautore "ai margini", se vogliamo, dotato però di una forte creatività oltre che di una bella voce. 

Questo disco mi piace, mi piacciono i testi e mi piacciono ancor di più le musiche. In formazione musicisti del calibro di Riccardo Zappa, alle prese con numerose tipologie di chitarra, presente in quasi tutti i nove brani (ad iniziare dall'arpeggio che introduce il primo brano del disco), Bob Clark al basso, Roberto Bacchiocchi alle tastiere. Conclusa la breve parentesi discografica, Raffaele Mazzei ha collaborato con la sede RAI delle Marche e con la RAI nazionale come autore e conduttore di programmi televisivi e radiofonici. Dal 1985 svolge la professione del copywriter e del consulente della comunicazione.Per ulteriori approfondimenti vi invito a leggere la recensione dell'album pubblicata sul blog "Fritto misto" e questa breve ma interessante intervista, pubblicata sul sito ufficiale di Raffaele Mazzei


Buon ascolto



Post by George 

Sage - 1972 - Emancipated

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TRACKLIST :

1 - (It) Still Goes On  (6:37)
2 - Winds Of Change (4:52)
3 - Slow Down (5:05)
 4 - Music Is (4:04)
5 - Did You Ever Wonder (4:21)
6 - People Running (2:21)
7 - Garden Of Boom (4:14)
  
 
Non sono solito rifare post appena apparsi su altri blog, ma questa volta non ho potuto esimermi dal dare maggior luce ad una vera e propria chicca, non citata in nessuno dei nostri siti di riferimento. Pochi giorni fa infatti, sull'ottimo blog Progressive Reviews, è stato pubblicato, dall'amico Julian Ryan (che ringrazio sentitamente per la grandiosa scoperta/riscoperta), un post che da subito ha destato la mia curiosità, visto che si trattava di un disco italiano del 1972, dalla copertina decisamente accattivante per noi amanti del prog, abituati ed attirati da certe stranezze... 


Andando un po' oltre, ed indagando un po' più a fondo, ho scoperto che i Sage altri non erano se non i Four Kents (al momento di questa incisione: Charles Hilton Brown, Charlie Cannon, George Chandler, Jimmy Chambers e Stanley Evans), famoso complesso vocale composto da militari NATO americani di stanza a Vicenza che, con il passare degli anni, diventarono tra le maggiori attrazioni dello strafamoso Piper, il regno di Patty Pravo (della quale furono anche coristi, in più di un'occasione). Da menzionare anche la loro partecipazione al famosissimo film "Avventura a Montecarlo"e alla relativa colonna sonora, insieme a Trip, New Trolls, Mal e altri. Entrambi questi lavori (film e colonna sonora) apparsero, a loro tempo, sulla stratosfera. Nei primi settanta i Four Kents, tentati forse dal nuovo genere musicale imperante, decisero di variare, seppur timidamente, il loro sound, inserendo qualche contaminazione proveniente dalle nuove sonorità seventies. Per evidenziare il cambiamento, il gruppo si ribattezzò appunto Sage. A coadiuvarli nella nobile operazione, essendo i Four Kents un complesso formato da soli vocalist, intervenne una valida formazione denominata The Stump, composta interamente da musicisti italiani, nel dettaglio: Alberto Barisano (organo, piano, mellotron), Dino Cappa (basso), Franco Di Stefano (batteria), Tony Ollard (chitarra). Anche gli arrangiamenti e le (magnifiche, seppur classiche) orchestrazioni dei prezzi sono a cura del già citato Alberto Barisano degli Stump (che è anche autore di tutte le canzoni, insieme a membri dei Sage) e Marcello Faneschi. Aggiungiamo poi che il disco fu prodotto e registrato a Roma, agli RCA Studios (per la sottoetichetta Victor); fu certamente spinto pochissimo dall'etichetta, tanto che non molti ricorderanno oggi la sua esistenza...

 

Non potevo certo lasciarmi sfuggire l'occasione di pubblicare questa incredibile chicca, registrata ed uscita in italia e con la collaborazione di musicisti italiani, quindi con una precisa identità per apparire qui. Mi sbilancio dicendo che questo fu l'unico o uno dei pochissimi tentativi, in italia, di introdurre, seppur timidamente, tematiche e soluzioni progressive in un contesto schiettamente soul e rhythm'n' blues, sebbene le tentazioni pop siano ancora molto presenti. Ammirevoli comunque per il bel tentativo, rimasto purtroppo unico (per la cronaca, i Sage furono presenti al grande raduno di Villa Pamphili a Roma del 1972, uno dei concerti simbolo del rock progressivo italiano). I Sage o Four Kents che dir si voglia, comunque, erano in possesso di una fantastica vocalità e capacità di integrare le loro voci: gli impasti vocali, anche nei pezzi più commerciali, sono di notevole impatto e davvero gradevoli all'ascolto, ed altrettanto si può dire dell'arrangiamento orchestrale, provate per credere. 


Ma dove è più presente quell'aria di cambiamento di cui parlavo sopra? Già l'open track "(It) Still Goes On", che inizia come un soul rock classico dal bel riff, dopo il secondo minuto ci lascia spiazzati, interrompendosi per lasciare spazio ad un organo sommesso e, subito dopo, ad un bellissimo coro, per poi lentamente tornare al refrain iniziale. Sicuramente, ed il nome è una garanzia, l'aria di cambiamento si respira in "Winds of change", con il suo dolcissimo ed ineccepibile coro; ancor più nella successiva "Slow Down" che, seppur nella sua classicità, è introdotta da un riff su tempi impossibili, tipicamente prog. Bella anche la coda strumentale della successiva "Music is" e davvero struggente la conclusiva "Garden of boom", seppure al di fuori dei canoni del prog. In definitiva, un album davvero bello sotto più punti di vista, che penso possa accontentare palati diversa estrazione musicale e, soprattutto, è un disco interessante per quel che riguarda lo studio della musica prog in italia: non solo nei pezzi citati, infatti, è possibile notare qualche superamento del pop soul comunque imperante nel disco. In quasi tutte le canzoni, anche le più insospettabili, diversi ascolti riveleranno, per esempio, un breve assolo con effetto "wah-wah" di chitarra, una melodia di flauto traverso, un cambio di ritmo inaspettato o una melodia vocale inusuale o un arrangiamento "fuori contesto".

Nell'augurarvi buon ascolto, spero proprio di ricevere i vostri commenti. Penso che, di fronte ad una rarità simile, vista la sua particolarità, e visto che neppure l'Amico/Maestro Augusto Croce cita quest'album nell'enciclopedico Italianprog,  gli stimoli alla discussione siano tanti. Dal canto mio vi posso dire che questo disco, seppur molto lontano dalle mie abituali corde, mi ha stregato, tanto che lo sto ascoltando con godimento da diversi giorni. Fatemi sapere cosa ne pensate, ragazzi...


Post by Captain, thank you very much to Julian Ryan of blog ProgressiveReviews


A Julian, non me ne voglia, vorrei dire una cosa, riguardo il post originale dedicato a quest'opera. Nell'ultima parte, purtroppo ti sfugge un po' il piede sull'acceleratore (come direbbe il caro Frank-One), descrivendo questo rarissimo album come costosissimo ed impossibile da acquistare a causa del popolo italiano, esoso come nessun'altro e portato a fregare il prossimo anche nei centesimi di resto del caffè (libera traduzione). Fai poi di tutta l'erba un fascio, o sarebbe meglio dire di tutto un popolo, mettendoci dentro malandrini ed ex presidenti del consiglio puttanieri, e ti dimentichi della tanta brava gente, onesta che si fa il culo e che è la maggioranza. Insomma un bellissimo post rovinato da troppo qualunquismo, peccato davvero.
 

Serie "Bootleg" n. 233 - Le Orme live in Adria 1974 - "Contrappunti Tour" (soundboard - rare)

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Dal magico cilindro della Stratosfera esce questa volta un raro e, a dir poco, eccezionale concerto delle Orme risalente al 1974, rimasto nascosto per anni negli archivi. Il merito va al sito Past Daily e al suo amministratore, Gordon Skene che, pare, abbia ricevuto il nastro in regalo da un componente delle Orme, mentre il gruppo era a Los Angeles per le registrazioni di "Smogmagica".

Le Orme, nel 1974, erano impegnate in un tour italiano per promuovere l'album "Contrappunti", ancora fresco di stampa. La registrazione è semplicemente fantastica, trattandosi di un soundboard registrato direttamente dal mixer. La location è la cittadina di Adria, in provincia di Rovigo, mentre la data non è indicata. Devo dire che questa registrazione, che ha le qualità di un live ufficiale (se non fosse per il leggero fruscio), fa il paio con "Le Orme in concerto", pubblicato anch'esso nel 1974 e contenente parte del concerto tenuto dal trio al Teatro Brancaccio di Roma il 17 gennaio.  Null'altro da aggiungere se non il piacere di ritrovare e riascoltare Le Orme nella formazione "storica"Pagliuca-Tagliapietra-De Rossi


TRACKLIST CD 1:

01. Contrappunti
02. Maggio
03. India 
04. Truck of Fire (part I - strumentale)
05. Truck of Fire (part II)
06. Jam (strumentale)
07. Frutto acerbo

TRACKLIST CD 2:

01. Sguardo verso il cielo
02. Felona e Sorona (estratto + drum solo)

encore
03. Medley: Cemento armato / Era inverno / La porta chiusa / Collage 
04. Collage (sigla finale)


FORMAZIONE

Aldo Tagliapietra– voce, basso, chitarra
Tony Pagliuca– tastiere
Michi Dei Rossi– batteria, percussioni



Il primo dei 2 CD (entrambi sono su una sola traccia) propone alcuni brani tratti da "Contrappunti", ad eccezione delle due parti in cui è suddivisa Truck of Fire (altra grande occasione per riascoltarla dal vivo). Assolutamente degna di rilevo la jam strumentale che precede Frutto acerbo. Il secondo CD contiene i classici di qualche anno prima, da Sguardo verso il cielo alla sintesi di Felona e Sorona. Il pubblico richiama a gran voce il trio sul palco che propone un lungo medley che va da Cemento armato a Collage,

Ascoltatelo e risentiamoci nei commenti, se li farete, Bontà vostra. Intanto
Buon ascolto




Post by George

Serie "Battiato & Friends Special Fan Collection" n. 51 (Serie "Doppelganger" n. 16) - Milva - 1989 - "Eine erfundene Geschichte (Una storia inventata)" e "Una Historia Inventada"

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Premessa Captainesca: ringrazio enormemente il nostro grande amico Antonio, sia per aver ulteriormente arricchito l'enciclopedica serie dedicata a Battiato and friends con un'artista sopraffina e di gusto superiore come Milva, sia per avermi permesso di riesumare un'altra volta la storica serie Doppelganger, a cui sono particolarmente affezionato (serie che risale quasi agli albori della Stratosfera, alla quale hanno collaborato - a più riprese - anche i cari amici George e Francone). Thank you Antoine


TRACKLISTGerman version:

1 - Una storia inventata
2 - I processi del pensiero
3 - Potemkin
4 - Le vittime del cuore
5 - Via lattea
 6 - Atmosfera
7 - La piramide di Cheope
8 - Angelo del rock
9 - No time no space
10 - Centro di gravità permanente


Esiste un lavoro degli anni Ottanta di Battiato che forse non ha ottenuto il consenso che meritava. Almeno in Italia. "Destando l'amante che sogna"è la frase di un poeta anonimo al quale Battiato si ispira per dare il titolo al secondo LP realizzato per Milva: "Svegliando l'amante che dorme"... Per chi scrive un capolavoro. La squadra che affianca Milva, pregevole interprete come sempre, è di altissimo livello; in pratica è il team che ha affiancato Battiato nella realizzazione di Fisiognomica e del tour che porterà al live "Giubbe Rosse". Giusto Pio, innanzi tutti, al violino. Poi Filippo Destrieri alle tastiere, In aggiunta Juri Camisasca ai cori....


Ma inutile aggiungere altro se non rimandare, come una volta già fatto in questa sede, all'ottimo blog di Stefano AbulQasim che quitratta dell'album in questione.


Per quel che ci riguarda, qui troviamo la versione tedesca (ma in lingua italiana) con l'aggiunta di 2 brani rispetto all'originale (Via Lattea e Centro di gravità) e la versione spagnola (con alcuni pezzi ricantati). In più, per la Stratosfera, un quasi inedito duetto di Milva e Battiato sulle note di Chanson egocentrique, la versione in tedesco di Alexander platz e una dal vivo del medesimo brano.

Buon ascolto... se lo vorrete. A.L.M.


TRACKLIST Spanish version :

01 - Una historia inventada
02 - Los procesos del pensiamiento
03 - Potemkin
04 - Las victimas del corazon
05 - La atmosfera
06 - La piramide de Keops
07 - Angelo del rock
08 - No time no space
09 - Alexander platz live (Bonus track)
10 - Chanson egocentrique (Bonus track)
11 - Alexander platz deutsch (Bonus track)


LINK

Post by Antonio LM stratopherised by Capt

Serie "Cantautori ai margini" n.13 - Francesco Arminio - 1977 - Il Re di niente

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TRACKLIST:

 1) La Ballata (dell'Intellettuale Sinistro)
2) E Ridono
3) Dondola
4) Il Maresciallone
5) Il Re Di Niente
6) Contraddizioni
7) Favola
8) Vietato


MUSICISTI:

Francesco Arminio - voce, chitarra acustica, kazoo
Enrico "Pipa" Benzini - basso, chitarra folk, chitarra acustica
Romano Romanini - cassa, legnetti, cembalo
Michelangelo Mignano - tumba, bongos, pettine
Giancarlo Barigozzi - violino, fauto dolce, effetti.

Arrangiato da Francesco Arminio e Romano Romanini.


Un anno fa, a una fiera del vinile, fui incuriosito da una strana copertina che riproduceva il menabò di preparazione della stessa: insomma, una sorta di meta-copertina. Dopo un’occhiata al prezzo (3 euro, mi pare) e ai credits, lo comprai.

Con Francesco Arminio entriamo, come direbbe Draghi, in terra incognita, per cui ci appare già un po’ troppo enfatica la definizione di “cantautore ai margini” in cui per comodità l’abbiamo inserito. A quanto ne sappiamo, questo “Il re di niente” edito nel maggio ’77 per l’etichetta Unirecord è l’unico lavoro di questo artista veronese di cui praticamente nulla è possibile reperire in rete, se non la scheda dell’album presente su Discogs. Qualcosa di più lo ricaviamo dal retro di questo LP in cui vengono riprodotte sia la lettera in cui Arminio presentava le registrazioni a Michele Luciano Straniero (ricercatore, etnomusicologo, maitre à penser della storica esperienza dei Cantacronache, e tante altre cose legate alla cultura di sinistra), sia la lettera con la quale quest’ultimo raccomandava al titolare dell’etichetta la pubblicazione del disco nella collana “Cantando per il Socialismo”, in cui, pare di capire, lo stesso Straniero è coinvolto. Da tali lettere si deduce che Arminio dovrebbe aver scritto in precedenza canzoni commerciali per altri (“lucide canzoni-marchette”, le chiama), che fu ospite nel gennaio dello stesso anno dello stesso Michele L.Straniero in una trasmissione notturna su Radio Canale 96, generando un certo interesse negli ascoltatori.



Ciò nonostante, dicevamo, di Francesco Arminio si è persa ogni traccia.

Eppure, ascoltare per credere, Francesco Arminio non dispiace, collocandosi in una via di mezzo tra la prima Assemblea Musicale Teatrale e Franco Fanigliulo, a cui lo avvicina una certa impostazione ironica. In comune con il gruppo di Gian Piero Alloisio ha, a nostro avviso, la posizione da cui viene letta e interpretata la società e la politica italiana di quei nervosi e controversi secondi anni ’70: la sua è una voce critica in presa diretta, e dall’interno, del Movimento, una voce che non risparmia staffilate a una certa sinistra, che solo qualche anno prima Tom Wolfe aveva definito radical-chic. Ai suoi strali non sfugge la buona borghesia benpensante, ma neanche i mostri sacri della canzone d’autore impegnata (Francesco I e Francesco II), o meglio, quel pubblico che li usa come pretesti per sentirsi a posto con la coscienza (come si può evincere dall’iniziale “La ballata (dell’intellettuale sinistro)”). Insomma, Giorgio Gaber e Nanni Moretti, almeno nelle intenzioni, non sono molto lontani.



Musicalmente stiamo dalle parti del primo Bennato, non solo per l’uso di chitarra acustica, kazoo, armonica, ma anche per l’accentuata vena sarcastica, anche se espressa in modi più pacati e meno irruenti, più country-folk che blues insomma. Altri strumenti, quali flauto, violino e percussioni arricchiscono il tessuto armonico del disco, anche se la veste sonora resta comunque essenziale, diremmo in presa diretta o poco più. Tutto ciò rende, a nostro avviso, intrigante l’ascolto, sebbene questo tipo di canzone, molto legata alle vicende politiche e sociali dell’epoca, risulti particolarmente datata: basti pensare a “Favola” con i suoi riferimenti a personaggi (il fantomatico Antilope Koblet, citato anche da Rino Gaetano in "Aida", e poi uomini politici come Piccoli, Malfatti, Leone) che in quegli anni erano sotto i riflettori della stampa per lo scandalo Lockheed (QUA la relativa pagina di Wikipedia) e che oggi sembrano persi nella memoria.

Se sia un bene o una male, chissà.



Post by Andrea Altrocanto, Stratospherisation by Captain

Raffaele Mazzei - 1984 - Il nibbio

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TRACKLIST :

01 Alle porte dell'inverno
02 Revival
03 Il nibbio
04 Dolce Maria
05 I ritorni
06 Canzone dei desideri
07 Lento
08 Nostro mare
09 Pianura


 E come solennemente promesso ecco il secondo lavoro di Raffaele Mazzei : Il nibbio del 1984. Tanta acqua è passata sotto i ponti da Dentro Edipo, ben più dei 5 anni che sembrerebbero leggendo le date, ed anche Mazzei ha voltato pagina: copertina patinata molto curata, look assolutamente mutato, guardate la copertina di Dentro Edipo e la foto inner de Il nibbio: riconoscereste la stessa persona? Può darsi che io non sia fisionomista, ma personalmente farei molta ma molta fatica.


E lo stesso per i testi, molto più morbidi e curati, e le musiche che ricevono molta qualità dalle prestazioni di grandi professionisti quali Alberto Radius alle chitarre, nonché responsabile della realizzazione dell'intero lavoro, Filippo Destrieri alle tastiere (lo ricordate in Vaticano accompagnare Franco Battiato al cospetto del Pontefice?), Alfredo Golino alla batteria e Massimo Luca alle ulteriori chitarre. In alcuni brani riecheggiano e non poco i suoni del Lavezzi di Cartolina e Iaia (Alle porte dell'inverno e Nostro mare). Troviamo atmosfere sognanti Ne Il nibbio, e apprezziamo le ottime chitarre di Radius in Canzone dei desideri e Lento, ma nel totale il lavoro si può catalogare in quell'easy pop molto comune a metà anni 80.
 

Però ve lo avevo promesso, e seppur con i miei limiti eccolo qua, per cui buon ascolto e soprattutto come sempre buona salute a tutti, FRANK-ONE.

LINK

Post by Frank-One stratospherizzed by Capt
 

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 20 - Camel live at Blue Café, Cossato, May 1, 1973

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TRACKLIST:

1. Taking the stage...
2. Lady Fantasy
3. Mystic Queen
4. Arubaluba
5. The Traveller


LINE UP

Andy Latimer; guitars, vocals
Pete Bardens; keyboards
Doug Ferguson; bass
Andy Ward; drums, percussion


Storico primo concerto dei Camel in Italia, risalente al 1° maggio 1973. La copertina di questo bootleg riporta la data del 5 maggio, ma non è corretta. Nel 1973, subito dopo la pubblicazione dell'eponimo primo album, la band inglese intraprese un tour europeo che toccò anche l'Italia per due sole date: Cossato (per la cronaca è un piccolo comune di 14.000 anime in provincia di Biella) e Roma. In quest'ultimo caso i Camel, insieme ad Arthur Brown, furono l'open act di Peter Hammill e i suoi Van Der Graaf Generator (prossimamente su questi schermi). Dopo queste due date i Camel spariranno per un lunghissimo periodo dal patrio suolo. Bisognerà attendere il 18 settembre 2000 per poterli rivedere a Torino, all'Hiroshima Mon Amour. E qui vi rimando alla pagina contenente questo bellissimo concerto, che postammo nel novembre dello scorso anno, grazie alla superba registrazione che ci fornì l'amico Stefano.


A proposito di qualità del suono, devo dire che in questo concerto è assolutamente ottima, tenuto conto dei suoi quasi 44 anni. Ci sono in circolazione alcune versioni di questo bootleg con una registrazione di bassa qualità. Questa è addirittura stereo. Nel piccolo Blue Café di Cossato, i Camel nella loro formazione originaria, sciorinarono quattro lunghi brani per una durata complessiva di circa 42 minuti. L'apertura è magnifica, con la lunga suite Lady Fantasy (occhio alla data, perché verrà pubblicata solo l'anno successivo con l'album "Mirage"), seguita da due tracce tratte dal disco di esordio, Mystic Quen e Arubaluba. Il concerto si chiude con l'inedita The Traveller, una lunga cavalcata quasi interamente strumentale con lunghi assoli di tastiere e chitarra elettrica.

Una  buona occasione per ascoltare una tra le più grandi band inglesi di prog rock nel periodo d'oro. Buon ascolto


Link

Post by George 

Serie "Battiato & Friends Special Fan Collection" n. 52 - Speciale "L'Ottava... ma ora ora non lotta più" Vol. 4 - Kudsi Erguner, Mahmoud Tabrizi Zadeh - 1987 - Sohbet

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TRACKLIST :

1 - Naat (Lode del 17° secolo di Itrig)
2 - Kenentche (Da una melodia tradizionale iraniana)
3 - Semai (Da una melodia tradizionale turca)
4 - Sirto (All'ombra del cedro)
5 - Daire (Cerchio - Da una melodia del 14° secolo di cerimonia Dervischi - Ney)
6 - Frankein


Kudsi Erguner è, secondo quanto riportato da Wikipedia "oggi ritenuto fra i più importanti solisti al mondo di flauto ney, strumento di canna, di tradizione millenaria, celebre in tutto il mondo islamico, utilizzato, nell'ambito del sufismo, anche nelle cerimonie della confraternita dei dervisci mevlevi. È direttore dell'istituto Mevlana di Parigi, dove vive dal 1968. Numerosi i suoi cd pubblicati per case discografiche europee. Tiene stage internazionali, in Francia, Turchia, Spagna e Italia. Fra le sue collaborazioni, si ricordano quelle con Peter Gabriel, Maurice Béjart e con il regista Peter Brook". Mahmoud Tabrizi-Zadeh è un grande esperto di musica persiana e sufi. Ma non solo. Come Erguner, anche Zedeh ha collaborato con Peter Brook. I riferimenti, insomma, non sono distanti da quelli dell'editore di questi prodotti musicali....


Il loro lavoro edito da "L'Ottava" propone elaborazioni da musiche tradizionali di secoli passati. E' evidente che ascoltare queste musiche equivale a proiettarsi in atmosfere mistiche che profumano di oriente, ma non certo di un oriente olografico. Non è una musica da salotto. Qui la ricerca muove verso sentieri arditi. Il disco qui proposto testimonia con chiarezza la grande attrazione di Battiato per la mistica islamica. A questo punto confesso una certa inadeguatezza e impreparazione a dare ulteriori indicazioni. Aggiungo solo che anche questo Lp, edito dalla casa discografica di Battiato, non è mai ristampato su cd. La cover rimodulata a misura di cd è un pregevole lavoro del grafico Luigi Bellicchi. Buon ascolto.. se lo vorrete


LINK Sohbet emmepì
LINK Sohbet flacchete


Post by Antonio LM (All) & Capt (Mise en blog)

Serie "Historic prog bands live in Italy" - Capitolo 21 - Genesis - Live in Milan, 19/5/1987

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TRACKLIST CD 1
 
1 - Mama
2 - Abacab
3 - Domino
4 - That's all
5 - Brazilians
6 - Cage
7 - In that quiet earth
8 - Afterglow


TRACKLIST CD 2

9 - Land of confusion
10 - Tonight tonight tonight
11 - Through it all the way
12 - Home by the sea
13 - Invisible touch
14 - Turn it on again


Poiché mai vorrei accreditarmi di meriti che non mi appartengono, devo innanzitutto precisare che questo concerto io non l’ho visto né tantomeno ovviamente è stato da me registrato, nevvero mi sono procurato pochissimo tempo dopo uno dei tanti bootleg in vinile che lo riproducevano, in particolare il doppio LP pubblicato dalla Black Cat Records, che se non sbaglio era un’ “etichetta” (sottolineo le virgolette) olandese. Altra copia famosa era quella intitolata Five Sides Live (sulla falsariga del Three Sides Live ufficiale) sempre col concerto allo Stadio di San Siro a Milano del 19 Maggio 1987.


Diciamo subito che non è la formazione che “a noi più ci piace”, ovvero quella che oltre ai 3 di cui leggerete più avanti aveva in formazione anche i 2 mostri sacri Peter Gabriel e Steve Hackett. Il periodo è quello immediatamente successivo all’album Invisible touch, pubblicato l’anno prima, ma poiché mi ritengo estremamente ignorante soprattutto su questo periodo del gruppo inglese, preferisco attingere all’archivio di Repubblica.it, dove ho trovato l’articolo di Ernesto Assante pubblicato in occasione della prima data del loro tour che ebbe luogo a Malaga, e che poco tempo dopo, come scrive il noto critico musicale, avrebbe toccato anche Milano. Ma vi lascio alle sue parole con l’invito a ritrovarci subito dopo (Archivio la Repubblica.it)


 "UN CONCERTO - KOLOSSAL PER I TRE GENESIS
MALAGA - Chissà se, festeggiando il decennale del punk, qualche ribelle del rock, per mantenersi in allenamento, ha dato alle fiamme qualche disco dei Genesis, mantenendo vivo quello che fu il gesto più eclatante di "rivolta" contro un certo rock establishment che i Genesis allora rappresentavano più di ogni altro gruppo. Dieci anni fa, insomma, la nuova ondata rock, più veloce immediata e bruciante, aveva cercato di spazzare via quelli che senza mezzi termini definiva come "vecchi ed inutili dinosauri", tracciando un segno di demarcazione ben preciso tra la musica "romantica" dei Genesis, degli Yes, di Emerson Lake & Palmer, ed il rock della strada, tra una lingua slegata dalla realtà giovanile ed un gergo immediatamente comprensibile, tra uno show business fatto di palchi enormi, fumi colorati, spettacoli di luci sempre più ricchi e la semplicità di una musica fatta invece per coinvolgere senza trucchi o effetti speciali. Sono passati più di dieci anni dalla rivoluzione del punk ed i Genesis sono ancora qui, godono anzi di un successo particolarmente ampio, forse il più vasto che abbiano mai ottenuto nella loro pur lunga carriera, e girano ancora il mondo con uno spettacolo a dir poco mastodontico, perfettamente adatto al loro marchio di fabbrica di "vecchi dinosauri" del rock. A Malaga, prima tappa di un tour europeo che li porterà in Italia fra breve, il 17 di questo mese allo stadio Flaminio di Roma ed il 19 al San Siro di Milano, Phil Collins, Tony Banks e Mike Rutherford, ovvero quel che resta stabilmente insieme della formazione originale del gruppo inglese, hanno messo in scena ancora una volta quella musica per la quale vanno giustamente famosi, nel bene e nel male, anche se si potrebbe dire che per i Genesis è da qualche anno cominciata una seconda giovinezza e che la formazione sta cercando, anche se con grande ritardo rispetto alle correnti trasformative che percorrono il rock e con motivazioni forse più commerciali che creative, di rinnovare almeno in parte la propria immagine musicale. Nello spettacolo quindi vengono necessariamente a convivere le due anime dei Genesis, quella più datata, legata ancora a doppio filo all' avventura con Peter Gabriel dei primi anni Settanta, quando la formazione britannica componeva suites e non canzoni, quando il rock, anche come riferimento, era decisamente lontano dalle traiettorie musicali dei Genesis, e quella odierna, più giovanile e pop, ricca di stumenti elettronici come di ritmi danzabili, di canzoni brevi e di presa immediata.
 

 Il pubblico attorno ai trent' anni, la maggioranza dei venticinquemila presenti allo stadio di Malaga, ha accolto con calore soprattutto le cose più vecchie che il gruppo ha proposto, come Out of the Cage, o brani più moderni che però non hanno tradito lo stile fondamentale del gruppo, come Domino, dove la proverbiale verbosità della musica dei Genesis riprende forma e spessore, in interminabili assoli o in partiture complesse ma non affascinanti. I più giovani invece hanno preferito gli ultimi hit, Land of confusion, That' s all, To night, Invisible touch, ovvero i Genesis più leggeri e veloci, dove alla tecnica invidiabile di ogni elemento del gruppo (arricchito dal vivo dal bassista Daryl Stuermer e dal batterista Chester Thompson) si fonde una comunicativa più immediata e coinvolgente. Ad animare lo spettacolo, la vera star dello show, è Phil Collins, perfettamente a suo agio nei panni molteplici dell' intrattenitore, del cantante e del batterista, compiti che assolve sempre con grande efficacia, senza mai strafare e lasciando ampio spazio sia alle chitarre di Mike Rutherford, impassibile e flemmatico sempre, che alle tastiere di Tony Banks, che da venti anni oramai dominano il suono dei Genesis. Ma la musica, a dire il vero, è solo un elemento dello show e probabilmente le oltre due ore di spettacolo che il gruppo propone risulterebbero troppo nostalgiche, datate e pesanti, se non fosse per un light show davvero impressionante, quasi mille fari in movimento sul palco, e per due schermi che ai lati della scena proiettano, con un' accortissima regia elettronica, le immagini del gruppo mentre suona tra fumi colorati, sostenuto da un' amplificazione perfetta e potentissima. Insomma a conti fatti, poco e nulla è cambiato per i Genesis del "dopo new wave", c'è qualche tocco elettronico in più, qualche taglio alle parti più ridondanti e alle lungaggini più inattuali, in una dose di perfezione e professionismo davvero invidiabili. Il rock, però, è già andato da qualche altra parte"
(Articolo di Ernesto Assante)


 Ultime poche note sul post qui pubblicato. Il CD numero uno è diviso in 2 parti, nella prima sono presenti i primi 3 brani (Mama – Abacab – Domino) senza suddivisioni degli stessi. Nel secondo sempre in soluzione di continuità, abbiamo gli altri 5 (That’all – Brazilians – Cage – In that quiet earth – Afterglow) (Nota a margine: ho copiato i titoli direttamente dalla cover dell’album in questione, conscio che alcuni sono scritti in maniera errata). Il secondo CD invece è diviso in 3 parti, nella prima in continuità abbiamo i 3 brani (Land of confusion – Tonight tonight tonight – Through it all away), nella seconda 2 brani (Home by the sea – Invisible touch). Questa seconda parte del secondo CD in realtà sarebbe dovuta essere il Side 4 del doppio LP, ma incredibilmente il brano conclusivo Turn it on again sfumava facendo terminare il vinile proprio alle prime note di Everybody needs somebody, col grande Phil Collins, a proposito commoventi i tentativi di parlare in italiano col pubblico, per l’occasione nelle vesti di Jake Joliet Blues ovvero John Belushi.
 

 Ma poiché mai avrei voluto donarvi un lavoro “monco”, il “Tubo” questa volta mi è venuto in aiuto con parte del concerto ai tempi trasmesso da Videomusic (in alcune foto si riesce ad intravvedere il logo della TV), ma soprattutto con l’intero medley del brano finale Turn it on again che trovate come terzo brano e che vede i nostri eroi riproporre come detto i Blues Brothers col brano di Salomon Burke, ma anche i Rolling Stones (Satisfaction), i Beatles (Twist and shout), i Four Tops e successivamente Gloria Gaynor (Reach out I’ll be there), the Who (Pinball wizard) e persino Wilson Pickett (In the midnight hour). Tra l’altro tra i Four Tops e gli Who c’è un altro brano che voi di gran lunga ben più preparati di me saprete sicuramente riconoscere. Per chi volesse vedere anche le immagini di Videomusic ecco il link che vi permette di poterlo fare:


Bene, perdonate l’intromissione, so che non è certo my cup of tea, mi auguro vi sia stato ugualmente gradito. Buon ascolto e soprattutto buona salute a Voi tutti, FRANK - ONE



Post by Frank-One, stratospherisation by Capt
 
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